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Martelli: “Natali si chiede quando avremo un 25 aprile “finalmente diverso”

Ascoli Piceno | La componente comunista assieme a quella cattolica è stata essenziale nella resistenza e nella lotta per la libertà

di Massimo Martelli

 
Rispondo all’intervento di Giulio Natali sul 25 aprile apparso sul “Resto del Carlino” martedì 26 aprile 2005, dal momento che ancora si tenta di strumentalizzare la ricorrenza della liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo, facendola passare sotto le forbici del revisionismo storico.
 
Natali si chiede quando avremo un 25 aprile “finalmente diverso”. Mi chiedo io, in che senso? Se c’è qualcosa di vero, di veramente vero, quello è un fatto storico, semplicemente perché è accaduto. Allora, questa diversità che auspica Natali davvero non si capisce, oppure, deve essere letta come l’ennesima provocazione. Il nostro paese è stato liberato da una sanguinosa dittatura fascista e dall’invasione nazista avvenuta all’indomani dell’8 settembre 1943.
 
Questo è un fatto. Il 25 aprile si festeggia per ricordare la fine di questa terribile oppressione e per commemorare tutti coloro che sono caduti per la libertà. Dopo 60 anni, tutto ciò dovrebbe essere ancora più chiaro, limpido.
 
Invece no, perché Natali si lancia in una duplice riflessione e precisamente: sul ruolo che hanno avuti i comunisti nella resistenza, i quali – per Natali – non hanno combattuto per la libertà ma per l’ideologia comunista e sul fatto che la ricorrenza del 25 aprile dovrebbe celebrarsi al di fuori dell’ormai “logoro” schema antifascista, perché “oggi non vi è nessuno che faccia politica in nome di idee contrarie alla libertà”.
 
Bisognerebbe, secondo Natali, pensare a tutta la storia e non soltanto alla “parentesi” tra il 1922 e il 1945.
 
Voglio contestare queste “riflessioni”, partendo dal discorso sull’ideologia comunista. La componente comunista, assieme a quella cattolica, è stata essenziale nella resistenza e nella lotta per la libertà. Che ciascuna anima della resistenza avesse poi idee politiche più o meno chiare su come far fruttare, una volta sconfitto il nazi-fascismo, questa libertà, è una cosa ovvia.
 
La fase costituente, e la Costituzione repubblicana che ne è scaturita, sono state ispirate dalla volontà di mediare le diverse posizioni politiche antifasciste proprio per garantire per il futuro la maggiore libertà possibile all’interno delle istituzioni democratiche: la componente comunista, così come quella cattolica, hanno piuttosto contribuito a concretizzare la nostra libertà e a metterci al riparo dal pericolo di un rigurgito fascista. 
 
Non capisco cosa intende Natali con la contrapposizione libertà/ideologia politica: se così fosse, ma per fortuna non è, questa dicotomia colpirebbe soprattutto le idee e i valori ai quali si ispira, ancora oggi, il suo partito, e quindi in tal senso sarebbe meglio tacere.
 
Rispetto invece alla “parentesi” tra il 1922 e il 1945, che secondo Natali andrebbe chiusa buttando alle ortiche anche l’ormai logoro schema antifascista, bisogna dire che quella del 25 aprile è una ricorrenza riferita direttamente ai fatti dolorosi e tragici che hanno segnato non soltanto il biennio di lotta 1943-1945 ma, appunto, tutto il ventennio fascista. Questa “parentesi” va quindi lasciata aperta e conservata per la memoria delle nuove generazioni.
 
Il 25 aprile non è la festa della libertà in quanto tale, bensì della conquista di una libertà storica, quella dal nazi-fascismo; non può pertanto essere ridotta ad una ricorrenza generale sulla libertà cosmica (che tra l’altro non c’è).
 
Infine, vorrei chiudere sul richiamo di Natali all’uccisione del filosofo Giovanni Gentile da parte dei partigiani, che si dovrebbe ammettere come omicidio. Credo che una guerra, purtroppo, è fatta anche e soprattutto di morti, e che i morti non sono tutti uguali, in particolare se ci riferiamo ai tragici fatti che dal ’43 al ’45 hanno insanguinato il nostro paese: Gentile scelse, a seguito del crollo di Mussolini nel ’43, di aderire alla Repubblica Sociale e quindi di perpetuare, ideologicamente, in forma ancora più sanguinaria, la violenza fascista affiancata all’occupazione delle truppe di Kesserling dell’Italia centro-settentrionale.
 
Probabilmente questa adesione, al di là di una personale ammirazione per il duce, rientrava nella logica del suo sistema filosofico, per il quale lo Spirito, secolarizzato nella forma dello stato fascista, era intrinsecamente necessario e totalitario. La coerenza di Gentile si è trovata però dalla parte sbagliata, la parte che non scelse molti anni prima Giacomo Matteotti. E sappiamo com’è andata a finire. Viva la Resistenza! Viva il 25 aprile!

26/04/2005





        
  



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