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Biologia dell’Anima

Ascoli Piceno | Culture a confronto nell’attuale dibattito referendario sulla legge 40

di Fabrizio Marini


Il dibattito sulla materia referendaria riguardante la possibilità per due coniugi di usufruire di tecniche per combattere la sterilità, compresa la controversa fecondazione eterologa, e per gli scienziati di intervenire nelle prime fasi dello sviluppo embrionale, per diagnosticare eventuali malattie o per scopi di ricerca sulle cellule staminali, ci permette di verificare direttamente l’effetto di diversi approcci culturali rispetto alla vita biologica e all’identità personale.

Diciamo subito che noi intendiamo per cultura qualcosa di molto concreto e allo stesso tempo filosoficamente delineato. Il pensiero umano in tutte le sue manifestazioni sembra intervenire rispetto alla infinita ricchezza e oscurità del mondo, sia esso interiore che esteriore, per porre limiti, confini, norme. Non intendiamo certo disquisire sulle motivazioni che inducono le culture umane a sezionare e organizzare il mondo, ma la questione dell’origine della vita ne è un esempio lampante.

Difatti il nocciolo del dibattito si costituisce intorno al momento in cui il dato biologico si fa essere umano, individuo. Se immaginiamo il processo della fecondazione come una linea continua che passa dall’avvicinamento dello spermatozoo alla cellula uovo, alla fecondazione vera e propria con la formazione della blastocisti (primo abbozzo embrionale costituito da poche cellule), all’impianto dell’embrione neoformato nell’utero e al suo sviluppo, tale processo è in tutti i suoi passi vita umana: su questo dato i due fronti sembrano essere d’accordo.

Il problema non sta nell’ammettere che tanto lo spermatozoo, quanto l’ovulo o l’embrione siano pariteticamente vita umana, ma nello stabilire lungo tale linea di sviluppo qual è il momento in cui si passa dal “semplice” dato biologico al costituirsi di una identità personale specifica e irripetibile, dotata di tutte le potenzialità intellettive e di sentimento.

Per la Chiesa è il caso di stabilire quando l’anima razionale si installa nell’embrione. Fermiamoci un attimo su questo punto. Ci sono dunque due “parti” diverse a costituire l’uomo: una parte materiale/corporale mortale e una parte spirituale immortale: l’anima. E’ il caso di far notare che il concetto di un essere scisso, diviso tra il mondo e il divino, non proviene dalla lettera dei Vangeli. Gesù difatti apparteneva al mondo ebraico che non conosceva tale separazione e nulla sapeva dell’anima.

E’ stata la traduzione greca del Nuovo Testamento a piegare l’originaria parola all’universo filosofico di Platone e Aristotele. Diciamo queste cose non per aprire un dibattito sull’annosa questione, ma per mostrare come dicevamo all’inizio che ogni nostro concetto utilizzato nella quotidianità, ha una precisa matrice culturale e storica, e non è un dato di fatto scontato. Ma non perdiamo di vista la nostra linea biologica che dall’ovulo fecondato porta all’embrione.

Sino alla fine dell’Ottocento la Chiesa faceva propria la dottrina di uno dei suoi maggiori teologi, ovvero Tommaso d’Aquino (1225-1274), il quale affermava che l’anima razionale veniva creata nell’embrione quando questo aveva acquisito una minima forma umana,  che lo rendeva in grado di accogliere tale spirito, quindi un certo tempo dopo la fecondazione.

Tale posizione è perfettamente in linea con le convinzioni del fronte laico che colloca l’origine di una identità personale almeno col il formarsi di un abbozzo di sistema nervoso, ossia dal 15° giorno in poi. Ciò consentirebbe di intervenire sull’embrione dei giorni antecedenti per scopi di sperimentazione e quant’altro.

Ma la Chiesa ha modificato la sua posizione nel secolo appena trascorso abbracciando un principio netto e non articolabile. L’anima, dice la nuova dottrina, viene creata da Dio nel momento stesso del concepimento, ossia quando i due nuclei dello spermatozoo e dell’ovulo si fondono dando origine a un codice genetico umano completo, dotato di 46 cromosomi.

Probabilmente ha influito sul cambiamento di rotta la scoperta del DNA, ossia di quella molecola che predetermina tutte le caratteristiche fisiche e in qualche modo psicologiche dell’individuo. Ne deriva che quando il DNA dell’embrione è formato, ossia nell’ovulo fecondato, lì c’è l’individuo con una propria identità.

A titolo di fonte rispetto a questa recente proposizione, citiamo il documento Donum vitae, redatto nel 1987 dall’allora cardinale Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Da tale punto di vista ogni intervento manipolatorio, sia pure di tipo terapeutico, è bandito nell’ambito dell’embrione.

La posizione laica è maggiormente articolata e viene definita comunemente gradualista, nel senso che secondo molti scienziati non è possibile fissare con nettezza il momento in cui l’embrione mostra di essere inequivocabilmente un individuo dotato di potenzialità personali. Ciò che si può affermare invece è che nei primi giorni di vita dopo la fecondazione, ciascuna delle cellule presenti nella blastocisti, non solo può dare origine a ogni tipo di tessuto (totipotenti), ma anche ognuna a un individuo diverso.

Quindi non sarebbe esatto dire che l’embrione di 5 giorni è una totalità già strutturata se ogni sua cellula potrebbe sviluppare autonomamente una persona. Quando invece dal 15° giorno comincia la differenziazione del sistema nervoso centrale, allora non vi sarebbero più dubbi sulla irrevocabilità di un processo personale unico. Come abbiamo detto in precedenza, tale posizione non sarebbe del tutto aliena da motivazioni religiose, perché in linea con le affermazioni di San Tommaso.

Ciò consentirebbe una maggiore serenità da parte scientifica nell’intervenire nei primi giorni dopo la fecondazione per eventuali diagnosi pre-impianto, cure o esperimenti a fini terapeutici. Qualcuno potrà considerare le affermazioni precedenti come dotate di maggior credito in quanto derivate dal metodo scientifico basato sull’osservazione empirica, considerata oggettiva e verificabile, ma a ben vedere la reale pratica di ricerca non si svolge esattamente secondo i canoni del metodo scientifico, poiché a influenzare lo studioso vi sono i valori e la fede che lo lega a un particolare costrutto teorico, anche se le evidenze empiriche dovessero dire il contrario.
Teniamo a tale precisazione perché da troppo tempo si tende ingenuamente a considerare il discorso scientifico come puro e aderente ai cosiddetti “fatti”. A tale proposito vogliamo citare un episodio esemplificativo. Nel 1950 la genetista americana Barbara McClintock scoprì geni per così dire saltellanti, ossia dei geni che si spostano lungo il cromosoma costituito da DNA.

Ebbene ci sono voluti trent’anni per far accettare tale assunto alla comunità scientifica che aborriva l’idea di geni mobili e solo nel 1984 la studiosa ha ricevuto il premio Nobel. Ora noi ci domandiamo: se la scienza afferma che ogni sua teoria deve essere corroborata da osservazioni empiriche perché non è stato subito riconosciuto il valore della scoperta della McClintock?
Ciò rafforza la nostra idea dell’origine culturale di ogni tipo di discorso umano, sia esso religioso, scientifico o altro. E se volessimo andare incontro a un fatto puro, rischieremmo di perderci in una serie di scatole cinesi.

17/05/2005





        
  



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