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L'Associazione Nazionale Magistrati ed il difficile momento della giustizia

| Il sindacato dei giudici ha votato per il suo nuovo comitato centrale in un momento particolarmente agitato della vita politica e giudiziaria del Paese

di Ettore Picardi

Nei giorni scorsi (11-13 maggio) si è svolta l'elezione del Comitato Centrale dell'Associazione Nazionale Magistrati. Con l'occasione appare opportuno fornire qualche chiarimento  sul cosa effettivamente sia questa associazione e quali debbano essere considerati i suoi compiti istituzionali. 

L'ANM è un sindacato che raggruppa la grande maggioranza dei magistrati ordinari italiani (quindi giudici e pubblici ministeri, ma non magistrati amministrativi o militari), 8284 iscritti sul totale di 8886 in servizio, ovvero circa il 94 per cento del totale. Come tale i suoi compiti sono rivolti alla cura di interessi specifici della categoria: condizioni lavorative, trattamento retributivo, qualificazione professionale.
Tuttavia per sua natura l'attività degli iscritti comporta delle caratteristiche particolari del suo momento sindacale. Quando ad esempio si verte su questioni di organizzazione del lavoro si finisce inevitabilmente per interloquire su questioni di politica giudiziaria, in quanto ogni riforma del sistema giudiziario incide necessariamente sulle caratteristiche professionali della magistratura. Pertanto in questo ambito l'ANM può e deve dire la propria opinione, anche perchè in materia di giustizia quanto suggerisce l'esperienza concreta dei magistrati non può essere ignorato dal legislatore.

Certamente è delicato stabilire il confine di tale diritto-dovere di intervento. La magistratura associata deve esprimersi per questioni di scelte politiche che incidono sulla vita giudiziaria del Paese. Non deve intervenire ed influire su questioni che riguardino le dinamiche politiche generali, cioè influenti sulla formazione del consenso a favore dell'uno o dell'altro dei partiti o degli schieramenti esistenti. Quindi una nota critica su una scelta legislativa processuale può considerarsi opportuna, ma non certo un giudizio sull'operato di una forza politica o di un altro Potere dello Stato.

Tuttavia questa linea di demarcazione, nella nevrosi politico-giudiziaria da cui l'Italia è attualmente attraversata, è stata di fatto cancellata: ogni intervento dell'ANM viene, a torto o a ragione, interpretato politicamente da più parti.
Pomo della discordia sono anche, o soprattutto, le correnti che compongono l'ANM. Da un lato è inevitabile che una vita associativa culturalmente fertile preveda la nascita di gruppi che possano discutere e dialogare da prospettive diverse. Peraltro è molto criticata la riconoscibilità politica delle correnti esistenti, ovvero la possibilità di riferire ciascuna di esse a partiti od aree ideologiche. Anche qui il confine è facile in teoria: l'appartenenza ad una corrente non deve condizionare un magistrato nella sua attivtà d'ufficio, né deve rifletterne un'immagine politica. Ben legittimo invece è che ci si incontri secondo impostazioni comuni per meglio dibattere le questioni tecniche, informarsi ed aggiornarsi.

Nella pratica corrente è diventato impossibile individuare ciò che è lecito e corretto da ciò che non lo è. Tutti i commenti sono prevenuti in qualche modo ed ogni attività correntizia viene giudicata secondo pregiudizi di varia natura.
Va detto che per la credibiltà futura dell'ANM sarà necessario all'interno depurare le correnti da ogni forma di logica clientelare ed all'esterno interrompere legami troppo intensi tra le stesse ed alcune forze politiche.

La consultazione elettorale di questi giorni ha penalizzato le  tradizionali correnti di maggioranza e favorito quelle considerate di centro-sinistra.

I risultati sono stati i seguenti.
"Unicost" è scesa da 14 a 12 seggi, "Magistratura Democratica" è stabile a 10 seggi, "Magistratura Indipendente" è scesa da 8 a 7 seggi, il "Movimento per la Giustizia" ha guadagnato passando da 4 a 5 seggi, il debuttante gruppo di "Art. 3" ha conquistato 2 seggi.

Ancora una volta i già pochi candidati marchigiani non risultano eletti in nessun gruppo, essendo davvero pochi i magistrati locali nel rapporto numerico con le sedi di distretti ben più urbanizzati e popolosi.

14/05/2003





        
  



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