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Il turismo balneare non sostenibile

San Benedetto del Tronto | Savino:" E' più facile spendere che pensare. E' più facile distruggere il paesaggio che conservarlo".

di Antonio Savino

bagnanti sotto l'ombrellone

Una parte consistente della nostra industria turistica, la parte più corposa, quella balneare, si avvia ad essere sempre più una finta industria, un sistema di imprese sempre più assistite dall'intervento pubblico, senza il quale non riescono a sopravvivere; c'è inoltre una progressiva tendenza a configurarsi più come attività immobiliare-speculativa che come una vera e propria attività produttiva di lungo periodo.

L'offerta turistica-paesaggistica originale è quasi scomparsa e il PIANO SPIAGGIA sta assestando un ulteriore colpo; per accontentare le esigenze corporative di breve respiro di alcuni, con l'idea che cementificare è bello, si sottrae del paesaggio turistico. Dopo la scomparsa dello skyline, è venuta meno la vista mare dal lungomare. Il PIANO SPIAGGIA incrementa la distruzione delle risorse, si accontentano pochi, al prezzo dello scadimento qualitativo dell'intera offerta paesaggistica sia per il turismo che per i cittadini.

Il PIANO SPIAGGIA e gran parte delle opere costiere vanno contro gli elementari principi del turismo sostenibile: " la pressione addizionale sull'ambiente provocata dalle attività turistiche incide negativamente sugli interessi presenti e futuri delle popolazioni locali e dei turisti.

Il principio cardine del Turismo sostenibile è la conservazione del bene che si offre al turista: ambiente naturale, sociale, artistico. Solo questo permette di conservare le attività ad esso connesse.

Il criterio "sostenibile", si riferisce al trittico dell'offerta turistica:

1. tollerabile a lungo termine dal punto di vista ecologico

2. realizzabile sul piano economico

3. equo sul piano economico e sociale per le popolazioni locali"

[manuale del turismo sostenibile]

Dal punto di vista tecnico-scientifico, il PIANO SPIAGGIA insieme agli esosi annuali RIPASCIMENTI, non ci sembra cambiato in nulla, da quando nel lontano 1980 si diceva: "la domanda più insistente da parte degli amministratori fu quella relativa al tipo di manufatto difensivo da adottare, sorvolando sul fatto che tali opere fossero proposte nel vuoto assoluto di conoscenza delle dinamiche fisiche, delle differenti situazioni ambientali e dei normali canoni della conservazione del suolo.", [Comune di Pescara, Convegno Nazionale di Studio sulla "Difesa del Litorale Adriatico dall'Erosione" (marzo, 1980) -]

Sembra che si sorvoli su tutte le basi elementari della conservazione del paesaggio, che non contino niente le mutazioni climatiche in atto, la aumentata forza del mare d'inverno e l'innalzamento del livello. Si soffre per una storica mancanza di UN'IDEA DEL TURISMO, delle sue prospettive e del suo futuro, si naviga a vista, si "galleggia", si fanno solo e sempre onerosi provvedimenti d'urgenza ogni anno, dopo ogni tempesta.

Si potrebbe dire che il turismo costiero è diventato un grande circo, un grande teatro, una rappresentazione teatrale, in cui il copione prevede che durante l'anno con i soldi pubblici si "procurano" i turisti, si pagano le pubblicità, si pagano le mostre e gli stands alle fiere internazionali del settore , si predispongono attrazioni, grandi e piccole manifestazioni estive, si finanziano i consorzi turistici, gare, grandi eventi, e spot tv ecc.

La scenografia, il "teatro" costiero, "il paesaggio" viene ricostruito letteralmente ogni anno, sempre con i soldi pubblici: si porta la sabbia finta, si erigono le scogliere finte, si pulisce, si pota, si asfalta (il lato mare), si rifà il lungomare ( in uno stile improbabile, che sembra copiato da Dubai, una città senza storia) con erba finta, ruscelli e fiumi finti, con l'illuminazione di ogni singola palma che costa un occhio.

Quando il grande teatro è approntato, gli operatori turistici aprono i battenti, si mettono alla cassa, staccano i biglietti. In tre mesi di attività gli operatori turistici balneari si "sistemano" per tutto l'anno al riparo o quasi dagli oneri e rischi d'impresa.

LA FINZIONE INDUSTRIALE

A fronte di un ingente capitale impegnato per le attività turistico-ricettive, l'occupazione quantitativa e qualitativa, che è irrisoria, non riesce ad assorbire gli studenti dell'alberghiero. L'assunzione, quando c'è, è precaria e sottopagata e limitata a pochi mesi estivi (Nella provincia AP ci sono 80 assunti a tempo indeterminato e 2140 stagionali [dati CCIAA ]). Per contro, il capitale immobiliare si rivaluta in modo consistente ogni anno, per molti è diventato più un bene rifugio, di tipo speculativo, che un'impresa commerciale, basti vedere la trasformazione in residence degli alberghi e il mercato degli chalet.

RICADUTE DEL TURISMO COSTIERO

Il turismo del litorale non solo depaupera risorse importanti dei bilanci regionali, provinciali e comunali, ma non crea, salvo poche eccezioni, sinergie con il territorio, le sue ricadute economiche sulle tipicità locali sono minime. Non si vedono quasi mai collegamenti alla ricettività dell'entroterra, con le nostre terme, o con gli agriturismi, non si vede promuovere l'attenzione verso le risorse storiche e paesaggistiche del territorio.

Nei ristoranti e alberghi della costa quasi mai si esalta la gastronomia locale, i prodotti agricoli DOP, prodotti tipici di qualità, o i nostri prodotti della pesca, non si fanno gemellaggi con fattorie a produzione biologica o con i pescherecci del nostro porto.

L'indotto turistico è tutto da scrivere, perché a fronte del progressivo aumento dell'afflusso turistico dichiarato, corrisponde una progressiva caduta del numero di imprese attive e una di una riduzione del personale in quelle esistenti del 30% [dati CNA]. Le uniche ricadute sicure e garantite sono sulle casse comunali in perenne mancanza di fondi per l'ordinaria amministrazione (tuttavia sempre disponibili per i "grandi eventi"),sul traffico e la sua congestione, sull'aumento dei prezzi, sull'inquinamento, sulla distruzione del paesaggio, sulla distruzione dei sistemi ambientali, la cementificazione dell'arenile, l'estinzione del verde e di forme di vita animali e vegetali marine.

PER UN NUOVO PATTO SOCIALE TRA TURISMO, AMBIENTE E TERRITORIO

Ci vuole una nuova visione dello spazio (e del tempo) turistico, bisogna comprendere che oltre i beni comuni dati dal paesaggio e dell'ambiente, c'è anche la sua storia, e sopratutto la SUA CULTURA nelle varie sfaccettature e declinazioni; questi sono prodotti della ricchezza sociale collettiva, e sono al contempo la spendibilità di un territorio rispetto l'attrazione turistica e perciò la loro cura e preservazione dovrebbe essere la principale preoccupazione di una imprenditorialità di turismo consapevole e sostenibile. Se questi beni sono a solo appannaggio di pochi, si finisce con la loro distruzione-estinzione e indisponibilità a detrimento di tutti.

La sopravvivenza di un'industria turistica ora più che mai passa per la sua riscrittura, per un nuovo patto sociale del turismo con l'ambiente e con il territorio. Solo in questo modo essa può mettere le basi per un turismo di qualità, finora tanto cantato e poco praticato. La nota dolente è che gli operatori devono fare tutto da soli.

La politica forse verrà dopo, l'attuale è incapace di "vedere" oltre le prossime elezioni.

io Savino

08/03/2010





        
  



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