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Un Marchigiano D'adozione: Carlo Crivelli E Il Suo Polittico Di Sant'Emidio

Ascoli Piceno | "Opus Karoli Crivelli Veneti 1473" è la scritta che compare sullo splendido polittico realizzato dal pittore Carlo Crivelli, esposto nella cappella del Sacramento della cattedrale di Sant'Emidio ad Ascoli Piceno.

di Elvira Apone

Crivelli

Costruita al posto di un antico edificio romano riutilizzandone i blocchi di pietra, la cattedrale di Sant'Emidio presenta una facciata con imponenti colonne corinzie costruita tra il 1529 e il 1530 e all'interno si divide in tre navate risalenti alla seconda metà del 1400. La cripta è interrotta da numerose colonne in travertino di stili diversi che circondano la scultura in marmo di Sant'Emidio che battezza Polisia, la figlia del prefetto della città, Polimio, che, al tempo della predicazione di Emidio, si opponeva con violenza a qualsiasi manifestazione della nuova fede cristiana. La leggenda vuole, infatti, che sia stato proprio Polimio a far decapitare Sant'Emidio che, dopo aver raccolto la propria testa, camminò a lungo per andare a morire fuori dalla città.

Numerosi sono gli affreschi che adornano la cattedrale, ma, tra tutti, spicca appunto il polittico del Crivelli, l'unica sua opera rimasta intatta e sopravvissuta al saccheggio che tra la fine del ‘700 e la prima metà del ‘800 interessò tutte le sue opere sparse nel territorio marchigiano.

Nato a Venezia e formatosi a Padova a contatto con il Mantegna e lo Schiavone, il Crivelli, dopo un breve soggiorno a Zara, si trasferì nelle Marche, dove vi rimase fino alla morte e dove realizzò alcune tra le sue opere migliori. A dire il vero, il territorio marchigiano in cui operò Carlo Crivelli rimase circoscritto per lo più alle provincie di Macerata e di Ascoli Piceno, dove le sue opere erano molto richieste e apprezzate sia dai fedeli sia dagli ecclesiastici sia gliele commissionavano.

La sua, però, fu più una scelta di stile che una volontà di isolamento: nello stesso periodo operavano nella nostra regione artisti come Piero della Francesca e Melozzo da Forlì, ma l'area geografica in cui si muovevano, cioè quella di Pesaro e Urbino, non sembrava interessare il Crivelli, che non si lasciò mai influenzare dalla loro arte. Il pittore, infatti, portò avanti con determinazione uno stile del tutto personale che rifiutava le novità rinascimentali in favore di reminiscenze gotiche con cui, però, riusciva a combinare egregiamente il vigore e la vivacità delle figure che caratterizzavano, invece, la pittura del Rinascimento.

Sulla predella, l'unica del Crivelli pervenuta integra fino ai nostri giorni, sono dipinti dieci apostoli con in mezzo il Cristo benedicente; sopra, si trova il primo ordine con quattro santi a figura intera e, al centro, la Madonna con il Bambino. La Madonna è seduta su un trono ornato da ghirlande di frutta e fiori e la sua figura è snella ed elegante; il Bambino ha un incarnato tenue e delicato e tiene tra le mani una mela, il simbolo del peccato originale che lui stesso è destinato a emendare con il sacrificio della propria vita. Nell'ordine superiore poi, appaiono quattro santi a mezza figura con al centro il Cristo morente circondato da Maria, Giovanni e la Maddalena. La tensione emotiva che sprigionano i volti di questi personaggi è enorme, l'espressività dei loro sguardi e il pathos che riescono a trasmettere all'osservatore li rendono credibili e reali, in una parola, veri.

Nel complesso, si tratta indubbiamente di una delle opere più mature del Crivelli e, quasi sicuramente, di uno dei vertici della sua arte pittorica. Su un fondo dorato, seppure divisi in scomparti, tutti i personaggi sembrano quasi dialogare e interagire tra loro grazie alla plasticità dei movimenti, alla naturalezza degli atteggiamenti e alla cura dei dettagli con cui il Crivelli ha saputo raffigurarli.

Come in una sinfonia, in cui ogni nota deve stare in perfetto equilibrio con l'altra per creare una gradevole armonia, così questo polittico rivela una straordinaria sintonia di linee, forme e colori, una magica combinazione di elementi espressivi e decorativi e una sorprendente simmetria di corrispondenze e di contrasti che fanno di quest'opera uno degli esempi più suggestivi e rappresentativi della pittura quattrocentesca della nostra regione.

11/06/2013





        
  



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