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Università uguale Modernità. San Benedetto non deve stare a guardare

| Una città che è polo dinamico di un territorio provinciale non può sottovalutare la questione universitaria.Il Cup o costruisce una strategia comune o non svolge la sua funzione.

di Gino Troli

Il consiglio provinciale aperto di venerdì 28 febbraio ha posto all'attenzione generale la questione universitaria nel Piceno.
A dire il vero il dibattito si era già aperto per il rinnovo della presidenza del Cup, ma in questo caso si è parlato più di poltrone che di progetti come se la strategia universitaria in questo territorio dipenda da una presidenza piuttosto che da un'altra.
La soluzione a cui si è giunti non è certo la migliore: gettato via un presidente che comunque aveva avuto il merito di insediare nella città di Ascoli una Facoltà che ha raggiunto numeri importanti ,si è pervenuti ad una scelta evidentemente forzata: quando si elegge un presidente, con le prerogative di uno statuto, senza giungere ad una reale condivisione da parte di tutti si rischia la contrapposizione frontale e la non mediazione tra gli interessi di tutti.

La città di Ascoli non ha bisogno di chiusura, bensì in questa fase deve sapersi porre come reale punto di riferimento quale città capoluogo. Ogni qualvolta il suo atteggiamento si configuri come chiusura o peggio autarchico isolamento, i fragili equilibri del nostro territorio rischiano di spezzarsi.
Oggi sulla questione universitaria questo è davanti agli occhi di tutti.

Il Cup era nato per favorire uno sviluppo armonico del sistema universitario nel Piceno con un giusto equilibrio di opportunità di studio nella provincia e l'affermazione progressiva degli studi universitari in una parte della regione che risentiva,  anche in relazione alle sue dinamiche economiche, della carenza di una sede di studi superiori, quando nelle Marche vi erano ben quattro università con una provincia che addirittura vantava due sedi. Non si trattava di rivendicare l'ennesimo ateneo, perché le Marche già erano nelle statistiche nazionali una regione satura, ma di muoversi di concerto con quelli esistenti per collocare qui nel Piceno alcuni indirizzi più adatti alla struttura economica ed alla offerta di lavoro locale.
In quest'ottica si è sviluppata Architettura ad Ascoli ed è nato l'indirizzo per la conservazione di beni culturali a Fermo. Due specializzazioni importanti, due vere e proprie facoltà con un progetto complessivo e lungimirante.

In questo contesto, a San Benedetto del Tronto, come sempre , è venuto il nulla. O vogliamo dare un senso a quello che è stato un vero e proprio contentino, fosse esso il diploma di biologia marina o la variante recente sulla alimentazione?
Questa città che ha la radicata abitudine a fare da sola e a chiedere troppo poco, questo polo di dinamismo e di vivacità economica che dà linfa ad una economia asfittica o monotematica del resto della provincia, deve ogni volta chinare il capo al conflitto del capoluogo reale e del capoluogo mancato??
La risposta è no. Se gli studi universitari hanno a che fare con il ruolo che la modernità ha in un territorio, questo ruolo è innegabilmente di San Benedetto e di nessun altro.
L'università di Ancona, nella persona del suo Rettore, ha individuato nella realtà di San Benedetto e Grottammare le migliori condizioni per uno svilluppo di un polo meridionale di studi statistici, economici e turistici. Ciò è perfettamente in linea con la vocazione sambenedettesi e con le esigenze dell'economia picena che guarda alla specializzazione e all'alta qualificazione del suo personale.

Si tratta di una proposta di alto profilo come mai era venuta finora alla città. Un'opportunità assolutamente irrinunciabile se si vuole uscire dalla palude universitaria attuale.
Dunque le istituzioni sono tutte chiamate a muoversi in questa prospettiva. La Provincia a creare le condizioni per uno sviluppo armonico ed equilibrato delle sedi universitarie nel territorio piceno (il presidente Colonnella ad onor del vero ha dato assicurazioni in questo senso a conclusione del Consiglio aperto), il Comune di San Benedetto( nessun rappresentante ha parlato al consiglio aperto,perché?) ad operare per costruire le condizioni di ospitalità funzionale e certa, il Cup per svolgere fino in fondo le sue finalità statutarie che non si risolvono nella sola soluzione dei problemi di Architettura, pur importanti, ad Ascoli Piceno.
Se ciò non avverrà le forze economiche, sociali e culturali di San Benedetto non possono e non debbono stare a guardare e la politica non può sempre fare il mestiere della subalternità. La vicenda del recente esproprio turistico insegna.

03/03/2003





        
  



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