I voli del romano Antonio Rizzo attraverso segni verticali, colori, immagini.
| SAN BENEDETTO - Una mostra antologica alla Palazzina Azzurra di San Benedetto del Tronto dal 19 Aprile al 4 Maggio.
di Konéro
Rizzo espone con una personale alla Palazzina Azzurra. Un artista forse poco noto nella città, ma molto nelle Marche, dove ha studiato (a Urbino) insegnato (al neo nato Liceo Artistico di Porto S. Giorgio), lavorato (insieme ad altri artisti) allestito mostre personali e collettive. Sessantenne, si muove ancora fra oggetti artistici (che siano tele, incisioni o poesie) con spirito da giovane, con la semplicità di un bambino che conosce bene le tecniche predilette.
Chi ne dovesse leggere qualche verso (ha al suo attivo due raccolte) apprezzerebbe anche nella scrittura la cura del segno, dei colori, delle immagini ritornanti. Quale migliore presentazione alla mostra la lettura dei suoi "Segni verticali", editi nel 1981 con una lettera di Paolo Volponi e una nota di Alfonso Cardamone. Spizzicando nel libro leggo: "un cerchio grande/luminoso perfetto/all'alba/li contiene tutti", oppure "grovigli leggeri/corpi distesi/silenziosi volti dagli occhi chiusi/un ultimo basso respiro/com'è fonda la morte/com'è profondo il canto/parole come coltelli/le onde si preparano ad un nuovo ritorno.
" A voler sintetizzare, una poesia, quella di Rizzo, tipicamente pittorica: colori, piante, fiori, uccelli, il tutto riportato a colori; ma ancore luce, trasparenza, scintillio, volo, ali, il tutto riportato a linee orizzontali, verticali, circolari come nella sua opera grafica. Ed i colori, come nella sua pittura, sono sempre freschi, apparentemente scontati e invece ne capiamo il senso profondo della ricerca stilistica proprio nei versi in cui verdi, bianchi, gialli (difficilmente scuri, sempre luminosi e attoniti) si affiancano, si mescolano si reinventano come ricavati da una tavolozza poetica che, sia pure pacatamente, ripropongono l'eterno ritorno del nascere e morire, delle stagioni incessanti e silenziose nel loro crescere e disfarsi: morte e rinascita, dolore e speranza eterne e stilisticamente disincantate. Ma poi c'è tutta la perizia tecnica dell'artista, anche la ripetitività tematica, come una fissazione esistenziale di Rizzo, che quasi commenta da sé quando scrive "segretamente/guardavo fiorire un melo nascosto/nell'attesa di cogliere/per primo/un frutto appena maturo".
Non voglio parlare dei suoi successi di pubblico e di critica, basterebbe il nome del critico Luigi Dania ad avvalorane i risultati. Andiamo invece a vederlo, o anche a rivederlo: merita conoscerne il suo colloquio con la natura ricca di sortilegi.
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18/04/2003
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