"Il fiore del male" di Claude Chabrol
| SAN BENEDETTO - Proposto dal Cineforum l'ultimo film del grande regista francese.
di Antonella Roncarolo
L'ultimo film di uno dei grandi registi francesi, Claude Chabrol, sarà proiettato martedì 22 aprile alle 21,30 al cinema Calabresi. La prestigiosa proposta arriva dal Cineforum di San Benedetto, distintosi anche quest'anno per la scelta d'alta qualità dei suoi film.
Martedì prossimo è la volta di "Il Fiore del Male" di Claude Chabrol. Tra gli interpreti Nathalie Baye, Benoit Maginel, Suzanne Flon, Bernard Le Coq, Mélanie Doutey; Thomas Chabrol
L'ambientazione di Claude Chabrol è (ancora una volta) quella delle atmosfere patinate e delle ipocrisie borghesi dove i bei visi si concedono sempre più spesso ai cattivi giochi. Ne Il Fiore del Male il soggetto principale è la colpa: la colpa che cerca il suo protagonista, il tempo che accompagna questa ricerca.
I cinque superstiti dell'intricato albero genealogico della famiglia Charpin-Vasseur riescono a coprire quasi tutti i possibili rapporti parentali esistenti: sono tra loro, moglie, marito, cugini, fidanzati, fratellastri, cognato, figliastro, figliastra, zia, sorella&
All'interno della famiglia un delitto è stato commesso durante gli anni torbidi della seconda guerra mondiale, nel periodo della resa dei conti fra i collaborazionisti con il nazional-socialismo tedesco e i partigiani. Quel delitto non ha trovato il suo colpevole, e questa mancanza viaggia come una minaccia carica di sventura.
Ma gli Charpin-Vasseur sanno bene come rispondere a quella minaccia, e cioè nel modo che gli è più consono: ipocrisia, distanza, ostentata inattacabilità; tutti sanno, tutti sospettano, tutti fanno finta di niente, tanto alla fine l'importante è "fare almeno bella figura".
Però l'albero è cresciuto con la sua colpa, e i rami devono ereditare fiori ammalati.
La cosa più interessante è che alla fine, il colpevole non viene riconosciuto dal tribunale severo della giustizia o dal rigore della verità: in questo senso la famiglia rimane inattaccabile, ben difesa nelle sue residenze opulente in stile liberty, e dalla forza della sua influenza.
No, alla fine, dopo tanti anni, è il colpevole stesso che si confessa, che corre in braccio alla sua colpa e mette fine all'attesa che ha accompagnato i suoi anni: la resa dei conti, il riconoscimento della colpa, la voglia di far succedere qualcosa che scardini "il presente continuo".
Ma nella tradizione e nella famiglia non c'è spazio per la libertà, per la fame di giustizia o per il riscatto personale: sarà ancora una volta il peso della famiglia a decidere...
La cosa che riesce meglio a Chabrol è la coerenza, la precisione e la compostezza dello stile col quale racconta la sua storia. Tutto è così preciso, scolpito, lento, immutabile.
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21/04/2003
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