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Il bambino fa le smorfie – parte I

San Benedetto del Tronto | Una storia umoristica - ma non troppo - dedicata a tutti coloro che hanno bimbi piccoli. Il nuovo racconto del Professor Francesco Tranquilli.

di Francesco Tranquilli

Bambino

Il bambino fa le smorfie - parte I

Camilla entrò in salotto con Albertino in braccio.
"Amore, il bambino fa le smorfie"
Ci vollero alcuni secondi perché Filippo emergesse dalla lettura delle più recenti esternazioni populiste del Presidente del Consiglio e facesse mente locale su quella recentissima, indefinibile, della moglie.
"Che cosa fa?"
"Una smorfia: fa brrrrrleaaaah." Camilla fece tremolare il capo e saettare la lingua, come attraversata da una scarica elettrica, mentre imitava il verso che, a suo dire, era prodotto dal figlioletto di pochi mesi.
Filippo si prese ancora qualche secondo di pausa, che usò apparentemente per abbassare e ripiegare il quotidiano, rinunciando a leggerlo. Mentre si tratteneva dal sospirare profondamente, perché sua moglie non lo interpretasse come segno di insofferenza o, peggio, di sufficienza, nella sua mente si prospettò un elenco di possibili risposte, come accadeva al robot assassino di Terminator. Le risposte erano: a) sei matta; b) lasciami in pace; c) non è niente di grave, sta' tranquilla...; ma infine, come purtroppo gli accadeva spesso, scelse l'opzione peggiore, la d), che voleva essere sdrammatizzante ma otteneva immancabilmente l'effetto contrario.
"Mentre lo stavi allattando, forse?"
Camilla si accigliò all'istante, addensando nuvoloni neri sul soffitto del salotto, come forse solo Zeus sapeva fare, ai suoi tempi.
"Cosa vorresti dire?"
Filippo produsse un sorrisetto ingenuo che non avrebbe ingannato nemmeno Alice mentre dormiva sull'albero.
"Niente. Magari il tuo latte ha preso il sapore di qualcosa che hai mangiato: certi alimenti gli danno un aroma forte. Per esempio, cipolle..."
"Ovviamente no!"
"...aglio... no... vediamo... cicoria, carciofi, fragole, porcini, gulasch...?"
"No, no, no, no e no! Tu non mi prendi sul serio: ma è anche tuo figlio, sai. E se stesse male?"
"Vediamo, allora..." Filippo si alzò in piedi, e decise di fingere di assecondare la moglie impostando un'indagine razionale su un fenomeno che, fin da subito, aveva diagnosticato come fisima da apprensione materna incontrollata. "Com'è esattamente questa smorfia? Rifammela"
"Brrrrrleaaaah."
"Ancora."
"Brrrrrl... Un momento, ma hai voglia di scherzare?"
"Lungi da me... Dunque, questa smorfia, o verso che dir si voglia, l'ha fatta spesso?"
Sentendosi presa sul serio, Camilla si sforzò di collaborare al meglio.
"Qualche volta, negli ultimi giorni. Di punto in bianco smette di ciucciare, mi guarda, e poi fa brrrl...."
"....leaaaah. Ho capito. Smette di ciucciare, allora forse è proprio..."
"Ma anche quando non ciuccia. L'altra notte l'ha fatto nel sonno, sognando."
"Mentre tu dormivi?"
"Ehi: lui dormiva ! Sennò come facevo a vederlo ?"
"Eh, giusto, sì. Be', non so che dirti..."
"Se fosse un tic?"
"Un tic?"
"Sai, come quelli che strabuzzano gli occhi, e si mangiano le unghie: se crescesse col tic delle smorfie, sarebbe terribile. Povero bambino. Tutti i compagni lo sfotterebbero a morte. Le maestre lo prenderebbero di mira, sarebbe un emarginato. Non troverà mai una ragazza. Finirà solo e abbandonato. Una vita distrutta. E tutto per via di questo tic non curato. Ah, ma io dò la colpa a te: chiedi a tuo padre, gli dirò, quando ce lo rinfaccerà, da grande."
E le nuvole sul soffitto del salotto iniziarono a sciogliersi in lacrime negli occhi di Camilla.
Filippo si sentì preda di una leggera vertigine, un offuscamento dello sguardo come quando ci si alza in piedi troppo di scatto. Dopo tanti anni avrebbe dovuto essere avvezzo a queste accelerazioni di tragicità che la moglie gli riversava addosso a giorni alterni, eppure ne era sempre colpito alla sprovvista e le subiva con ansioso distacco e insieme con meraviglia, come chi contempla una tempesta che sconvolge l'oceano stando al sicuro nel porto.
Con la differenza che Filippo non era affatto al sicuro nel porto, ma in mezzo ai flutti in un guscio di noce. E questo rendeva incomprensibile, e tanto più eroico, il sangue freddo che riusciva a mostrare in tali frangenti.
"Sì, amore: hai ragione. Telefona subito alla pediatra."
Avendo ricevuto un assennato consiglio, dettato da saggezza, buon senso e malcelata disperazione, Camilla lo prese per quello che valeva.
"No."
"No, e perché?"
"E' una matta scossa: mi odia. Ed è un'incompetente. Non mi fido affatto di quella tipa: chiamala tu."
"Va bene: prendo un appuntamento?"
"Tanto non ti risponde al telefono: ma oggi riceve. Andiamo subito in ambulatorio."
"Giusto."


Fine parte I

10/07/2009





        
  



3+3=

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