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Piceno d'Autore 2016: premiato Sandro Ferri; la Venetia di Tiraboschi incanta la Palazzina Azzurra.

San Benedetto del Tronto | Il fondatore della casa editrice e/o, riceve il "Premio Nazionale all'Editor 2016"; a ritirarlo, la sua collaboratrice Gabriella Fago. Presente all'incontro, l'interessante autore della casa editrice, Roberto Tiraboschi, con il suo ultimo romanzo.

di Umberto Sgattoni

Nella serata del "Premio Nazionale all'Editor" di Piceno d'Autore 2016 - assegnato a Sandro Ferri - la "Venetia" di Roberto Tiraboschi ha rapito ed incantato la Palazzina Azzurra.

Quella di sabato 23 luglio - come d'altronde previsto e programmato da Piceno d'Autore nella sua sezione dedicata ai riconoscimenti (Sezione Universo Editoriale) - era serata di premiazione; tuttavia, essa si è rivelata anche interessantissima occasione ed opportunità per approfondire un autore, come Roberto Tiraboschi che, stando almeno a quanto espresso ed emerso nel corso dell'appuntamento culturale - per taglio, qualità e spessore narrativo e di stile, non meno che in termini di fascinazione di trama ed originalità di ambientazione - sicuramente merita debita e particolare attenzione, quantomeno da parte di quei lettori, che sono attratti da romanzi storici/noir di autori contemporanei e di un certo fascino ed estro.

Purtroppo, il premiato Sandro Ferri, per un inatteso impegno familiare non ha potuto essere della serata; e dunque, non ha potuto ritirare personalmente il premio.

"Premio all'Editor 2016" di Piceno d'Autore - pertanto - consegnato, per interposta persona, alla collaboratrice e Coordinatrice di Redazione delle Edizioni e/o, Gabriella Fago.

Ha coordinato l'incontro culturale, un altro uomo di cultura di altissimo profilo: quel Roberto Ippolito - che come ha detto Mimmo Minuto presidente dell'Associazione "I Luoghi della Scrittura" - "è personalità di assoluto rilievo nazionale nell'ambito dell'organizzazione culturale, nonché valente giornalista e scrittore".

Come puntualmente ha annotato l'avvocato Silvio Venieri de I Luoghi della Scrittura, nell'enunciare le motivazioni connesse all'assegnazione del "Premio Nazionale all'Editor" a Sandro Ferri, la scelta affonda le radici in un humus di buonissime ragioni.

Innanzitutto perché sin dagli inizi, la Casa Editrice e/o - fondata dallo stesso Ferri con Sandra Ozzola (sua moglie) nel 1979 - è stata protagonista di una delle più interessanti, singolari e vivaci storie imprenditoriali dell'editoria italiana indipendente degli ultimi 40 anni; e si è rivelata tale, non soltanto per merito di un approccio improntato ad una meticolosa e fiorente ricerca e sperimentazione, ma anche perché, nell'ambito più concreto e pratico della propria attività editoriale ha saputo conseguire e consolidare nel tempo, eccellenti e lusinghieri esiti e risultati.

E questi, sono stati certamente il frutto di una particolare attenzione rivolta a quei contesti che generalmente le case editrici maggiori, ritenevano marginali; non meno che prodotti, dalla volontà e dal desiderio di creare ponti ed aperture nelle frontiere letterarie più disparate, per stimolare il dialogo ed il confronto tra le diverse culture.

Ed in ciò, particolarmente significativa appare la scelta del nome della casa editrice stessa: "Il nome e/o" della casa editrice - dice Gian Carlo Ferretti nel suo Storia dell'Editoria letteraria in Italia. 1945-2003 - "può significare sia Est/Ovest sia e/oppure".

E cioè a segnalare e denotare, non soltanto la propria predilezione a spaziare in ogni direzione (sia ad est che ad ovest) nell'universo letterario, ma anche il senso di un profondo e radicato convincimento che - in fondo - opposizione e congiunzione, non si escludano fra loro.

Ed è proprio in questo orizzonte di senso, che si è articolato il cammino delle Edizioni e/o; dapprima rivolgendo il proprio interesse verso la letteratura dell'Est Europa - oltre cortina - addentrandosi in un fiorente e variegato tessuto di autori ed opere di grande valore e qualità, che al tempo vivevano ancora un clima di ostracismo o strumentalizzazioni politiche.

Poi, pian piano, l'orizzonte di e/o si è allargato; esplorando, in termini letterari - per esempio - l'America, non perdendo - tuttavia - la vocazione e lo spirito delle origini: e cioè, indirizzando la propria ricerca fuori dai sentieri consuetudinariamente battuti e praticati dai gruppi editoriali più grandi e prediligendo - piuttosto - percorsi e versanti meno noti, ma non per questo meno interessanti.

E così, le Edizioni E/O hanno consentito di scoprire opere ed autori di grandissimo interesse ed originalità - di ogni parte e contesto del mondo - letterariamente sconosciuti ma, vivi, significativi ed originalissimi nelle loro espressioni artistico-culturali e nelle loro peculiarità connotative di un contesto culturale ed autoriale, magari e tantopiù locale e specifico.

La storia, quella delle Edizioni E/O - dunque - di una casa editrice che ha improntato il proprio lavoro sulla cura dei particolari e su una particolare attenzione per alcuni elementi cardine ed imprescindibili: la qualità dei libri e degli autori (non meno che delle traduzioni); una spiccata sensibilità per l'universo autoriale femminile; l'interesse per contesti letterari marginali solo sulla carta, ma - piuttosto - dotati di un colore, di un calore, di uno spessore e di un radicamento che ben rappresentano ed esprimono l'anima e l'essenza profonda di radici ed humus locali e contestuali, singolari, inediti ed interessanti.

Altresì, la Casa Editrice E/O, ha rivelato di avere uno spiccato e notevole sesto senso di "talent scout": diversi autori che hanno pubblicato per la casa editrice - infatti - poi, vuoi per aumento di vendite, fama o accresciuto potere contrattuale - si sono "accasati" altrove.

La filosofia di E/O, tuttavia, è rimasta sempre la stessa.

Ed oggi la E/O è considerata una delle più prestigiose case editrici indipendenti sul territorio italiano (con spiccatissima propensione a stabilire e a consolidare un dialogo proficuo e continuativo con le librerie indipendenti); e, - dopo tanti anni di impegno profuso in esperimenti per far dialogare culture diverse e tradurre autori poco conosciuti ma assolutamente meritevoli di emergere - nel 2005 ha dato vita all'Europa Editions (con sede a New York): che, non tradendo la storica passione per lo scambio culturale e per il dialogo che caratterizza le Edizioni E/O, si prefigge l'obiettivo di creare un nuovo, solido e proficuo ponte tra le culture europee, quelle del sud del mondo e quella nord-americana; lavorando nella valorizzazione dell'Italian Style, per esempio, ma anche e soprattutto pubblicando e promuovendo la diffusione di libri di qualità, caratterizzati da rarità e pregio delle traduzioni.

Un approccio coraggioso e un impegno lavorativo notevole; ma che certamente, ha dato i suoi frutti.

Come infatti ha opportunamente segnalato Roberto Ippolito, nel 2015 la Casa Editrice e/o ha fatturato 20 milioni di euro di cui 12 in Italia e 8 in Gran Bretagna e negli Usa; e ciò - ha rimarcato l'Ippolito - perché si è saputa contraddistinguere per una raffinata ed appassionata ricerca di autori (italiani e stranieri) di altissima qualità, rivelando anche "un particolare fiuto per i Nobel" se consideriamo che Svetlana Aleksievic e Alice Munro, hanno pubblicato diversi loro libri per la casa editrice.

Tra gli autori di rilievo e di successo pubblicati (o che sono stati pubblicati) dalla casa editrice e/o, si segnalano: Lia Levi, Alice Sebold, Benjamin Tammuz, Christa Wolf, Veit Heinichen, Bohumil Hrabal, Jean Claude Izzo, Massimo Carlotto, Kazimierz Brandys, Christoph Hein e Muriel Barbery.

Inoltre, la Casa Editrice e/o è quella del fenomeno (e caso editoriale) Elena Ferrante: un'autrice che ha saputo catalizzare l'attenzione del pubblico e dei lettori, per la sua qualità; per il mistero che si cela dietro ad una figura di scrittrice (almeno questo lo sappiamo) con un nome fittizio e senza volto; per il riscontro di mercato ed il notevolissimo successo editoriale che ha avuto, non soltanto in Italia ma anche a livello internazionale.

La seconda parte dell'incontro culturale, ha invece focalizzato la propria attenzione sull'ultimo romanzo di Roberto Tiraboschi "La Bottega dello Speziale. Venetia 1118 d.C."; il secondo libro di una coinvolgente, appassionante e suggestiva trilogia che si ambienta nella Venezia medievale: quella Venetia - cupa e misteriosa, ma non per questo non affascinante e dai caleidoscopici colori e chiaroscuri - ancora ben lontana dagli splendori della Serenissima del Cinque-Sei-Settecento.

Roberto Tiraboschi, è drammaturgo e sceneggiatore di navigata esperienza (Piccolo di Milano; ha collaborato con diversi registi italiani quali Silvio Soldini; Liliana Cavani, Marco Pontecorvo; Pasquale Pozzessere) ma anche ottimo narratore, e non certo all'opera prima.
Ci troviamo di fronte - dunque - ad un narratore che sa il fatto suo e sa maneggiare la materia letteraria incandescente, con quella sapiente capacità artigiana di raffinato ed abile cesellatore. O piuttosto, - diremmo - dato il caso specifico, come un mastro fiolaro (i maestri vetrai della Venezia medievale) d'altri tempi. 

Di certo - per sua stessa ammissione - la Saga ambientata nella Venetia medievale è costata al Tiraboschi, ben due anni di lavoro, nella frequentazione di Archivi di Stato, Biblioteche, studiosi ed archeologi: e ciò, allo scopo di fornire il romanzo di un impianto di ambientazione e ricostruzione storica dettagliata, solido e credibile.

Il romanzo - dunque - si configura innanzitutto, come un viaggio inedito e stupefacente in una Venezia medievale mai narrata prima.

Una Venezia cupa e complessa, nella quale alle vette di grandi slanci di spiritualità, corrispondono - per contro - gli abissi di gesti, caratteri ed aspetti di inaudita crudeltà, violenza e sadismo.

Ed è in questa città, dominata da istinti primordiali ed eccessi di ogni genere, oltre che arcani segreti e misteriosi chiaroscuri, che l'amanuense Edgardo (già protagonista del primo romanzo della saga La Pietra per gli occhi) - supportato dall'ambigua e misteriosa Magister Abella (unica donna a svolgere la professione di medico nella Venetia del 1118) - deve risolvere un caso delicato, addentrandosi e calandosi in un universo variegato e popolato da medici e speziali; becchini, mercanti orientali e fiolari, non meno che da intrighi, segreti e misteri indecifrabili.

I caratteri e gli ingredienti per un giallo storico di tutto rispetto - stando alle premesse - ci sono tutti.

Roberto Tiraboschi - che ha avuto modo di approfondire nel dettaglio caratteri e ragioni del suo romanzo nel corso del suo intervento nell'incontro culturale - ha avuto anche la gentilezza di concederci una brevissima intervista. E, nel sottolineare come da un lato fosse di per sé stesso attratto ed affascinato dal mistero delle origini di una città che per motivi familiari ha frequentato, dall'altro ha annotato come questo interesse, gli sia stato anche acuito non solo dall'indubbia fascinazione intrinseca insita nel medioevo (certamente età misteriosa oscura e complessa, ma non meno affascinante e significativa per le basi e gli sviluppi dell'Umanesimo e Rinascimento successivo), ma anche per il fatto che gli risultasse che in letteratura non vi fosse alcun romanzo o opera letteraria che trattasse, riguardasse o si ambientasse nella Venezia delle origini, quella medievale, appunto.

Occasione propizia - la lettura del libro - per potersi calare in una storia di assoluto godimento; in una narrazione coinvolgente ed avvincente, in cui sapientemente agli ingredienti tipici del romanzo storico/noir di una certa qualità, si accosta uno stile denso ed intenso, originale e laborioso, assolutamente degno di nota; ma pure un'opportunità immancabile per respirare le atmosfere ed addentrarsi nelle calli di una Venezia inedita e sconosciuta; in un viaggio forse ancora più affascinante (forsanche perché avvolto nel mistero e nell'ignoto) in una città che consuetudinariamente - per quanto concerne fascino e fascinazione - non è seconda a nessuno, ma che siamo abituati a conoscere e a visitare sotto diversa luce.

Senza dubbio, la sapiente maestria dell'attrice Roberta Palladino - che ha letto qualche pagina del romanzo - ha introdotto con magistrale perizia e potenza nell'atmosfera autentica del romanzo; rivelandone altresì tratti e caratteri, singolari, affascinanti e di notevolissima e suadente fascinazione.

In primo luogo - a nostro avviso - abbiamo riscontrato un ritmo narrativo che ha il pregio (ed il carattere) di non risolversi ed estinguersi in quella consueta agilità impressionistica che forse ci si aspetterebbe - di consuetudine - da un romanzo di genere (giallo o noir che sia), di medio livello e/o largo consumo, teso maggiormente (o più semplicemente) alla mera cura del ritmo incalzante e sostenuto, e meno rivolgendosi - piuttosto - a quello della forma e dell'attenzione al dettaglio: aspetto - quest'ultimo - assolutamente non secondario, a nostro parere. Anzi, discriminante e significativo per avvalorare se ci troviamo di fronte ad un romanzo di buon livello o ad uno - per così dire - onesto ma non eccezionale.

Ebbene - stando alle pagine mirabilmente lette dall'attrice Roberta Palladino - non possiamo non constatare che gli elementi per dire che ci troviamo di fronte ad un romanzo storico di buon livello, ci sono tutti: ottima caratterizzazione dei personaggi; descrizioni dettagliate ed accurate a fare da supporto ad una trama dalla giusta tensione ed intensità narrativa che si aggrappa ad un fondale storico credibile ed articolato, dosando con sapienza tutti gli ingredienti necessari per un romanzo che sappia tenere incollati e con il fiato sospeso, fino all'ultima pagina.

A questo - last but not least, ultimo nell'enunciazione, ma non secondario nella valutazione complessiva - da segnalare una squisita e meticolosa ricerca linguistica ed uno stile narrativo caratterizzato da una forte e marcata impronta e vocazione di sperimentatore.

"Sentivo il bisogno" - ci ha detto il Tiraboschi romanziere e narratore (in riferimento ed in rapporto alla sua consolidata esperienza e rinomanza di drammaturgo e sceneggiatore) - "il bisogno di raccontare con più libertà, senza le ferree regole del cinema e del teatro, ancorate comunque a tante figure (prima fra tutte quella del regista) a tanti schemi e strutture".
E certamente, la sua fortuna di narratore, ci parla di una libertà, che ha saputo fiorire e fruttificare, buoni esiti autoriali.

"La letteratura" - ha detto Roberto Tiraboschi - "deve saperti portare dentro un mondo che ti affascina, che ti trascina; in una lettura avvincente che porti il lettore fino in fondo"; e certamente il suo romanzo storico, si prefigge questo, dosando ed alternando colpi di scena a mirabile ed estrema cura dei particolari, sia nelle descrizioni che nelle caratterizzazioni dei personaggi e nelle pieghe e sentieri avvolgenti della trama.

Quando abbiamo chiesto al Tiraboschi se vi sia un autore, che a titolo personale abbia a riferimento, non ha esitato a dirci Umberto Eco.
Non sta a noi dire, quanto nell'intensità e nella densità della sua scrittura, vi sia - per così dire - l'impronta ed il respiro del maestro.
Certamente, dalle pagine lette che abbiamo avuto modo di ascoltare, possiamo dire di avere di fronte un romanzo/giallo-storico non superficiale e che si distingue per densità ed intensità di scrittura.

"Quello che conta, in un libro" - si è detto convinto il Tiraboschi - "è che il lettore, abbia il desiderio di arrivare fino in fondo".

Quanto al fatto se egli ci sia riuscito, ora, non resta davvero al lettore che dirlo.
Calandosi in quella sua Venetia, mirabilmente tratteggiata - che ha incantato la Palazzina Azzurra e rapito il pubblico di Piceno d'Autore 2016 - e viverne così gli umori, le sensazioni, gli intrighi e le trame, i personaggi, le situazioni, i contesti e le vicende, addentrandosi tra le sue calli ed i suoi misteri.

24/07/2016





        
  



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