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Il Partito Democratico ed il NO

San Benedetto del Tronto | Armata:"I dati di questa vittoria, dal punto di vista della politica, mi sembra ci dicano che non c’è contrapposizione tra la “Italia spaccata in due” e l’Italia del Si e del No".

di Tonino Armata*

Il quesito era difficile, la riforma confusa. Anche se molti giornali hanno fatto di tutto per riassumere i principali cambiamenti, la questione restava tecnica e giuridica. Non tutti hanno avuto la pazienza, il tempo, la preparazione per approfondire. In qualche modo però molti hanno avvertito che la pasticciata riforma buttata giù dai quattro vacanzieri di Lorenzago spezzava quel tanto d’idea di Italia che molti hanno dentro di sé, anche se si fa di tutto per non farlo vedere. La costituzione del 1948, vecchia che sia ci ha tenuto insieme per più di mezzo secolo.

Ci ha garantito, tutti. Si dovrà aggiornare naturalmente, ma affidarne il compito a quattro buontemponi durante un fine settimana in montagna, diciamolo a chiare lettere, era davvero troppo. Credo che molti (me compreso), prima dei contenuti, abbiano sentito il metodo scelto come un insulto. Questo, più che i nuovi (disastrosi) meccanismi istituzionali, ha rifiutato. Riusciranno i politici (tutti) a sintonizzarsi una buona volta con il diffuso e prevalente sentimento popolare? Quali altre campane, quali trombe, dobbiamo suonare per svegliarli?

I dati di questa vittoria, dal punto di vista della politica, mi sembra ci dicano che non c’è contrapposizione tra la “Italia spaccata in due” e l’Italia del Si e del No. Il rigetto della riforma, infatti, coinvolge l’elettorato di destra: se è quello che più si è astenuto, vuol dire che non ha sentito la questione, quando invece ha votato ha contribuito al No. La riforma voluta dal centro-destra, si è così rivelata il prodotto di una realtà politica molto parziale e una grave sconfitta per quei politici, specie in An e Udc, che l’hanno appoggiata, senza veramente condividerla.

Diversi esponenti del centro-destra sono apparsi in video per denunciare, che a votare sono andati gli elettori di centrosinistra. La cosa in sé, potrebbe essere un problema tutto interno al centro-destra: se i loro elettori, piuttosto che andare alle urne, vanno a prendere un caffè da un amico, noi del centrosinistra cosa ci possiamo fare? Con notevole abilità dialettica, invece, attraenti leader del centro-destra hanno sollevato la questione come se questa gettasse una luce fosca e riprovevole sulla frenesia militante del centrosinistra.

Tanto che, ad un certo punto, mi sono chiesto se essere andato a votare non costituisca una vera e propria soperchieria ai danni di chi, aveva altro da fare. Avessi avuto maggior fair-play, avrei dovuto astenermi e andare in barca, tanto per non infierire su un avversario che neanche lo sapeva, magari, che c’era il referendum. Perché comprare un quotidiano o tenersi informati o avere un’opinione è la classica scorrettezza della sinistra zelante e prepotente ai danni della destra spensierata e lieta. E’ un po’ come l’annosa questione dell’egemonia culturale comunista: per porvi fine bisognerebbe che quelli di sinistra la piantassero, una buona volta, di leggere libri.

* Presidente Comitato Cittadino per il Partito Democratico 

01/07/2006





        
  



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