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Il silenzio e la vergogna

Ascoli Piceno | "Leggo con un certo stupore, ma di più con rabbia e fastidio, le dichiarazioni pubblicate a mezzo stampa dei luminari del centro sinistra-ascolano sull'ormai quotidiana questione della tragedia di Appignano."

di Massimo Martelli *

Leggo con un certo stupore, ma di più con rabbia e fastidio, le dichiarazioni pubblicate a mezzo stampa dei luminari del centro sinistra-ascolano sull'ormai quotidiana questione della tragedia di Appignano. Capisco bene il montaggio mediatico e la strumentalizzazione politica operata dalla destra, peraltro di basso cabotaggio politico (non credo, personalmente, che lo staff Brugni-Natali-Piunti-Crescenzi e quant'altro possa proporre, al di là del solito ciarpame qualcosa di socialmente rilevante, limitandosi piuttosto alla più scontata e becera bagarre di contenuto xenofobo e fascista).

Mi stupiscono invece gli appelli al silenzio lanciati dai nostri "pezzi da novanta" quelli che, per dirla tutta, dovrebbero rappresentare la parte avanzata, il blocco democratico, lo zoccolo duro della lotta per i diritti e la tanto decantata partecipazione pubblica alla gestione del politico. Piuttosto, le parole d'ordine sono silenzio e dissociazione.

Di fronte alla tragedia del 23 aprile, di fronte al dolore per la perdita di giovani vite, silenzio. Ha fatto male a parlare, il presidente Rossi, perché solo il silenzio - trascurando il brusio delle volgarità fasciste e dei presidi in nome dell'italianità che hanno costellato queste due settimane - può rappresentare una adeguata soluzione politica. Ma cosa c'entra la politica? Nulla per costoro, che da una parte si riempiono la bocca di belle parole sull'integrazione e dall'altra esprimono volgarità più pesanti di quelle solite del nostro vecchio squallore destrorso locale.

Meglio tacere infatti che le tragedie sono tre: quella delle famiglie delle vittime, che per sempre si troveranno private di affetti insostituibili sotto il peso dell'insostenibile della perdita dei figli; quella di un ragazzo giovane, troppo giovane, che per ciò che ha fatto porterà con ogni probabilità un peso inestinguibile sulla coscienza per tutto il resto della vita; quello, infine, di un'intera comunità che per tutto questo subirà il peso dell'infamia e dell'inquisizione. Un rogo, un atto di brutale vendetta all'altezza delle migliori pratiche disciplinari del medioevo viene oggi considerato come un atto dovuto, trascurando la gravità sociale, la volgarità razzista che sottende. Perché i Rom non hanno diritti in generale ma solo, nello specifico, diritto di tolleranza - in quanto "altri", "diversi" - fino a quando la pazienza del buon senso comune si spezza di fronte alla tragedia.

Allora è giusto che per il crimine di un singolo paghi l'intera comunità dalla quale proviene; è giusto il rogo, che rende in qualche modo giustizia; sono sensate le questioni politico-amministrative sulla buona o cattiva gestione di un campo-ghetto che proprio era meglio non ci fosse (tra l'altro esprimo la più toltale solidarietà alla compagna e sindaco di Appignano del Tronto Nazzarena Agostini); è sensato il silenzio discreto invocato dai luminari del nostro paesano centro-sinistra.
Davvero posso dire, almeno con sollievo di coscienza, che il disgusto che provo sia equamente distribuito.

Sono previste per l'immediato futuro diverse iniziative a cura del Circolo di Rifondazione di Ascoli per sensibilizzare i cittadini sulla ricchezza della cultura e della tradizione Rom, nel tentativo di strapparla al luogo comune - feroce - che la considera una patologia sociale e per questo, come in passato, chiude in tutta coscienza gli occhi di fronte alla violenza vendicativa che la nostra brava civiltà all'occorrenza le infligge.

* Segretario Prc - Ascoli Piceno 

06/05/2007





        
  



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