Rapporto CNEL sullimmigrazione nelle Marche ottimi livelli di integrazione
| ANCONA - Spacca: palestra di multiculturalità. Si delinea un modello adriatico, insieme ad altre regioni del centro nord. Ai primi posti per natalità, insediamento stabile, lavoro. Agli ultimi per criminalità.
Il V Rapporto CNEL sugli immigrati nel nostro Paese evidenzia dati interessanti per le Marche, sia sotto il profilo della presenza, che del livello di integrazione.
Una integrazione resa più facile per le caratteristiche del contesto socio-economico.
“E’ nel “piccolo”, cioè in contesti raccolti – si osserva nel Rapporto - che si giocano i delicati processi di integrazione sociale, quelli che portano a sentirsi parte integrante del tessuto in cui si vive, che implicano la possibilità di accesso reale e paritario ai servizi, accanto alla possibilità di partecipazione alla vita attiva del luogo e di allacciamento di relazioni umane significative nel territorio.”
“Per evitare di fare della facile sociologia – afferma il presidente Gian Mario Spacca - e fornire una riflessione attenta del fenomeno, ci vengono in aiuto i cosiddetti “dati spia”, che valutati insieme, consentono una misurazione precisa e comparativa rispetto agli altri contesti regionali.
Ne deriva che le Marche, possono considerarsi un modello, anche sotto questo profilo, una palestra dove si sperimenta la multiculturalità. Dato interessante, arricchente per una regione, che da sempre si misura con le diversità culturali. Diversità che ci aiutano a comprendere più facilmente i contesti fuori dei nostri confini.”
Le Marche sono “nella fascia massima” della graduatoria sull’integrazione, insieme a Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Veneto, elemento questo che dà vita ad un “modello adriatico di integrazione”, afferma il CNEL.
Questa valutazione deriva dalla sintesi e dall’incrocio di tre diverse categorie di “dati spia”: stabilità sociale, inserimento lavorativo, potere di attrazione.
Per la stabilità sociale le Marche sono al vertice della classifica. Il CNEL sottolinea che giocano a favore: l’alto tasso di occupazione tra la popolazione immigrata e la favorevole congiuntura economica. Inoltre: sicurezza del contesto sociale (indicatore di devianza in fascia minima: percentuale di denunciati tra gli stranieri, pari a 3,8%); stabilità dell’inserimento riscontrata attraverso la natalità (Marche prima regione per nati stranieri ogni mille residenti stranieri), i ricongiungimenti familiari (in fascia alta-quarta regione) e, l’inserimento delle immigrate nel mondo del lavoro (terza regione, in fascia massima).
Quanto all’inserimento lavorativo, le Marche detengono il primato nella incidenza del lavoro dipendente sul totale della forza lavoro immigrata: raggiunge il 76%, contro la media del centro del 62%. Anche la retribuzione pro-capite è “in fascia alta” e maggiore della media dell’Italia centrale.
Sul potere di attrazione, le Marche sono la seconda regione per aumento di immigrati nel decennio e la quarta, in fascia alta, per ricettività migratoria interna, ossia saldo tra i flussi in entrata e uscita.
Una integrazione resa più facile per le caratteristiche del contesto socio-economico.
“E’ nel “piccolo”, cioè in contesti raccolti – si osserva nel Rapporto - che si giocano i delicati processi di integrazione sociale, quelli che portano a sentirsi parte integrante del tessuto in cui si vive, che implicano la possibilità di accesso reale e paritario ai servizi, accanto alla possibilità di partecipazione alla vita attiva del luogo e di allacciamento di relazioni umane significative nel territorio.”
“Per evitare di fare della facile sociologia – afferma il presidente Gian Mario Spacca - e fornire una riflessione attenta del fenomeno, ci vengono in aiuto i cosiddetti “dati spia”, che valutati insieme, consentono una misurazione precisa e comparativa rispetto agli altri contesti regionali.
Ne deriva che le Marche, possono considerarsi un modello, anche sotto questo profilo, una palestra dove si sperimenta la multiculturalità. Dato interessante, arricchente per una regione, che da sempre si misura con le diversità culturali. Diversità che ci aiutano a comprendere più facilmente i contesti fuori dei nostri confini.”
Le Marche sono “nella fascia massima” della graduatoria sull’integrazione, insieme a Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Veneto, elemento questo che dà vita ad un “modello adriatico di integrazione”, afferma il CNEL.
Questa valutazione deriva dalla sintesi e dall’incrocio di tre diverse categorie di “dati spia”: stabilità sociale, inserimento lavorativo, potere di attrazione.
Per la stabilità sociale le Marche sono al vertice della classifica. Il CNEL sottolinea che giocano a favore: l’alto tasso di occupazione tra la popolazione immigrata e la favorevole congiuntura economica. Inoltre: sicurezza del contesto sociale (indicatore di devianza in fascia minima: percentuale di denunciati tra gli stranieri, pari a 3,8%); stabilità dell’inserimento riscontrata attraverso la natalità (Marche prima regione per nati stranieri ogni mille residenti stranieri), i ricongiungimenti familiari (in fascia alta-quarta regione) e, l’inserimento delle immigrate nel mondo del lavoro (terza regione, in fascia massima).
Quanto all’inserimento lavorativo, le Marche detengono il primato nella incidenza del lavoro dipendente sul totale della forza lavoro immigrata: raggiunge il 76%, contro la media del centro del 62%. Anche la retribuzione pro-capite è “in fascia alta” e maggiore della media dell’Italia centrale.
Sul potere di attrazione, le Marche sono la seconda regione per aumento di immigrati nel decennio e la quarta, in fascia alta, per ricettività migratoria interna, ossia saldo tra i flussi in entrata e uscita.
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29/03/2007
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