Addio ad un sincero amico di viaggio
| L'estremo saluto a Emidio Galiè da parte dell'amico Clemente Ciampolillo
di Clemente Ciampolillo
Ci sono dei giorni che non vorremmo mai vivere; capitano dei giorni che non vogliono finire mai.
John Donne, nella sua prefazione al libro "Per chi suona la campana", scrive:
"Nessun uomo è un'isola, intero in se stesso.
Ogni uomo è un pezzo del Continente,
una parte della Terra.
Se una zolla viene portata dall'onda del mare,
l'Europa ne è diminuita,
come se un promontorio fosse stato al suo posto,
o una Magione amica, o la tua stessa Casa.
Ogni morte d'uomo mi diminuisce,
perché io partecipo dell'umanità.
E così non mandare mai a chiedere
per chi suona la campana:
Essa suona per te".
Se una qualsiasi morte non può lasciarci indifferenti, doppiamente ci colpisce nell'anima quella di una persona amica, di una persona conosciuta e stimata.
Ci colpisce la Tua morte, perché con te va via una parte di ciascuno di noi.
Come una giovane quercia sei caduto immaturamente, facendo notare la Tua assenza a tutti, ma chi ti piangerà sinceramente sarà chi su di te aveva costruito il suo nido, la sua casa, la sua vita.
Domani, sulla nostra vecchia agenda, saremo costretti a cancellare un numero telefonico, ma non il Tuo nome che resterà nel nostro cuore come un solco profondo, incolmabile.
Non è demagogico pensare che non si muore veramente finché si vive nel cuore e nel ricordo di chi si è stimato. Tu continuerai a vivere nel ricordo dei tuoi figli, di tua moglie, della tua famiglia, dei tuoi alunni, dei tuoi colleghi, di chiunque abbia avuto la fortuna di conoscerti e apprezzarti.
Sempre onesto e sincero, in ogni tuo ruolo, con te stesso e con quanti ti circondavano, in ogni circostanza: non avevi preoccupazioni a guardare negli occhi i tuoi interlocutori perché retta è stata la strada che hai percorso, per quanto ti è stato dato, sia nelle giornate splendenti che in quelle tormentate.
Erano queste le tue doti più lampanti e spiccate: il tuo acume nel comprendere cose che, forse, ad altri sfuggivano, e il saperle risolvere con quella facilità che era estrinsecazione di determinazione e certezza di idee.
Non sei vissuto invano. Purtroppo, così come a Mosè non fu consentito da Dio calpestare la Terra Promessa, a Te non è stato dato avere frutti dei tuoi sacrifici.
Una vita finalmente spensierata, tre bimbi da crescere, con un orizzonte limpido e raggiungibile, non ti è stata accordata.
La sorte ha preferito spegnere il tuo faro.
Prematuramente, ingiustamente, tristemente.
E' oggi il giorno del nostro addio e del nostro cristiano arrivederci a chissà quando.
Non è facile farlo, non è possibile esportelo con la gravità ed il peso che, nel cuore, ciascuno di noi oggi sente.
Eppure dobbiamo: è la sorte, direbbe Verga o Deledda.
"Gli uomini sono canne: il vento il loro destino".
Consentimi, tuttavia, di salutarti citandoti una poesia di Ada Negri :
"Fammi uguale, Signore, a quelle foglie
moribonde che vedo oggi nel sole
tremare dall'olmo sul più alto ramo.
Tremano, sì, ma non di pena: è tanto
limpido il sole, e dolce il distaccarsi
dal ramo per congiungersi alla terra
Fa ch'io mi stacchi dal più alto ramo
di mia vita, così, senza lamento,
penetrata di te come del sole"
Ecco, illudiamoci sia così: la tua vita, come una foglia verde, si è staccata dolcemente verso la terra ed è ora illuminata e custodita nelle mani di Dio.
Se ciò ci conforta!
Ma giunge il momento di accomiatarci, con la malinconia e la tristezza che questo evento crea in ciascuno di noi.
Addio, quindi: ti sia lieve e breve questo Tuo obbligato viaggio verso quella Luce in cui hai sempre fermamente creduto; ti sia leggera la terra che coprirà il tuo forte corpo; ti accompagni la certezza del nostro ricordo, del nostro affetto, del nostro rimpianto.
Possa il tuo primo incontro essere con chi Ti ha voluto bene e colà Ti ha preceduto; i nostri amici che, prematuramente, come te, hanno guadato il fiume della vita.
Noi non ti dimenticheremo.
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15/07/2004
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