“Fai piano quando torni” di Silvia Truzzi ha fatto tappa a San Benedetto del Tronto
San Benedetto del Tronto | Il 22 agosto, nell’ambito della rassegna “Incontri con l’autore”, la giornalista Silvia Truzzi ha presentato, al Circolo Nautico di San Benedetto del Tronto, il suo romanzo “Fai piano quando torni”.
di Elvira Apone
"Fai piano quando torni"
Mercoledì 22 agosto, nell’ambito della XXXVII edizione della rassegna “Incontri con l’autore”, organizzata dall'associazione culturale "I Luoghi della scrittura" e dalla libreria La Bibliofila con il patrocinio e il contributo dell'Amministrazione Comunale, la giornalista Silvia Truzzi ha presentato, al Circolo Nautico di San Benedetto del Tronto, il suo primo romanzo dal titolo “Fai piano quando torni” (Longanesi editore).
“Fai piano quando torni”
Due donne, due mondi diversi e distanti tra loro che non si sarebbero mai incontrati se non fosse stato il caso a volerlo. Perché forse, nella vita, niente avviene per caso. Margherita, trentaquattrenne bella e ricca, vittima di un inguaribile dolore che si porta dentro e che non riesce a metabolizzare, quello per la perdita del padre avvenuta otto anni prima e quello, più recente, per la rottura del suo legame con il fidanzato Francesco, conosce, durante il suo ricovero in ospedale in seguito a un incidente stradale, Anna, settantaseienne di umilissime origini, che, nonostante la miseria, i sacrifici e un matrimonio infelice, ha conservato, soprattutto grazie all’amore di un uomo che non vede da più di sessant’anni, ma con cui ha sempre continuato ad avere un’appassionata corrispondenza epistolare, quell’atteggiamento di apertura, di libertà e di amore verso la vita che Margherita, invece, sembra aver perso: “La signora Anna, invece, no. È una di quelle persone indistruttibili. Ma non perché ha scelto solo se stessa, o perché non sente. Perché è, naturalmente, viva. Dice sì, mai no. Si avvicina e non si allontana. Non cerca una giustificazione della sua esistenza, se non nei minuti della sua vita. Non guarda gli altri per vedere nelle loro mancanze le sue vittorie. È. Solo questo. Le piace vivere. Mangia, ama, fuma. Io, trentaquattro anni, pelle d’avorio e gambe sottili, molti soldi e la vita davanti, venderei l’anima per essere lei”.
È da questo incontro-scontro, da cui nascerà una profonda e sincera amicizia che cambierà la vita di entrambe, che si sviluppano le vicende delle due protagoniste del romanzo “Fai piano quando torni” (Longanesi editore) di Silvia Truzzi, un romanzo che, con lievità e ironia, ma anche con originalità e acutezza, dipinge la vita così com’è, in tutti i suoi molteplici chiaro scuri. Conducendo la narrazione su due piani diversi, quello di Margherita, l’io-narrante che racconta la storia dal proprio punto di vista, e quello dello scambio epistolare tra la signora Anna e Nicola, due piani che corrispondono ad altrettanti registri linguistici, l’autrice si insinua tra le pieghe dell’anima di due donne che riescono, ciascuna a proprio modo, a superare il dolore della perdita trovando la chiave del cambiamento e della rinascita e, attraverso le loro esperienze di vita, ricostruisce una fitta rete di rapporti tra gli individui e, di conseguenza, dei sentimenti che li animano. Un caleidoscopico groviglio di sentimenti che, poco a poco, esplode e si evolve attraverso un’affascinante e avventurosa esplorazione dell’universo femminile e di quello maschile, tratteggiati in tutte le loro possibili sfaccettature e in tutta la loro umana e, talvolta contradditoria, complessità; un pullulare di volti, di gesti, di parole, di silenzi, di sensazioni, di emozioni che arrivano direttamente al cuore di chi legge con l’intensità e la potenza di una scrittura viva, concreta, scorrevole e immediata.
La rabbia e il dolore di Margherita per la perdita del padre prorompono sin dalle prime pagine in tutta la loro autentica verità: “I pensieri cui ero più affezionata erano due. Il primo: perché lui? Era un uomo buono. Non lo dico perché sono sua figlia. Era davvero generoso, attento, gentile. Ci sarà pure stato uno più stronzo da richiamare in fretta e furia un giorno assolato di agosto? Non avevo mai trovato una risposta sensata a quella domanda, peraltro piuttosto insensata. Allora avevo avuto un’altra idea, inconfessabile: trovare un vice, un sostituto. Non ero pronta a restare senza padre, senza qualcuno che mi proteggesse”; l’incomprensione che divide Margherita da sua madre verrà superata solo dopo un sofferto percorso di maturazione, che porterà finalmente la figlia a comprendere di non essere l’unica a dover sopportare l’angoscia della perdita: “A un certo punto l’ho lasciata sola, perché non sopportavo di vederla così. Lo so, sono una stronza. Ma ho scoperto che la perdita di un familiare è difficile da gestire anche perché cambiano i rapporti interni, ognuno ha delle rivendicazioni da fare. Chi ha perso un padre, chi ha perso un marito”; l’indifferenza e la freddezza che oscurano il rapporto tra la signora Anna e sua figlia Raffaella sono frutto di un assurdo senso di vergogna che la figlia prova nei confronti della madre che, seppure con amarezza, è arrivata ad accettarlo con coraggioso disincanto: “la signora Anna più la conoscevo, più l’ammiravo. Non solo perché tutto quello che aveva se l’era conquistato, cosa che io non potevo dire di me stessa. Ma perché aveva fatto una strada lunghissima, partendo dal nulla. Soprattutto non si era mai arresa, era una lottatrice nata. E aveva sviluppato un sano distacco dalle persone che le facevano del male. Perfino dalla figlia, anche se la cosa la angosciava molto.”, anche se non può fare a meno di interrogarsi sul suo ruolo di madre: “Pensi che sono una cattiva madre? No, signora Anna, penso che non c’è un modo buono o cattivo di essere madre. Credo che s’instaurino delle relazioni più o meno fortunate tra esseri umani, credo che i genitori non debbano tentare di tirare su qualcuno che sia per forza come loro, ma aiutare una persona nuova a diventare indipendente, a fare da sé”; il rancore e il rimpianto di Margherita per la fine della sua relazione sentimentale con Francesco, che l’ha subito sostituita con un’altra, creano come un filo sottile ma opprimente, che attraversa tutta la storia fino alla liberazione finale: “Vivere per non avere niente da rimpiangere è come non vivere. Chissà questa nuova lei, nel tuo letto, se la pensa come te. Se non ha bisogno di niente. Tu che dividi i tuoi respiri con un’altra persona che non sono io: ma come cazzo fai? Se non vi avessi visti, non ci crederei” e la sua paura di non riuscire più ad amare come prima ne sottolinea la naturale fragilità: “Mi fa paura una sola cosa: non ho mai amato nessuno come ho amato Francesco. Non ho mai provato quel tipo di comunione, di senso di appartenenza. Ho paura che non succeda più”. Eppure, è sempre e soltanto l’amore, l’amore che si colora di tinte diverse (“Ma ci sono molti tipi di amore, di passione, le sfumature sono tante…”), l’amore che sopravvive alla distanza del tempo e dello spazio, tenuto in vita dalla fedeltà ai sentimenti: (“Certamente la signora Anna era stata fedelissima ai suoi sentimenti per Nicola. E lui pure. Forse era questo miraggio ad affascinarmi così tanto in quei due.”), l’amore che è serena accettazione dell’altro così com’è (“I genitori sperano sempre che i figli vengano fuori meglio di loro, che abbiano vite più felici: io non ci ero riuscita, ma al di là di chi ne avesse la responsabilità alla mamma andavo bene com’ero”), l’amore che sopraggiunge inaspettato (“Non capisci che mi rivedrai, tutti i giorni, per molto, moltissimo tempo”), a spazzare via ogni timore, ogni risentimento, ogni sofferenza, ogni debolezza e a risanare le ferite del cuore, proclamando a gran voce la sua straordinaria vittoria.
Un romanzo questo, in cui Silvia Truzzi ha saputo narrare i sentimenti e le emozioni con il lucido distacco dei grandi narratori e con la giusta ed equilibrata sensibilità di un’abile scrittrice; un libro che si fa leggere tutto d’un fiato, che commuove e diverte, che fa riflettere e sorridere; una storia di speranza che, sin dall’inizio, cattura il lettore e, con garbo e sincerità, lo conduce per mano fino all’ultima pagina.
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30/08/2018
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