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Venezuela: terra lontana, terra di lotta

San Benedetto del Tronto | Quando la politica dello scacchiere diventa fede dispensata alla massa e manipola il destino degli uomini.

di Martina Oddi

guerriglia urbana

Isabella è venezuelana ma oggi vive in Italia. Lontana dalla sua famiglia che sogna di riabbracciare, si batte per i diritti della sua terra che non trova pace, per chi è rimasto e lotta ogni giorno per un futuro diverso. Il Venezuela, dopo la morte di Chávez e l'ascesa di Maduro, ha subito una costante diffusione della capillare presenza cubana, in termini di ingerenza politica e influenza non celata nello sviluppo del paese.

Quando sei arrivata in Italia?
Sono arrivata in Italia, in modo definitivo in ottobre del 2012. Nel 2010 ho soggiornato un anno per motivi di studio, i due anni successivi sono stata tra il Venezuela e l'Italia.

Perché ti sei allontanata dalla tua terra?
Mi sono sposata con un cittadino italiano, e non potendo offrirgli il mio paese come una terra di opportunità e sviluppo per entrambi, mi sono trasferita io in Italia.

La tua famiglia è ancora lì? Li senti quando vuoi?
Tutta la mia famiglia, tranne mio fratello grande (che abita da molti anni all'Estero per motivi di lavoro) si trova in Venezuela, a Caracas, città capitale del paese. Generalmente sono in contatto con mia sorella tramite chat, mi piace scambiare con lei almeno un breve saluto al giorno, anche se ci sono delle giornate in cui non ci mettiamo in contatto. Chiamo a casa ogni tanto per sentire mia madre, veramente vorrei farlo più spesso ma senza risultare invadente; la differenza oraria non mi aiuta ad essere in contatto tanto come vorrei, provo a chiamare nei momenti in cui so che lei non è impegnata e si trova a casa, e comunque è sempre una chiamata internazionale.

Cosa sta succedendo in Venezuela? Quale ruolo sta giocando Cuba?
In Venezuela si sta vivendo, ormai da tre mesi, un incubo che non so come né quando terminerà. Sin dall'inizio di febbraio gli studenti del Táchira (uno stato/provincia del Venezuela confinante con la Colombia) hanno iniziato a protestare per l'insicurezza personale che si vive nel paese. Il fatto che è stato decisivo fu un tentativo di violenza sessuale contro una studentessa nei pressi della propria università. Da quel momento gli studenti sono scesi in piazza a protestare, protesta che si è estesa alle altre università del Venezuela perché i giovani hanno deciso di unire le proprie voci a quelle degli alunni dell'ULA (Università degli Andi). 

Il 12 febbraio, festa nazionale della gioventù (data storica di una battaglia icona della guerra d'indipendenza del Venezuela) parte dell'opposizione politica ha invitato tutti ad unirsi alla protesta pacifica degli studenti, scendendo in piazza in un corteo"oceanico" che arrivasse fino il Ministero Pubblico. L'appello è stato raccolto da una moltitudine di persone, perché non solo gli studenti si sono seccati del lungo elenco di problemi e carenze che affliggono il paese. La criminalità, che ci ha tolto più di ventiquattro mila settecento connazionali solo l'anno scorso, è accompagnata anche da mancanza dei beni più essenziali per la vita: cibo e medicine, da un'inflazione del 56% secondo i dati ufficiali.

La gente è veramente scontenta del governo di Nicolás Maduro, delfino di Chávez, che certamente non è colui che ha inventato l'assurda utopia del "Socialismo del secolo XXI", progetto bandiera del presidente deceduto, ma che sicuramente ha portato il paese ad uno stato di deterioramento molto più marcato di quanto fatto Chávez, con l'aggravante che egli non può contare sullo stesso supporto e consenso popolare goduto dal suo predecessore, e tanto meno sul carisma e la furbizia che contraddistinguevano il "Comandante eterno". Il ruolo di Cuba in tutto questo è stato determinante: come molti dicono, sin dall'inizio, la scelta di Maduro come successore di Chávez era stata ordinata direttamente dai fratelli Castro.

I legami di Maduro con l'Isola sono consolidati, e sicuramente è considerato come una figura fedele e semplice da controllare. Gli interessi di Cuba in Venezuela sono evidenti: con i contratti conclusi durante il governo di Chávez, Cuba si è assicurata un approvvigionamento di petrolio a prezzi irrisori che neppure paga. Ci sono altresì degli accordi in altri settori, ad esempio in ambito di salute pubblica e addirittura di intelligence. Mentre Chávez era in vita e al potere, era evidente la sua grande ammirazione per Fidel e le politiche in suo favore, senza tangibili benefici per il Venezuela, al di là dei medici cubani di cui nemmeno avevamo bisogno. Negli ultimi tempi tuttavia l'ingerenza di Cuba in Venezuela è diventata totale! Si possono trovare delle bandiere di Cuba accanto a quella del nostro paese nei pubblici uffici.

Chávez e tutti i suoi seguaci hanno sempre ipotizzato un'ingerenza degli Stati Uniti di America, ma ciò non è più che la paranoia circa un intervento straniero che mai c'e stato e mai ci sarà. Vedere la bandiera di uno stato che non è il nostro, sentire l'inno nazionale di un altro paese che non è il nostro, è veramente vergognoso, essendo, per altro, una situazione in flagrante violazione della nostra sovranità e Costituzione.

Cosa chiedono gli oppositori di Maduro?
La lotta degli studenti è iniziata come un'esigenza di maggior sicurezza per l'incolumità personale, adesso la loro protesta è diventata la protesta di tutta una nazione all'unisono. Ora le richieste sono tante: non è solo la lotta alla criminalità, è anche porre fine alla scarsità degli alimenti basilari, all'inflazione, riattivare l'industria nazionale che è venuta meno a causa dei processi di nazionalizzazione di tutto e per l'annichilamento della libera concorrenza dei mercati per l'assurda idea che l'inflazione si sradica con dei capricciosi calmieri, e combattere l'altissimo costo della vita -abbiamo una qualità di vita molto scarsa, cara e cattiva-.

Qual è la risposta del Governo? I diritti umani vengono violati?
Il governo sin dall'inizio ha reagito con una bruttale repressione che, penso, non avevamo mai visto prima! Almeno non dai tempi della dittatura (anni 50) in cui tanti di noi non eravamo ancora nati. L'ordine del governo è stato diretto per le forze dell'ordine: ‘dovete estinguere ogni fuoco di protesta'. Con questo "mandato" le forze armate possono anche sparare direttamente contro i manifestanti: al 14 aprile 2013, abbiamo il bilancio di 41 morti, più di 550 feriti, 2238 detenuti e più di 50 casi denunciati di tortura (cifre ufficiali).

Il diritto alla vita in Venezuela non conta niente, l'incolumità fisica neanche, diritti che forse per la loro entità sono considerati universalmente i più importanti. Oltre a quelli, non contiamo più con il diritto alla libera espressione del nostro pensiero, ci è stato sottratto anche il diritto di informazione: il governo controlla i mezzi di comunicazione, e quelli che ancora non controlla, sta facendo di tutto per lasciarli senza voce. Serva di esempio l'emittente privata colombiana di notizie a cui sono state sospese le frequenze mentre stava assicurando la copertura delle mobilitazioni del 12 di febbraio a Caracas, serva anche come altro esempio la non assegnazione di divise estere (che sono controllate dallo Stato dal 2002) alla stampa in modo tale che non possa acquistare la carta per stampare i giornali.

Quale futuro sogni per il tuo paese? Pensi di tornare un giorno?
Il sogno di tornare al mio paese si ripete non solo ogni giorno, ma reiterate volte al giorno... Con questa situazione estrema che si sta vivendo adesso ho dei sentimenti contrastanti: per un verso mi sento molto fortunata a non essere lì, attraversando un disagio così grande, dall' altro, mi sento come se, anche senza volere, fossi scappata dalla mia realtà, da ciò che in altre circostanze sicuramente avrei dovuto vivere. Il sentimento di tristezza e impotenza è continuo: vorrei esserci per stare vicino alla mia famiglia, per aiutare.

Sento una rabbia incontenibile di sapere che mia madre, una signora ormai anziana, sopravissuta ad una leucemia, debba rimanere in piedi, per tre ore almeno, per pagare alla cassa una spesa contenente degli alimenti basilari, anzi, per comperare ciò che c'era al supermercato, neanche ciò che forse voleva o aveva bisogno. Penso al futuro di mia sorella, i miei cugini, i miei amici di scuola e d'università che non sono scappati quando ancora ‘potevano', tanti che già hanno dei figli e sono veramente preoccupati per loro. Io vorrei un paese al quale si possa tornare in qualsiasi momento ne abbia voglia, vorrei un paese che io possa scegliere come residenza, che io possa offrire a mio marito come un luogo di opportunità per entrambi e dei nostri figli se ne avremo nel futuro.

Vorrei un paese ove si possa passeggiare a piedi per le strade senza paura di venire ammazzata, un paese dove non venga considerata come una traditrice dalla patria perchè non riconosco Cuba come parte dello Stato venezuelano e dove sia comunque considerata sempre come venezuelana anche se non mi piace il governo di turno. Vorrei tante cose per il mio paese, ma adesso vorrei la pace, la riconciliazione e delle nuove facce al governo. Il tempo del chavismo c'è già stato e ha fatto capire bene a tutti che ha fallito. È tempo di un progetto nuovo, tempo per una ricostruzione delle macerie in cui ci ha lasciato questo sogno accanito di uno solo che nemmeno esiste più, ma che è riuscito a fare credere a tanti che il suo era un sogno condiviso dalla maggioranza.

Per cosa vi battete? In Italia hai trovato attenzione per la vostra causa?
I venezuelani all'Estero stiamo provando con tutte le nostre forze a fare eco a ciò che sta accadendo a casa nostra. Con questo orientamento assolutamente spontaneo direi, ci siamo messi d'accordo innanzitutto per comunicare, per diventare ripetitori delle notizie che anche essendo generate in Venezuela non riescono a diffondersi tramite i mezzi di comunicazione del paese per la fortissima censura che ho provato prima ad accennare. Ci siamo mobilizzati con fini informativi nelle società dove al momento ci troviamo, ma anche a scopo di solidarietà con i nostri connazionali e anche come catarsi propria direi, perché non si può capire il dolore e l'impotenza che si prova se non si hanno dei veri ed importanti legami con il Venezuela. 

Nel caso dell'Italia, abbiamo promosso delle attività, ormai numerose, sia a Milano, che a Roma, Firenze, Verona, Udine, Bari, ecc. Non conosco le implicazioni organizzative, ho soltanto assistito e partecipato e certamente devo dire che ci sono stati concessi gli spazi richiesti: siamo stati sempre custoditi e protetti dalla polizia, abbiamo anche fatto un corteo una volta a Milano attraversando delle strade con traffico senza nessun problema, c'è stato anche un ballo nazionale in piazza il weekend scorso, ma la mia sensazione è che, tranne contate eccezioni, questo è un tema che non interessa alla società italiana, penso ancora di meno ai politici italiani.

Per me risulta molto triste, anche ingiusto: in Venezuela c'è una comunità italiana considerevole in numero, se aggiungiamo gli italovenezuelani nati appunto di questa importantissima immigrazione dovuta alla guerra si tratta ancora di più gente. Non so se questa indolenza si debba alla lontananza geografica o ad altro, solo posso dire che c'è molta disinformazione. La tv non ci ha prestato quasi attenzione, neanche la stampa tranne che nei momenti in cui c'è stato direttamente coinvolto un cittadino italiano o di origini italiane; penso che anche abbia avuto qualche ripercussione l'omicidio di una regina di bellezza sempre in questi scontri in piazza perché lei era una figura di certa rilevanza pubblica ed era veramente una donna bellissima.

Certamente mi sono sconcertata per la morte della Miss Turismo e di Roberto Annese, italovenezuelano morto il 29 marzo, però il mio cuore piange lo stesso per la scomparsa degli altri 39 venezuelani i cui decessi non hanno avuto ripercussione internazionale.

Se alcuni opinion leader interni alla terra del Che leggono positivamente l'insinuarsi invasivo dei cubani in Venezuela, le opposizioni dei due paesi si battono sul campo per evitare una degenerazione degli eventi verso la Cubanizzazione forzata, con il relativo socialismo imperativo e declino economico imprescindibile. Mentre i diritti umani vengono quotidianamente violati, in una terra martoriata dal declino sociale determinato dal dilagare della criminalità organizzata impegnata sui fronti della droga e della violenza.

E spariscono nel nulla i sognatori scesi nelle piazze per difendere la libertà. Contro una influenza che semina fedeli e discepoli di un comunismo datato quanto svilito nelle sue recenti performance politiche sullo scenario mondiale. Perché ogni fede è violenza, come diceva il grande Eduaro De Filippo.
Quando la politica impone al popolo scelte violente e coatte, l'autodeterminazione e i diritti civili diventano merce di riscatto sottratta dai "vincitori a vinti".

18/04/2014





        
  



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