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Papa Benedetto XVI e il messaggio rifiutato di Martini

San Benedetto del Tronto | Dio e uomo: uno e’ per definizione assoluto l’altro mutevole e dunque relativo. Ma questo non impedisce ai non credenti di riconoscere un bene come se fosse universale, per esempio il rispetto della vita.

di Tonino Armata


L’elezione di un Papa interessa in varia misura non solo la Chiesa cattolica e i suoi fedeli, ma anche i credenti d’altre religioni e i non credenti. Secondo il nuovo Papa Joseph Ratzinger tra questi si addensa la modernità, si concentra il male del mondo: libertinismo, sincretismo, scetticismo, marxismo, relativismo aggressivo. Quest’ultimo soprattutto, che dilaga in tutto l’Occidente in Europa in particolare, ridiventata terra di missione.

Come non credente, questi problemi non mi riguardano e credo anche gli altri non credenti del mondo (920.146.000 di cui 151.548.000 atei - fonte: Center for the study of global christianity), ma osservo che la posizione del nuovo Papa è molto preoccupante. Il relativismo aggressivo, come lo definisce Ratzinger nell’omelia pre-Conclave consiste nel “lasciarsi portare qua e la da qualsiasi vento” e sta instaurando “una dittatura che non riconosce nulla come definitivo lasciando come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie.

Ad esso deve contrapporsi una fede adulta, radicata nell’amicizia con Cristo, la quale ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità. In Cristo coincidono verità e carità. Voi siete amici se fate ciò che io vi comando (Giovanni, 14, 15)”. Chi mette in dubbio questa, rivelazione alimenta e attinge al deposito del Male: ecco il nocciolo dell’omelia sulla base della quale il cardinale Ratzinger ha raccolto la maggioranza del Sacro Collegio ed è diventato Benedetto XVI.

Davanti ai cardinali riuniti nella Cappella Sistina, durante il brevissimo Conclave lampeggiavano due volti, ancora incerti nei lineamenti, con profili che restavano imprecisi come sulla bozza di un quadro, ma sui quali campeggiavano con chiarezza due opposte espressioni. Una allarmata, spaventata, guardinga, velata da un profondo pessimismo. Ed era l’immagine riflessa di una Chiesa assediata, costretta a difendersi da mille insidie: una piccola barca carichi di cristiani, investita dai venti e agitata dalle onde, malmenata da innumerevoli cicloni battezzati via con nomi minacciosi pieni di “ismi”.

Marxismo, liberismo, libertinismo, collettivismo, individualismo radicale, ateismo, misticismo vago. Ma soprattutto aggredita dal relativismo: brutta bestia che si avventa su donne e uomini moderni, li allontana da ogni verità, da ogni regola morale e li affonda in un egocentrismo senza speranza. A tratteggiare questo drammatico schizzo, prima che si chiudesse il portone del Conclave, era stato il cardinale decano Joseph Ratzinger, teologo del Papa defunto e da più di un ventennio responsabile della Congregazione per la Dottrina della Fede (lontanissima discendente di quella che in tempi remoti era la Santa Inquisizione).

Quello di Ratzinger era un appassionato invito a votare un papa forte, intransigente, capace di affrontare le innumerevoli insidie. Egli proponeva se stesso per la massima carica? Offriva i propri lineamenti, il proprio profilo, insomma il proprio nome e la propria scienza, per completare il volto e l’identità del futuro pontefice? Pare che non rientrasse nel suo stile. Personaggio schivo, ritenuto disinteressato anche dai critici più severi, non si pensava che quella fosse la sua intenzione. Sarebbero stati comunque i cardinali a non eleggerlo, si riteneva, per non avallare una concezione della Chiesa troppo pessimista. Essi avrebbero scelto un papa con idee meno asciutte.

La seconda bozza l’aveva tratteggiata Carlo Maria Martini, un tempo arcivescovo di Milano ed esprimeva idee esattamente opposte a quelle di Joseph Ratzinger. Leggendola i cardinali elettori hanno scoperto un’altra immagine della Chiesa. Invece dell’espressione allarmata, spaventata, pessimista di Ratzinger, Martini ne offriva una distesa e rassicurante. Forse troppo distesa e rassicurante.

Nella sua riflessione, fatta avere ai cardinali prima del conclave, l’ex arcivescovo di Milano (il quale non si considerava un candidato, perché immerso a Gerusalemme in studi biblici che gli stanno a cuore), invitava a non cercare il futuro papa con angoscia, ma lieti come i Magi che cercavano Gesù ed erano certi che c’era perché avevano visto la stella. Martini usava anche un altro paragone. Ricorreva a un’abitudine della Pasqua ebraica per invitare a cercare il nuovo papa senza angoscia.

Durante la cena, in quell’occasione, il papà o il nonno, che presiede alla cerimonia, a un certo punto nasconde un pezzetto di pane azzimo in qualche parte della casa, e lo fa cercare dai bambini. I quali lo cercano con gusto e con gioia perché sanno che il nonno l’ha nascosto per la soddisfazione di farlo trovare. Così Martini invitava i cardinali a individuare con fiducia colui che era già in mezzo a loro. E’ evidente che egli non pensava a Joseph Ratzinger.

Il quale non sembra distinguersi per le cinque caratteristiche che Martini si augurava di trovare nel Fratello maggiore eletto in conclave. La prima di queste caratteristiche era appunto che non fosse angosciato per l’incredulità del mondo, per la sua secolarizzazione, che Gesù, secondo Martini, mise già in conto e vinse.

Un buon papa era per lui uno capace come Mosè, di guardare oltre le apparenze, oltre l’audience televisiva, l’applauso, e anche la violenza della morte e la potenza del denaro. In queste parole i cardinali-elettori hanno scorto una critica indiretta al nuovo stile vaticano? Non sono comunque stati sedotti dall’idea che il nuovo papa dovesse avere, come seconda caratteristica, la capacità di gioire e di rallegrarsi. Ne hanno condiviso, nella loro stragrande maggioranza, l’idea secondo la quale non c’è bisogno di un papa che affermi con insistenza una rigida ortodossia dottrinale e morale. Per questo rilevava Martini nella sua riflessione, con tono polemico, si adoperava già con molto zelo la Congregazione per la Dottrina della Fede. Ossia Joseph Ratzinger.

Altra virtù chiesta da Martini al nuovo papa, forse la più importante, era la capacità di valutare le strutture della Chiesa e quelle della società, e quindi di essere in grado di cogliere quel che è essenziale, e quando deve essere invece rinnovato per rendere la Chiesa più agile, trasparente e comprensibile.

Al messaggio di Martini il Conclave ha preferito il messaggio di Ratzinger. Ha adottato con slancio, in più di ventiquattro ore, l’espressione di una Chiesa pessimista, e allarmata, spaventata dal vuoto apertosi con la fine del carisma di Giovanni Paolo II. E ha respinto l’espressione distesa, ritenuta forse troppo fiduciosa, aristocratica nella sua dotta leggerezza, del cardinale esule a Gerusalemme.

20/04/2005





        
  



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