Luca Telese: Qualcuno era comunista
San Benedetto del Tronto | Una vera macchina da guerra il suo parlare veloce, pieno di richiami, di episodi, di aneddoti che delineano un quadro della storia italiana degli ultimi ventanni, per dare ragione della crisi di rappresentanza e di identità della sinistra italiana.
di Maria Teresa Rosini
(Foto: A. Cellini)
Luca Telese, enfant prodige del giornalismo italiano e conduttore del programma televisivo Tetris de La7, ha presentato ieri sera, in una Palazzina colma di un pubblico vivace e recettivo (come lo ha definito lo stesso giornalista), il suo nuovo libro "Qualcuno era comunista".
Una vera "macchina da guerra" il suo parlare veloce, in cui si rincorrono riferimenti, episodi, aneddoti che delineano, in una rapida evocazione di tempi e spazi, un quadro della storia italiana degli ultimi vent'anni, per dare ragione della crisi di rappresentanza e di identità della sinistra italiana.
Un discorso dal di dentro, visto che nella formazione e nella lettura dei fatti, lo sguardo dell'autore è comunque lateralizzato "a sinistra". Ma è uno sguardo spietato che si pone l'ambizioso obiettivo di comporre i frammenti, sparsi in un paio di decenni di storia, di un puzzle che dia conto di una non certo esaltante attualità.
L' ‘89, con la caduta del Muro di Berlino e la disgregazione delle solide appartenenze ideologiche che avevano connotato l' interpretazione del mondo e la storia nazionale per quattro decenni, è il paradigma centrale, lo spartiacque che, secondo Telese, ha fatto sì che il PCI "non avendo studiato abbastanza sia giunto al momento dell'interrogazione con la storia impreparata".
Questo nonostante già attraverso lo "strappo" compiuto da Berlinguer al 25° Congresso del PCUS e il mancato "compromesso storico", la storia avesse in qualche modo additato un futuro che, tuttavia, non avrebbe lasciato immaginare questo approdo così incerto e controverso.
E' da lì che la mancata condivisione circa il "cosa diventare" se non più comunisti e la perdita di riferimenti che avevano caratterizzato per decenni l'appartenenza, trasformano in un lutto non elaborato la militanza di molti iscritti testimoniata dalle scissioni e dal disorientamento rabbioso col quale viene accolta la svolta della Bolognina e dalla storia successiva fino all'approdo della costituzione del Partito Democratico.
L'ascesa del berlusconismo interverrà poi a complicare il quadro generale, confondendo un'opinione pubblica in cerca di identità e nuovi strumenti di lettura della realtà con la trasformazione del linguaggio e dei simboli di una politica assurta a spettacolo che sembra però saper coagulare gli aspetti storicamente più negativi e degradati della società italiana in un consenso ancora oggi inspiegabile.
Qual è quindi, in questo oggi tormentato della sinistra, l'identità in cui possa riconoscersi una base orfana di prospettive?
Attraverso una sorta di rincorsa ed emulazione verso il basso, la sinistra avrebbe perso, secondo Telese, la capacità di essere opposizione credibile del berlusconismo, chiudendosi in una torre d'avorio che non disdegna l'elargizione di una condiscendente benevolenza verso il "nemico", testimoniata dalla scarsa incisività con la quale le questioni, a cominciare da quella morale, vengono poste e affrontate.
Se Obama è riuscito a reinventarsi un sogno per il futuro e ad offrire all'opinione pubblica americana segnali chiari ed univoci circa la sua "possibilità", la nostra "sinistra" sembra lontana dal possedere questa capacità evocativa.
La difficoltà a riconoscersi in un patrimonio comune di valori ed esperienze rende gli italiani un popolo dalla memoria emotiva ed utilitaristica che la cultura della televisione e dei reality ha reso ancor più labile e concentrata sul presente a fronte di un'antipolitica sempre più aggressiva, portata a sacrificare alla conoscenza della cruda verità la dimensione della speranza e della "possibilità".
Toccare il fondo può significare, secondo Telese, trovare le estreme energie per risalire: c'è bisogno di un'azione politica, leggibile ed univoca, dato che "nel mondo mediatico nel quale viviamo le azioni contano", c'è bisogno di gesti che suscitino una reazione più articolata e intellettuale nel giudizio politico dell'opinione pubblica.
Forse è ancora la costruzione di una nuova cultura della politica e l'individuazione di pochi irrinunciabili obiettivi e valori condivisi quella strada, sempre evocata, che da decenni non ci riesce di percorrere.
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09/07/2009
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