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Omaggio al Megalomartire

Porto San Giorgio | In onore dei festeggiamenti del Santo Patrono, la compagnia dei Giorgesi Antichi ricordano la figura del Cavaliere San Giorgio

di La Compagnia dei Giorgesi gli Antichi.

Ogni buon Sangiorgese di almeno tre generazioni dovrebbe nascere e morire il 23 Aprile, il giorno dell' anno dedicato al nostro Patrono San Giorgio.

Anche il più incallito bestemmiatore portese davanti alla delicata ed infantile vaghezza del busto-reliquario ligneo del Santo Cavaliere, incorniciato dall' aurea edicoletta sull'altare maggiore della basilica prima d'iniziare il programmato e prevedibile itinerario processionale, diviene rispettoso e mite, infatuato, forse, da una sorta di pagana idolatria.

Ancora oggi, alcune delle sempre più rare anziane donne affacciate alle loro finestre, dove precedentemente hanno con cura esposto il tradizionale reverenziale tappetino cremisi, piangono commosse al passaggio della solenne processione facendo capire quanto grande fosse, ieri come oggi, l'attaccamento e la venerazione nei confronti del Santo Patrono.

In effetti non tutti sanno che, secondo la leggenda, San Giorgio sarebbe nato in una località dell'antica Cappadocia e giunto in una città chiamata Melena o Silena nei pressi di un golfo dove aveva ricovero, in un oscuro antro, un terribile dragone che non di rado ne usciva terrorizzando, col suo pestifero fiato, le popolazioni delle vicine città uccidendole e talvolta divorandole. L'orrenda fiera tenne testa addirittura a più di duemila cavalieri che, uniti, decisero di affrontarlo.

Il re di quella terra risolse quindi, per mitigare il furore del drago, di consegnargli quotidianamente due buoi di cui pascersi, ma quando le bestie della città finirono,lo sfortunato sire proclamò che quotidianamente due giovinetti, di qualsiasi ceto sociale, venissero sacrificati per estrazione a sorte.

Quando il caso volle che proprio l'adolescente e casta principessina, figlia del re, venisse tratta, il regnante, con abnegata rassegnazione e dimostrando un alto senso democratico, tristemente e dolente non si oppose con iniquo arbitrio alla regola e dopo aver vestito la sua unica figliola con fogge adeguate al suo rango, la inviò verso l'orrendo antro del terribile drago in qualità di ferino pasto.

A questo punto arrivò, splendente nella sua sfolgorante armatura, il nostro Santo Eroe, ex militare pagano, che, vedendo la nobile fanciulla in lacrime, le si rivolse galantemente dicendole: "Gentil donzella, perché piangete lacrime sì raggianti come stelle e per qual rio destino siete sola in tal periglioso loco?"

Al ché la principessina rispose: "Oh nobilissimo cavaliero, fuggite pria che l'orrenda fiera abbia anche voi da divorar, giacché a tal uopo io son qui dal fato destinata!"
E il Santo aggiunse: "E ditemi, fatal pulzella, chi son dunque quei figuri che pavidi si sporgon qua e là, lassù sul colle?"
Ed ella, annuendo, disse: "Essi aspettano che con lo scempio la brama del dragon si tacqua."
Il Santo quindi replicò: "Tanta pura beltà non mai sarà offesa dall'improbo grottesco e le vostre sacrate chiome d'or pittate lumeggeranno ancor per molto tempo."

A questo punto la bestia uscì dalla spelonca e immantinente San Giorgio con gagliardo impeto trafisse, risoluto, a morte la gola dell'immondo e ritornato alla giovane fanciulla le disse: "Or dunque è giunta l'ora di placare i timori della vostra gente. Orsù principessa, slacciate la cintola e con questa, legata al collo del dragon, conducetelo in città all'uopo di dar prova ai vostri che il periglio è tratto a fine."

Quindi San Giorgio si accinse ad accompagnare la principessina che, con il drago esanime al guinzaglio ma ancora deambulante, s'incamminò verso la città dove il santo fu accolto trionfante e, dopo che egli finì la fiera al cospetto del re e dei suoi sudditi, convinse quel popolo pagano a convertirsi al cristianesimo. Prima di partire donò il suo magnifico cavallo dai preziosi finimenti e tutto il suo avere ai poveri per amore di Cristo.

Morì martire ad opera di un crudele vicario dell'imperatore, di nome Daziano Preside che fu gran persecutore dei cristiani, nella nobile intenzione di redimerlo. La chiesa greca, al di là della nebulosa attendibilità della storia del santo, lo chiamò "Megalomartire", il grande martire e i mussulmani lo apostrofarono "Profeta" ovvero "El Kad'r", fiorente, verdeggiante. Nell'antica Lydda, l'attuale Diospoli in Palestina, vi era il suo sepolcro dove si dice avvennero molti miracoli che fecero accrescere la sua popolarità e la sua osservanza. Secondo la versione di Jacopo da Varagine visse sotto l' impero di Diocleziano e di Massimiano.

L'Inghilterra, su bolla papale di Sua Santità Benedetto XIV, lo proclamò protettore non solo della nazione ma anche degli ordini cavallereschi come testimonia Edoardo III che istituì il prestigioso Ordine dei Cavalieri di San Giorgio, più conosciuto come Ordine della Giarrettiera. Il Santo, altresì, è stato proclamato patrono di tutte le associazioni scoutistiche del mondo e Papa Pio XII lo ha eletto come protettore della Cavalleria Civile e Militare dello Stato Italiano.

La basilica costantiniana dov'era sepolto fu distrutta nel 1010 e ricostruita dal re S. Stefano d'Ungheria. I suoi resti furono trasferiti durante l'invasione persiana all'inizio del VII secolo in varie località e le reliquie smembrate sono custodite da diverse chiese fra le quali spicca San Giorgio in Velabro a Roma che ne conserva il prezioso cranio. Nel 1600 una parte del capo venne portata a Ferrara che venera San Giorgio come suo protettore. Il vittorioso combattimento contro il drago simboleggia il trionfo del Cristianesimo sul Paganesimo.

E' questa, infine, la più conosciuta delle leggende che riguardano il caro Santo, tanto caro che nell'immaginario collettivo ci appare come realtà allo stato solido. Paolo di Dono, detto Paolo Uccello, fiorentino pittore quattrocentesco di originale ingegno, lo immortalò in una pittura immerso in una natura misterosofica al cospetto della principessa che, rappresentata ancora in forme cortesi, tiene al guinzaglio il drago come un docile cagnolino, secondo la narrazione di Jacopo da Varagine da cui è liberamente tratta la versione sopra enunciata, fors'anche a dimostrare l'accondiscendenza in Dio e nella Fede, una fede non discussa che i sangiorgesi nutrono per il loro Patrono.

Di San Giorgio si dice che fosse stato il Santo più venerato di tutti i tempi.

22/04/2007





        
  



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