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Il Tar accoglie il ricorso presentato dalla famiglia Venturato

San Benedetto del Tronto | “La notizia è passata negli ambienti sportivi e nella cronaca locale con disinteresse, quasi con fastidio, per certi versi, perché ricorda un periodo oscuro nella storia della Samb calcio che invece si vuole rimuovere, dimenticare”.

di Nazzareno Torquati

La notizia che il Tar  Marche, dopo dieci anni, ha per ora accolto il ricorso presentato dalla famiglia Venturato è passata negli ambienti sportivi e nella cronaca locale con disinteresse, quasi con fastidio, per certi versi, perché ricordano un periodo oscuro nella storia della Samb calcio che invece si vuole rimuovere, dimenticare.

Eppure di materia da dibattere ce ne sarebbe tantissima.

Il Tar praticamente ha dichiarato che una squadra di calcio, con tutta la sua storia, non rappresenta un patrimonio cittadino, un bene collettivo, e che il Sindaco nella sua funzione istituzionale di garante e tutore del bene comune non può esercitare nessuna prerogativa sindacale per la sua salvaguardia.

Nemmeno in presenza di una tragedia sportiva come quella che si stava vivendo nell’ estate del 1994 e che chiaramente prefigurava un allarme pubblico ed un incrinatura della coesione sociale nella città.

Città che stava perdendo un punto di riferimento e di rappresentanza all’ esterno fondamentale.

Per cui il sentire comune, i sacrifici economici fatti, le passioni profuse per affermare primati calcistici e far risplendere la città rientrano, secondo i giudici del Tar Marche, nella sfera delle illusioni e non hanno nessun presupposto giuridico ed anzi diventano perseguibili e penalizzanti perché intaccano la proprietà privata.

Pertanto il chiamare a raccolta, gli slogan urlati a squarciagola dai supporter, tipo “siamo noi, siamo noi”, quel sentirsi tifosi viscerali e quasi combattenti di un ideale o di una guerra santa, diventano espressione vacua, illegittima, frustrante, immaginaria.

Questo è il calcio moderno.

La Samb è stata la Samb nel periodo pionieristico, quando un’ intera città si spese, con passione e denaro, per  dar modo ai dirigenti locali di rappresentare un fenomeno unico nel calcio dell’ epoca.

Fu quella la Samb che il sindaco Perazzoli ed il gruppo di imprenditori  della Sportinvest salvò dall’ oblio con la speranza di restituirla alle forze locali.

Oggi la Samb è diventata merce di scambio dove una tifoseria esageratamente mutevole deve fare i conti anche con i propri errori. Sempre numerosissima ed esaltata quando si vince, feroce quando si tentenna, assente nei momenti difficili.

Bisogna far tesoro delle esperienze passate e pensare  al futuro in termini diversi. Magari recuperando i rapporti con l’ attuale proprietà, aiutandola in uno sforzo comune per  tornare ai valori originali e renderli compatibili con l’ attualità.

04/08/2004





        
  



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