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Anita Garibaldi Hibbert ad Acquaviva Picena per un incontro sulla figura dell’”Eroe dei due mondi”

San Benedetto del Tronto | La pronipote in discendenza diretta di Giuseppe Garibaldi, Anita Garibaldi Hibbert, è stata ospite del Comune di Acquaviva Picena giovedì 23 luglio alla fortezza medievale, per un incontro sulla figura del suo bisnonno. Intervista esclusiva.

di Maria Teresa Rosini

Giuseppe Garibaldi

La pronipote in discendenza diretta di Giuseppe Garibaldi, Anita Garibaldi Hibbert, è stata ospite del Comune di Acquaviva Picena giovedì 23 luglio per un incontro, svoltosi alla fortezza medievale, sulla figura del suo bisnonno.

Hanno partecipato alla serata con interessanti interventi il dott. Mario Arezzini, cultore appassionato della storia del generale; il dott. Elpidio Capriotti, che ha parlato sul tema "Garibaldi fu ferito", rievocando in particolare il rapporto dell'eroe risorgimentale con il proprio fisico e i problemi di salute con i quali ebbe a che fare, comprese le ferite procuratesi in battaglia; il dott. Pistelli Pietro che ha rievocato le vicende del rapporto del generale con Mazzini; infine la stessa Anita Garibaldi ha voluto offrire una immagine più intima e sfaccettata del suo antenato mostrandone aspetti meno conosciuti o esplorati.

Al termine dell'incontro la signora Garibaldi ha acconsentito con grande disponibilità, a continuare con noi una conversazione sulla figura del nonno e sul suo rapporto con questa "eredità" così importante per la storia del nostro paese.

Come ha "incontrato" la figura del suo bisnonno nell'infanzia, cosa ricorda?
Le vicende del mio bisnonno erano così compenetrate nella vita della mia famiglia che da sempre, da quando ho avuto consapevolezza e ricordi, esse già facevano parte di me della mia vita quotidiana.
Il primo ricordo che ho, documentato da una foto, è di me che consegno una bandiera dell'Italia ad un reggimento, in piedi su un tavolo perché avevo tre anni. Più tardi durante l'infanzia, mi sono cimentata con attività di sapore militare come il tiro al bersaglio...

Chi le ha parlato di più di lui?
Ma...era tutta l'atmosfera che si percepiva in casa, ricordo mio padre con una camicia rossa... sono vissuta in un ambiente completamente impregnato della storia e delle vicende del mio bisnonno. Più tardi mi ha parlato di lui mia nonna...ma ero già più grande.

Cosa ha comportato nella sua vita, sia come condizionamenti che come opportunità, l'essere nipote di un personaggio così importante per la storia del nostro paese?
Condizionamenti molto seri, la gente ti guarda quasi come un animale dello zoo, vogliono, delle volte, proprio toccarti. E' stato un condizionamento soprattutto nell'adolescenza, quando si è alle prese con la costruzione della propria identità... è stato un problema grosso tanto è vero che a 12 anni avevo deciso che mai avrei sposato un italiano.
Ed è stato un condizionamento continuo anche a livello famigliare: essere uno della famiglia ha comportato anche delle rivalità in quanto ognuno ha cercato di essere colui che più degli altri sa rappresentare la figura di Garibaldi. Questa rivalità si è verificata anche con persone che in realtà non sono della famiglia. Ce ne sono tante che addirittura hanno presentato il mio libro dicendo di essere me, e usato il mio curricolo con i giornalisti.
Si tratta di un desiderio di partecipare a questa identità ideale che non è da condannare in assoluto, ma che si esplicita con modalità scorrette... del resto io non vado ad impelagarmi in contese giudiziarie di cui neanche i miei nipoti vedrebbero la conclusione...

Quando poi, questa identità l'ha accettata?
A 16 anni ho lasciato l'Italia. Mi sono formata all'estero studiando in Gran Bretagna. E' stato per volontà di mia nonna, che è stata molto forte e determinata. Mia nonna era la nuora di Garibaldi, ne aveva sposato il figlio Ricciotti. Passò con lui gli ultimi 18 mesi a Caprera. Loro si parlavano in inglese: la terza moglie di Garibaldi era infatti molto gelosa e questo era l'espediente per poter parlare liberamente. In particolare con la nuora, allora molto giovane e con due bambini piccoli, il generale poteva parlare del periodo sudamericano e di Anita, che era stato il suo grande amore.
Mia nonna andava a prendere Garibaldi all'alba e lo conduceva , ormai paralizzato, a passeggio con la carrozzina per Caprera e lui le raccontava le molte vicende che io ho potuto conoscere proprio attraverso di lei e che poi ho provveduto a documentare con mie ricerche perché probabilmente allora la memoria del generale non era più lucida e confondeva tempi e avvenimenti.

Oggi, la figura di Garibaldi, come viene vissuta dagli italiani, in particolare dai giovani?
Ricordo le celebrazioni per il centenario della morte nel 1982: ero a Caprera, la piazza della Maddalena era piena di autorità (Craxi, Spadolini, Lagorio) ma anche di gente comune.
Lo scorso anno, invece, per il bicentenario della nascita invece eravamo in pochissimi.... Poca considerazione da parte del "Palazzo", in questa occasione, per uno di coloro che "hanno fatto l'Italia" e anche la gente è poco attenta alla conservazione della memoria storica del paese....
C'è stato uno slittamento di valori in questi ultimi dieci, quindici anni che ha coinvolto anche il Risorgimento, poco conosciuto (oggi non lo si studia fino alla terza media) e per questo non sempre adeguatamente valorizzato.
E' necessario riscoprire la figura di Garibaldi e svelarne tutte le sfaccettature perché diventi patrimonio ed eredità condivisa dell'intero paese.

Secondo lei qual è la caratteristica umana più rilevante ed anche più attuale del suo bisnonno?
Come dicevo ieri l'amore per la libertà, il desiderio che fosse un valore e un bene godibile da tutti... In questo senso era aperto a un mondo "globale" già a quei tempi, un mondo libero in cui tutte le identità nazionali non fossero ostacolo alla libertà di altri.
Le sue proposte federaliste, di cui parlavo nell'intervento, non avevano nulla a che vedere con quelle attuali perché l'obiettivo allora era di creare anche una forte identità nazionale che doveva realizzarsi attraverso una formazione culturale, le scuole, le università (Garibaldi ha contribuito alla fondazione di diverse università per adulti).
In realtà poi prevalse l'impostazione sabauda e si realizzò uno stato accentrato, mentre il meridione venne in qualche modo emarginato: la coesione culturale non si realizzò e le "distanze" si accentuarono con conseguenze che scontiamo probabilmente ancora oggi.
L'elemento simbolico che Garibaldi individuava parlando di libertà era il mare, quello spazio sempre nuovamente riproposto tra un punto e il suo orizzonte gli dava, appunto, una dimensione visiva della libertà. Non a caso il mare è stato la sua passione di sempre, anche se viene ricordato come condottiero più che comandante di navi, quale è stato per lungo tempo girando tutto il mondo.
E lui era davvero un uomo libero: era e si sentiva libero, ed è difficile esserlo perché comporta dei prezzi che lui certamente ha pagato. Inoltre Garibaldi sentiva tutto il mondo come casa sua, come una "famiglia allargata" con cui condividere il valore della libertà e le battaglie per conquistarla.
Lottare per la creazione di uno stato italiano, di una nazione, non rappresenta una contraddizione con la sua curiosità e apertura verso il mondo perché in un mondo libero un'identità nazionale e un senso di appartenenza storico culturale è indispensabile per incontrare gli altri.
E purtroppo il senso di appartenenza degli italiani si è come gradualmente sgretolato negli ultimi anni: pensiamo all'episodio in cui si è gridato: "Una, dieci, cento Nassirya" bruciando i fantocci che rappresentavano i nostri soldati; o ai recenti atteggiamenti di misconoscimento e disprezzo dell'inno nazionale e della bandiera italiana.
Riconoscerci nei simboli e nei segni esteriori della nostra appartenenza e nel loro rispetto è riconoscere chi siamo, da dove veniamo, è avere del rispetto anche per noi stessi.

28/07/2008





        
  



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