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Fuori dal coro

San Benedetto del Tronto | Riflessioni sull’endorsement del professor Novelli. Che fa il disobbediente obbedendo ad una parte.

di Laura Ripani


Più volte, da queste colonne, con il professor Renato Novelli abbiamo polemizzato. Dove, con questo termine s’intende l’antica, e nobile, arte di poter dire, ognuno, la sua. In tempi di endorsment, cito dall’enciclopedia Wikipedia, traducendo dall’inglese, “l’atto di dichiarare pubblicamente il proprio sostegno ad un candidato o a un gruppo politico in anticipo sul reale esito delle elezioni” la sua posizione è chiara e netta. Non mi sarei aspettata diversamente da un uomo che nel ’68, mi raccontano, è stato l’intellettuale cittadino per eccellenza, rappresentativo e rappresentante dell’epoca.

Ma per questo motivo, riconosco una profonda contraddizione logica in quanto egli sostiene. Dichiararsi a favore di Romano Prodi, com’è suo legittimo diritto, cozza con la successiva chiamata alle “armi” per cambiare il mondo. Essendo, con la sua stessa ammissione, organico a quel mondo.
Se davvero è più certo che egli voti Prodi rispetto al fatto “che il sole sorgerà il 9 Aprile di mattina” , per il fatto stesso che si schiera, non è disobbediente. Più o meno civile. Obbedisce ad una parte.

La legge bulgara che impone di non poter scegliere i candidati è stata voluta anche con i voti dell’opposizione. Che forse aveva nostalgia dei sovietici politburo e ha fatto a questa comodo che fosse stato il Cavaliere a intimarla. Per sfruttarla.

In Venzuela, non c’è bisogno che un candidato abbia la proprietà di tre reti. Il presidente Hugo Chavez, ogni domenica, si appropria (o espropria in maniera proletaria?) per ore di quelle nazionali unificate e non per far vedere, come in Italia, qualche velina, la Lecciso o Mara Venier. Ma per il suo solito comizio fiume. Ogni, santa, settimana. E il Consiglio dell’Onu non ha fatto una mossa in tal senso. Lì, agli italiani, li ammazzano ma tutto, per lui, va bene, fino a quando potrà accreditarsi come l’erede naturale di Fidel Castro.

Eppure, per gettare un ponte, concordo che i contenuti mediatici avvelenati, nevrotici e affidati al protagonismo sono, purtroppo, un malvezzo. Bipartisan, aggiungo. Soltanto partendo da questa base che è il sistema dei fronti contrapposti che indigna e snerva il popolo, avendo l’onestà di riconoscere questo, i principi da Novelli propugnati, possono avere una credibilità.

Per quanto mi riguarda, e proprio per sottrarmi a questo gioco nel quale devono tutti dichiarare apertamente un segreto, quello dell’urna, come consiglia la Costituzione, ho già detto che non lo farò. Non dirò su quale simbolo apporrò la mia croce. E, da giornalista, non mi interessa neppure creare movimenti o smuovere le masse. Semplicemente rilevo che per un Santoro defenestrato c’è stato, in passato, un Forattini querelato per miliardi da Massimo d’Alema che fu irritato per la vignetta sul caso Mitrokhin.

Mi auguro, insomma, che, chiunque verrà, abbia maggiore rispetto di chi c’è stato. Ho l’età e la speranza per pretenderlo. Perché la vera libertà di un popolo di misura dalla capacità di offrire alla stampa il massimo della tutela. Comunque la pensi. Anche fuori dal coro.

03/04/2006





        
  



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