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La mostra Lupus in fabula

Arquata del Tronto | La mostra personale dell’artista rumena Marinela Asavoaie, curata da Gloria Gradassi, s’inaugura domenica 23 luglio presso gli scavi archeologici del Palazzo dei Capitani.

Con il patrocinio del Comune di Ascoli Piceno e del Ministero per i Beni e le Attività culturali, s’inaugura, domenica 23 luglio alle 21, presso gli scavi archeologici di Palazzo dei Capitani ad Ascoli Piceno, la mostra Lupus in fabula, personale dell’artista rumena Marinela Asavoaie (1978), a cura di Gloria Gradassi. Radici storiche ed eventi contemporanei s’avvicinano in un cortocircuito tra epoche lontane, che l’artista Asavoaie mette in scena, evocando la memoria storica contenuta nello spazio, come radice comune nell’identità dei popoli europei.

Il progetto artistico è costruito sulla linea di confine tra utopia e realtà, mondi paralleli e intrecciati, tra la leggerezza poetica dell’immaginario infantile e la consapevolezza adulta della sua fragilità. Da questa frattura, che è la metafora di una frattura più grande, quella storica dei paesi postcomunisti, emerge la personalità forte di un’artista che sa appropriarsi di tutti i linguaggi dell’arte contemporanea. La mostra infatti è un progetto unitario che Asavoaie ha studiato per il suggestivo spazio degli scavi romani. Un’installazione visivo/sonora a cui si accompagna una performance, in cui voce e immagini formano un tessuto unico al quale le mura romane fanno da cassa di risonanza costituendone un elemento fondamentale. Asavoaie infatti interpreta lo spazio romano come culla culturale, passato comune di molti territori europei con destini diversi, che oggi nuovamente si confrontano dopo la caduta del comunismo. Dunque un riferimento lontano che metaforicamente rimanda al presente, e all’esperienza dell’artista che emigra da est a ovest portando con sé una cultura ed un’esperienza uniche.

Il giorno dell’inaugurazione Marinela Asavoaie presenta la performance La donna eroina in cui racconta in modo emblematico la figura della donna nei regimi comunisti. Anche qui c’è una frattura, un momento di passaggio: quando la festa finisce e il matrimonio si è celebrato, la luce della candela si spegne, e la donna cambia ruolo, assume il suo posto, è soldato, lavoratore, ingranaggio di una macchina socio-culturale che si muove ad un ritmo stabilito.

Il racconto di Asavoaie è filtrato dalle tradizioni rumene, che l’artista recupera con orgoglio per preservarne la memoria di fronte ai cambiamenti che si stanno verificando nel rapporto con l’Ovest e con le prospettive globali. Di fronte all’esperienza della spersonalizzazione nel comunismo, di fronte alla difficoltà della condizione dell’emigrazione, Marinela Asavoaie racconta le favole del suo paese, in una sorta di rapporto di appartenenza/rifiuto nei confronti della sua patria e della sua storia, da evadere nella realtà, ma da raccontare come una fiaba, un patrimonio da portare con sé come una casa, un rifugio interiore. Le voci che si rincorrono nella spazio degli scavi archeologici sono come un abbraccio, una protezione, e ripetendosi all’infinito creano una sorta di barriera, un isolamento impermeabile che diventa una sorta di patria intima, ricreata poeticamente attraverso evocazioni.

Pur nella complessità del progetto le tecniche impiegate sono volutamente semplici e tradizionali, i materiali non rielaborati: il disegno, la pittura, la voce, la stoffa, evocano un quotidiano semplice, ed il lavoro manuale come patrimonio culturale. Asavoaie infatti ha realizzato con il suo intervento personale tutti gli elementi di questa mostra, dipingendo, disegnando, cucendo, raccontando, per delineare letteralmente con il suo corpo la propria identità artistica. 

13/07/2006





        
  



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