Ludovica Polidori, del Liceo Rosetti, vince la terza edizione del Premio Scriviamoci
San Benedetto del Tronto | Si è conclusa ieri sera, nella cornice del Ninfeo di Villa Giulia, la terza edizione del Premio Scriviamoci, promosso dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, dal Centro per il libro e la lettura, dalla Fondazione Bellonci.
di Redazione
Ludovica Polidori
Si è conclusa ieri sera, nella bella cornice del Ninfeo di Villa Giulia, la terza edizione del Premio Scriviamoci, promosso dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, dal Centro per il libro e la lettura, dalla Fondazione Maria e Goffredo Bellonci e da Toyota Motor Italia.
Ha vinto Ludovica Polidori, del Liceo Scientifico Rosetti, già finalista nell'edizione 2016. Il suo bel racconto, dal titolo Z-WIET, è stato selezionato fra i quindici testi destinati alla pubblicazione in volume e presentato al Salone del libro di Torino; poi, pochi giorni fa, dalla Fondazione Bellonci è giunta la comunicazione che la studentessa era fra i tre premiati. Ludovica è stata invitata con i genitori alla serata conclusiva della LXXI edizione del Premio Strega.
In questa bella cornice, è stata proclamata vincitrice del concorso, alla presenza del pubblico selezionato dello Strega, e ha ricevuto il premio dalle mani di Romano Montroni, presidente del Centro per il Libro e la Lettura, e da Stefano Petrocchi, direttore della Fondazione Bellonci. Vince un viaggio a Nizza, a cura della Toyota Motor Italia e uno stage di due giorni a cura della scuola di scrittura Molly Bloom di Roma.
Ludovica si è imposta su un folto gruppo di concorrenti.
I numeri infatti del Premio Scriviamoci 2017 sono alti: 750 racconti, coinvolti studenti di 268 scuole, delle quali 165 licei, 57 istituti di istruzione superiore, 35 istituti tecnici e 11 scuole italiane all'estero.
Tra le scuole partecipanti, numerose quelle dislocate nel Lazio e nell'Italia del Sud: Lazio, 55; Campania, 28; Calabria, 26; Sicilia, 23; Umbria, 19; Puglia, 17; Lombardia, 14; Emilia, 14; Marche, 13; Veneto, 11; Piemonte, 8; Sardegna, 6; Abruzzo, 5; Basilicata, 5; Toscana, 4; Friuli, 3; Liguria, 3; Molise, 2; Trentino, 1.
Si chiedeva agli studenti di scrivere un racconto incentrato sul rapporto tra uomo, macchina e ambiente. Ludovica ha costruito un racconto originale, tenero e insieme forte nel definire il suo personaggio, Z-WIET.
La Dirigente Scolastica, Stefania Marini, che ha seguito con interesse e partecipazione gli sviluppi del concorso, ha espresso la sua soddisfazione per il bellissimo e non inatteso, per le doti mostrate, risultato della studentessa, osservando che l'apertura del Liceo Rosetti al territorio, l'impegno dei docenti di Lettere nella formazione degli studenti, nella valorizzazione delle abilità e delle competenze, la consolidata collaborazione con la Fondazione Bellonci, continuano ad offrire esiti proficui e ottime prospettive. Ha in particolare ringraziato Mimmo Minuto per aver inserito il Liceo Rosetti in un circuito culturale che ha consentito di fruire di belle opportunità per valorizzare gli studenti.
Da Roma, il primo pensiero di Ludovica è stato ringraziare la sua docente di lettere, prof.ssa Francesca Nanni, e la prof.ssa Adelia Micozzi, che cura le relazioni con la Fondazione Bellonci e le attività concorsuali della scuola.
Z-WEIT
"Non è".
"Che vuol dire che non è?".
"Che non è".
Così hanno detto alla Mamma e al Papà, "Non è".
Le bianche mani dell'infermiera l'hanno tirato fuori dalla pancia della Mamma e, restando bianche, toccandolo così freddo e liscio hanno detto "Non è".
La Mamma e il Papà l'hanno guardato e poi si sono guardati e si sono detti "È". Z-Weit, così l'hanno chiamato la Mamma e il Papà.
"Tutte le bimbe ti invidieranno il naso alla francese, Z".
Così dice sempre il Papà e Z si chiede cosa sia il naso alla francese, in fondo siamo tutti uguali e tutti abbiamo un naso quindi che necessità c'è di sottolineare che un francese abbia il naso, si chiede Z.
Si guarda nello specchio e il suo riflesso mostra un pezzo d'acciaio fisso nel mezzo del volto, tra gli occhi e la bocca.
Corre dal Papà e vede che il suo naso è rosa.
Torna allo specchio e il suo riflesso mostra due narici in linea d'aria con gli occhi.
Corre dal Papà e vede che le sue narici sono sopra la bocca.
Torna allo specchio e il suo riflesso mostra un pezzo d'acciaio dritto dritto, che più dritto non ce n'è.
Corre dal Papà e vede che il suo naso è dritto dritto.
È proprio lo stesso naso del Papà, pensa Z, sì, ho ripreso proprio il naso dal Papà.
Però il Papà quando starnutisce non spara fuori quella nube grigiastra che ha fatto gli aloni sul soffitto e quando il Papà starnutisce, Z e la Mamma non indossano le mascherine bianche. "Perché indossate quelle cose?", protesta ogni volta Z quando vede la Mamma e il Papà coprire i loro bei volti con quei pezzi di plastica bianca, che dentro resta bianca e fuori sulla superficie diventa nera nera in pochi secondi.
"Perché ci ammaliamo anche noi Z, se tu stai male".
E comunque, nota Z, mica il Papà starnutisce sempre, mica il Papà ha perennemente il raffreddore.
Invece Z sì: il Papà dice che l'ha ereditato dal nonno.
"Sai molte caratteristiche fisiche si riprendono dai nonni".
"Ma non è solo il colore degli occhi che si riprende dai nonni?", ribatte Z che a scuola sta studiando genetica.
"No".
Allora la Maestra avrà sbagliato, pensa Z, lo dice alla Maestra che si riprende molto dai nonni e non solo il colore degli occhi, e la Maestra gli mette quattro.
Le sue dita bruciano, bruciano sempre e puzzano, puzzano tanto.
Dalle giunture con le nocche spuntano cinque lunghe cannucce bianche e alla fine bruciano, bruciano le cannucce e puzzano. Fanno cadere sempre cenere, queste cannucce, cenere che si infila ovunque, sul tavolino in sala, sulla moquette, nell'acquaio di là in cucina. Cenere che la Mamma deve raccogliere ogni volta che il Papà invita la domenica a casa quel suo amico grasso e bevono la birra (la cenere è arrivata fin sui tappi e ricopre il collo delle bottiglie che sono nel frigo) e guardano la partita alla TV, sbracati sul divano, con i copricuscini che coprono non i cuscini, ma la cenere.
Maledetta cenere, la Mamma lo sgrida sempre, ma in fondo non è colpa sua, non è colpa tua Z. Una volta la Mamma l'ha trovato in bagno: s'è strappato una cannuccia fumante ed ha una grossa e nera ferita all'altezza della nocca numero quattro della mano destra.
"Perché l'hai fatto?".
"Perché non ne posso più di questo bruciare e di questo puzzo".
"Dammi la mano che ora la curiamo".
E la Mamma con tanta pazienza, inforca gli occhiali, li spinge su per il naso un po' adunco, li spinge su con il suo bel dito indice rosa e con l'unghia verniciata di rosso, prende ago e filo, fruga nella pozza di cenere sotto il water, cerca e cerca la cannuccia e una volta trovata, la cuce all'altezza della nocca numero quattro della mano destra.
"Non ha".
"Che vuol dire che non ha?".
"Che non ha".
Così ha detto alla Mamma e al Papà, "Non ha".
L'omone col camice continua a guardare gli occhi di Z, continua a non capire, quegli occhi non sono né marroni, né verdi, né celesti, né bianchi, né neri, non sono di nessun colore, e la pupilla? dove si nasconde la pupilla? Nel referto medico tutto quello che scrive è "Non ha".
La Mamma e il Papà l'hanno guardato, hanno guardato l'omone col camice e si sono guardati e si sono detti "Ha".
Z-Weit al posto degli occhi ha due lampadine a incandescenza.
Ha due lampadine tanto grandi che quando ha mal di testa, quando guarda la TV col Papà, quando disegna con la Mamma, quando guarda la lavagna a scuola, diventano bollenti che se le tocchi ti bruci le dita o quasi. Ha due lampadine che come tutte le lampadine risentono di variabili e hanno una forma di imprevedibile follia. In sintesi: s'accendono e si spengono in modo aleatorio, così Z a volte vede, a volte no.
Il Nonno ha insegnato a Z che le forme delle lampadine sono infinite, ma otto sono quelle principali e per ognuna c'è un nome: Goccia (come gli occhi della Nonna), Oliva (come quelle che sgranocchia il Nonno mentre racconta del mondo a Z), Tortiglione (che non è un tortellino enorme, dice il Nonno), Sfera (come la palla con cui gioca Z e che buca per via delle sue gambe-trivelle), Peretta (come quelle che mangia la sua cuginetta Maria), Fiamma (come quelle che escono dalle sue dita quando si arrabbia), Tubolare (come i cavi della TV che non funziona quando tira vento), Ellissoidale (come la traiettoria del Sole attorno alla Terra).
I suoi occhi da 35 Watt sono a volte pericolosi, dice l'omone col camice qualche anno dopo aver detto "Non ha". La Mamma e il Papà non sono preoccupati, ma quando nel 2012 alla TV si dice
"STOP ALLE LAMPADINE A INCANDESCENZA" la Mamma e il Papà si guardano, guardano Z e spengono la TV.
La Mamma, quella volta che Z ha bruciato una sua amica, gli ha raccontato la storia di Edward "Z c'è una creatura come te, sai, solo che non ha le cannucce alle mani, no, ha delle lunghe lame fredde e d'argento, solo che non può amare nessuno, perché se amasse qualcuno lo ammazzerebbe con le sue stesse mani, però lui ama comunque tutti quanti, tutti quanti, e così devi fare tu Z, devi amare tutti, ma non devi amare fisicamente".
Ma un giorno Z, stufo delle prese in giro dei coetanei, scappa, scappa di casa e corre via, corre sulla sua pseudo-bici e pedala pedala pedala, col vento che sbatte in faccia e secca le sue lacrime dolci e il muco fuligginoso si secca sotto al naso, che poi in realtà si secca sulla fronte, tutto si secca, pure il cuore.
La Mamma lo trova a tarda sera, steso sul prato a guardare le stelle, ancora piange Z. La Mamma si stende vicino a Z, attenta a non pestare nel buio le cannucce sempre fumanti, e si corica, piangono insieme, Z e la Mamma, silenziosamente, la Mamma e Z, poi si alzano e tornano a casa. Quella notte la pioggia batte sui vetri delle finestre, Z ha paura, Z fa brutti sogni, Z vede un'ombra sull'anta dell'armadio, Z sente le persone che ridono e ridono, Z piange ancora nel suo letto, Z si alza e va dalla Mamma che è in bagno e si sta infilando la vestaglia, la vestaglia che scivola su quel corpo caldo e rosa, su quel corpo di pelle e peluria bionda.
Z cinge le braccia tremanti al petto della Mamma, la Mamma che brucia piano piano per via delle dita che sputano cenere che arriva fino al cuore della Mamma che sussurra "Non amare mai Z".
Amare vuol dire ammazzare.
La colpa non è tua, Z.
Non è colpa tua se non sei.
Non è colpa tua se il tuo naso è così all'insù, alla francese come dice il Papà - hai cercato sul Web la dicitura NASO ALLA FRANCESE e sono apparse foto di persone con un nasino dalla punta rivolta verso il cielo, hai visto il tuo riflesso e nello specchio hai visto che il tuo naso è per davvero all'insù, è proprio al contrario, con le narici appiccicate agli occhi, che quando starnutisci ti si coprono le palpebre del tuo muco fuligginoso.
Non è colpa tua se le tue dita sono sigarette, che la Mamma premurosamente ha denominato cannucce - piccolo errore visto che quella volta hai cercato di infilarne una nel bicchiere d'aranciata ed hai cercato di tirar su, ma il succo non saliva, tu tiravi su su e non saliva niente e la Mamma è accorsa e ha messo una vera cannuccia in quel bicchiere d'aranciata.
Non è colpa tua se hai due grandi lampadine a incandescenza al posto degli occhi, che bruciano pure queste e che fanno del male e che sono state eliminate dall'anno 2012, non è colpa tua se tutto quello che fai è rovinare il mondo, Z, non è colpa tua se tutto quello che fai è uccidere le persone lentamente e inconsapevolmente, Z.
La colpa non è tua Z, se nel mondo si sciolgono i ghiacciai, se il clima sta cambiando, se il mare si sveglia ogni giorno e decide di allungare le sue gambe di qualche millesimo di millimetro, la colpa non è tua se le lacrime sputate dal cielo corrodono le cose, corrodono le persone.
La colpa non è tua se c'è un buco lassù, che si allarga sempre più, come i buchi che ti piace fare tra le maglie della lana con cui la Nonna ti crea quei maglioni un po' strambi, un po' buffi.
La colpa non è tua, o del tuo naso, se il soffitto di casa tua è pieno di aloni, o se il soffitto di questo mondo sta diventando sempre più nero, sempre più pesante, che prima o poi ci soffocherà, che prima o poi ci cadrà addosso, che prima o poi si vendicherà, che prima o poi ci ammazzerà. E come tua mamma cercava di ripulire il soffitto della cucina, noi cerchiamo di ripulire il soffitto del mondo, e come tua nonna cercava di ripararti i buchi sui maglioni, cuciamo i buchi e, per quanto siamo abili con l'ago e il filo, cerchiamo di aggiustare anche gli orli di questa enorme coperta, e come tuo Papà ti asciugava le lacrime che rigavano le tue guance grigie e ripuliva le tue labbra dal muco fuligginoso, così noi asciughiamo le cose e le persone da questa pioggia corrosiva, e come tuo Nonno schiacciava la Siesta alla due del pomeriggio dopo il pranzo domenicale, noi schiacciamo le gambe al mare che ogni mattina si stiracchia un po', fa stretching e s'allunga.
La colpa non è tua, Z.
Sei il figlio di tua Mamma, di tuo Papà, di una generazione, di mille generazioni, di miriadi di scienziati, che hanno fallito e che hanno non fallito, di mia Mamma, di mio Papà, del mio gatto e del tuo cane, della scuola, degli amici, delle gonne e delle camicie.
Corri veloce Z, più veloce che puoi, più veloce della luce, quella stessa luce che è dei tuoi occhi, che è nei tuoi occhi, non farti acchiappare o ti uccideranno, ti uccideranno quelli che ti hanno inventato, quelli che ti hanno creato, quelli che ti hanno imballato, quelli che ti hanno pulito, quelli che ti hanno usato, quelli che ti hanno gettato, quelli che ti hanno smaltito.
I tuoi Genitori ti uccideranno.
E allora Z-Weit, corri e sii libero, libero come il vento.
Ludovica Polidori classe 4D
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07/07/2017
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