Montale: l'arcano della sua ambigiutà
San Benedetto del Tronto | Dopo le mille polemiche suscitate dall'analisi letteraria nella prove dell'esame di Stato, il Prof. Simone Corradetti cerca di spiegare l'ambiguità della poesia che tanto ha spaesato gli studenti.
di Simone Corradetti
Eugenio Montale
Nella nostra poesia l'ambiente non è più quello tipico di Montale, l'ambiente marino di Casa sul mare, appunto, o quello turbolento e metaforico della marina della bellissima Fine dell' infanzia, o ancora la scogliera de La casa dei doganieri, poesia ben nota ai maturandi: l'unico elemento-spia della predilezione montaliana per quel genere di ambiente è la dritta palma, a cui nel finale il poeta assimila l'aspetto della persona che egli ricorda, proprio per la nitidezza, la chiarezza dei contorni che l'immagine della palma, sorta di correlativo oggettivo, gli evoca.
Ma i ricordi, che sono gran parte dell'ermetismo di Montale, e la vita stessa, generalmente, proprio per principio di poetica, non assumono mai, nell'artificio della poesia, tratti definiti e rassicuranti: su tutto grava come un'ombra che oscura le immagini che il poeta tenta di ricostruire: Montale, che in una poesia della stessa raccolta, in cui parla di sé, si equipara per l'appunto ad un'ombra ( Se un'ombra scorgete, non è un'ombra-ma quella io sono), sa bene, come esplicitamente ci dice in Non chiederci la parola, che le parole in realtà non sono strumento docile a esprimere la verità, o, per così dire, a cogliere l' idea "chiara e distinta" delle cose: le parole possono solo dar voce al non essere, al polo "negativo" della vita, non sono depositarie di alcuna formula " che mondi possa aprirti".
Montale stesso non chiede alla sua vita, come ci suggerisce in un'altra poesia, "lineamenti fissi, volti plausibili o possessi": e questo il lettore non deve chiedere o cercare nelle sue poesie.
Scrivere, per Montale, è, sinteticamente, esprimere il male della vita, male che icasticamente trova una efficace rappresentazione già nel titolo di Ossi di seppia, i quali altro non sono che l'estremo risultato del lavorio del mare che si comporta come il male nella vita con gli esseri umani: spolpa e riduce a niente e poi getta via le reliquie come qualsiasi rifiuto al margine dell'esistenza, sull'arenile, che è già, quindi, simbolo di un approdo ad un reame di morte e di fine.
Il ricordo, che, per quanto indefinibile e lontano, tuttavia affiora ancora, qui con particolare privilegio e nitidezza, nella mente del poeta, è ancora il protagonista della nostra poesia, assieme al tema del male: la pensata effigie che il poeta rammemora e che è pur connotata positivamente, quanto al suo effetto sull'animo del poeta (il cielo sotto cui, nel greto del torrente, si forma l'immagine è bianco e quieto, e l'immagine stessa sommerge le capricciose preoccupazioni con un'ondata di calma), proviene da una persona che forse, pensa Montale, appartiene ai giramondo (i raminghi) i quali sono "estenuati", cioè letteralmente "resi più sottili", cioè indeboliti, fiaccati dal male del mondo: eppure loro, così particolarmente bersagliati, cambiano di segno al male che li attraversa e li accompagna, con il quale convivono e dal quale provengono, e così, paradossalmente, esso diviene un portafortuna, da cui non riescono a separarsi, perché ormai tutt'uno con loro stessi, connaturato a loro.
Tuttavia, la prima ipotesi di Montale è che quel sorriso evanescente sia invece l'espressione di un'anima libera, schietta e spensierata, diremmo fanciullesca (un'anima ingenua).
Quanto al tema del male, inutile ricordare le immagini-simbolo che esso suggerisce al poeta in Spesso il male di viver ho incontrato, come il cavallo stramazzato e il rivo strozzato che gorgoglia.
Ma a chi appartiene, insomma, quel sorriso? E' veramente quello di una donna che al pari dell' "angelicata" Beatrice è l'unica in grado di condurre il poeta "nel mezzo di una verità"( I limoni), offrendogli, con l'Amore, la possibilità di trovare "la maglia rotta nella rete che ci stringe" ( In limine), "l'anello che non tiene, il filo da disbrogliare" ( I limoni), di superare cioè l'impedimento che più volte Montale lamenta, e così ottenere la catarsi della percezione della vita come dolore, esemplificato dai cocci aguzzi di bottiglia in Meriggiare?
Stando alle indicazioni del Ministero, si tratterebbe di una donna. Certo la donna è la muta interlocutrice di poesie come Ho sceso dandoti il braccio almeno un milione di scale, in Satura (1971), o Dora Markus, in Occasioni (1939), o la stessa Casa sul mare, e tante altre.
Altrove l'ambiguità, un po' come nei Sonetti di Shakespeare, rimane, ad esempio nel caso di un'altra evocazione di un volto che affiora , anche lì, nella memoria grigia e nebbiosa del poeta, Non recidere, forbice, quel volto, nelle Occasioni.
Nonostante le indicazioni del Ministero, che ci inducono erroneamente a pensare alla donna e al suo ruolo in Montale, una nota del volume mondadoriano che ho tra le mani ci fa soffermare sulla dedica premessa alla poesia, e cioè un "kafkiano" a K.: chi è questo signor K.? Così recita la nota (p.1070): "K. È il danzatore russo Boris Kniaseff che Montale conobbe a Genova nello studio di Francesco Messina dopo averlo ammirato al teatro Verdi mentre lavorava nella compagnia di Maria Jureva".
Dell'errore, si sono accorti tutti, come oggi leggo dai giornali.
Comunque, chiarito l'arcano, al maturando che si è accinto a commentare la poesia e che si sia avventurato tra le parole spesso irte di difficoltà e fortemente allusive di Montale, alla fine non rimarrà che questa semplice "morale" della poesia: spesso un sorriso, di qualunque provenienza, aggiunge un filo, come disse qualcuno, all'esile trama della nostra esistenza: e questo effetto esso ebbe di certo anche sul cuore di Montale, che ne fu come rischiarato, nel quieto ricordo: quel cuore che pur ogni moto teneva a vile, che raramente era squassato da trasalimenti, quel cuore che, come uno scordato strumento, in Corno inglese Montale voleva fosse percosso dal vento violento: e se il vento non ci riuscì, ora c'è riuscita, nel ricordo, la delicatezza ingenua di un sorriso.
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19/06/2008
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