Troppo umana speranza. Intervista all'autore Alessandro Mari
San Benedetto del Tronto | Lo scrittore Alessandro Mari sta subito riscontrando un notevole successo a livello nazionale con il suo libro "Troppo umana speranza", edito da Feltrinelli, che ha presentato allauditorium Tebaldini sabato 2 aprile.
di Andrea Petrelli
Copertina libro Mari
L'evento rientra negli Incontri dedicati al 150° dell'Unità d'Italia, organizzati dall'Amministrazione Comunale e dalla Bibliofila.
Il romanzo, che secondo Filippo Massacci, che ha aperto l'incontro, possiede l'esordio più potente della storia della letteratura italiana, è un capolavoro maestoso nel quale il lettore accompagna i personaggi, tra i quali Garibaldi e sua moglie Anita, in un viaggio reale e fantastico allo stesso tempo. Un romanzo dal setting risorgimentale che nessun fratello d'Italia può farsi sfuggire. Prima dell'inizio della presentazione abbiamo colto l'occasione per rivolgere alcune domande direttamente all'autore.
Innanzi tutto una domanda banale ma indispensabile: Alessandro Mari, chi è? Un trentenne. Un trentenne che ha conseguito una laurea in letteratura straniera con una tesi su Thomas Pynchon. Sin da piccolo sognava di lavorare nell'editoria e ha iniziato il proprio percorso come lettore, traduttore e ghostwriter svolgendo a lungo questi ruoli. È stato editor di Feltrinelli per un anno e mezzo prima di azzardarsi a presentare il suo romanzo.
Come si fa a scrivere un libro mastodontico come Troppo umana speranza, di ben settecento pagine?
La parola chiave è tempo. Ci vuole tempo. La stesura del mio romanzo è durata dal 2005 al 2010. Sono dell'opinione che la Storia richiami una gran quantità di tempo per essere messa su carta. In più sono contento di avere un editore che mi ha dato fiducia senza pormi limiti da non superare. Più pagine realizzo più mi sento a mio agio. Devo ammettere però che ho apportato dei tagli al romanzo, che altrimenti avrebbe raggiunto le mille pagine.
Troppo umana speranza: la prima cosa che si pensa quando si legge il titolo del romanzo è: c'è un errore di stampa o di battitura. E invece sappiamo che non è così. Ci spieghi il perché? "Troppo" è un avverbio che rende benissimo i due significati di "umana speranza": da un lato una speranza terrena che trasforma la carica giovanile e consente di far esplodere un sogno e di viverlo; dall'altro lato una speranza eccessiva, distante, che può svanire e svanisce.
Com'è nato il libro? Il libro è nato con Colombino. Volevo raccontare la storia di un idiota, di una persona che appare diversamente abile agli occhi del mondo. Ma sono stato del tutto incapace nell'immaginare una storia, con un personaggio simile, ambientata al giorno d'oggi, pertanto ho travato il suo tempo ideale nel periodo risorgimentale e gli ho affiancato, tra gli altri, come coprotagonisti Garibaldi e sua moglie Anita, che considero una vera eroina.
Fonti d'ispirazione? Qualunque. Nel senso che la mia predilezione per la letteratura ottocentesca e del novecento americano mi ha spinto a considerare tantissimi testi come oggetto d'ispirazione. Poi, se proprio devo scegliere tra tutti gli autori che ho considerato, scelgo Pynchon, sul quale ho realizzato la mia tesi di laurea e che identifico come mio maestro.
Quest'anno ricorre il 150° anniversario della fondazione dello Stato nazionale. Per Alessandro Mari qual è il significato di "Unità"? Durante il risorgimento i giovani volontari che appartenevano a stati e ducati differenti scendevano in strada a combattere e a morire perché già si sentivano fratelli d'Italia. Erano stranieri in patria combattenti per un sogno comune. Per me la parola "Unità" indica quel processo, al quale proprio questi giovani diedero il via e, ahimè, non ancora conseguito, che avrà come risultato l'esistenza di un'Italia unita sotto la stessa bandiera e solidale. La solidarietà è un concetto con cui tutti si abbelliscono la bocca, ma nessuno mette in pratica.
Tu come hai vissuto il 17 marzo, giorno dell'Unità? Presentando il mio libro, a dire il vero! Credo che non lo dimenticherò mai quel giorno per due motivi. Il primo è che mentre mi recavo a Vercelli, da Torino, scorgevo decine di bambini che facevano coda con i propri padri alle edicole per comprare il tricolore. In quel momento mi sono davvero commosso. Il secondo perché il 17 marzo è il mio compleanno.
Il tuo libro avrà un seguito? La storia termina nel 1849 con la caduta della Repubblica Romana, un preludio al risorgimento. Continuerai da lì oppure ambienterai il secondo ed ipotetico volume secoli dopo, magari come ha fatto Ken Follett per I pilastri della terra e Mondo senza fine?
Le quattro linee narrative le ho lasciate appositamente aperte. Per adesso penso solo a ricaricare le batterie prima di ripartire. Il libro potrebbe avere sicuramente un seguito, ma non sarà questo il mio prossimo progetto. Ho già qualche idea per il mio prossimo romanzo.
Qualche anticipazione? Assolutamente no! La pazienza è la virtù dei forti.
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03/04/2011
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