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L'insostenibile leggerezza dell'omologazione

San Benedetto del Tronto | Quando “Cotto e Mangiato” diventa uno status vivendi

di Lorenzo Picardi

Una delle poche certezze che ho avuto sempre nella vita è stata l'iscrizione al liceo classico. Inizialmente percepivo questa decisione, maturata già in prima elementare, come un inevitabile passaggio di testimone con i miei genitori, dal momento che avevano frequentato proprio questa scuola; poi, però, al momento effettivo della scelta, avevo realizzato che quel tipo di istituto poteva formarmi per il futuro (a 13-14 anni, però, il concetto di futuro difficilmente arriva oltre l'università).

Passati ormai 5 anni e facendo un confronto con gli altri indirizzi superiori, posso dirmi parzialmente soddisfatto della via scolastica intrapresa. Quello che ho potuto notare è come l'insegnamento didattico sviluppi maggiormente un metodo di studio che non un pensiero critico personale; accade in ogni luogo di educazione pubblica, ovviamente in alcuni meno che in altri. In generale, alla fine della formazione superiore, vengono consegnati alla società dei piccoli automi, formattati tutti alla stessa maniera, con gli stessi programmi base (Word, Excel, il mitico Pinball...); certo, c'è poi chi ha come "sistema operativo" Windows '95 e chi Windows 7 (Linux non è contemplato nella metafora, la scombussolerebbe), ma ciò non toglie che le finalità e i modi d'uso siano i medesimi.

Difficilmente riescono ad emergere gli interessi dei ragazzi, e questa omologazione è riscontrabile anche nel resto della società. Oggi ci lamentiamo che l'opposizione, in Italia, sia debole e priva di idee, ma una parte politica non può innovare se non si esce dalla conformità di pensiero che ci avvolge, se l'unica differenza fra i vari partiti consiste nell'interesse e nel potere personali, lasciando sempre meno spazio alle ideologie. Se un parlamentare si evidenzia per comportamenti poco consoni al proprio ruolo, il suo partito tende a formare un blocco uniforme nel difenderlo, facendo venir meno la capacità critica soggettiva dei singoli individui che lo compongono.

Mancano quelle figure che ragionano fuori dagli schemi, che portino idee differenti da quelle "cotte e mangiate" che ingeriamo quotidianamente. A questo mondo servirebbe molta patafisica, "la scienza delle soluzioni immaginarie" e la filosofia che ragiona per assurdi e contrari (per esempio "invece di enunciare la caduta dei corpi verso un centro, perché non si preferisce la legge dell'ascensione del vuoto verso una periferia"), creata dallo scrittore e drammaturgo francese Alfred Jarry a cavallo fra Ottocento e Novecento. Peccato che non sia semplice reperire materiale su questa corrente di pensiero, perché potrebbe veramente offrire spunti interessanti a molti, perché nella nostra cultura la paura di apparire diverso-strano-pazzo nel proporre un'idea alternativa prevale sul coraggio di osare la novità. Paura dei giudizi altrui, dell'essere emarginato, della derisione. Paura di essere cotto e mangiato dalla massa.

02/04/2011





        
  



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