Mobilitazione ai tempi di Internet
San Benedetto del Tronto | Con il passare degli anni la mobilitazione è mutata radicalmente di senso, cambio evidente non solo dallo spostamento delle proteste dalle piazze fisiche a quelle virtuali, ma dall'inesorabile impoverimento dei contenuti delle rivendicazioni
di Alice Galasso
E' stato in un non troppo lontano 1989 quando si svolsero i già noti fatti a Tien An Men - la porta del cielo.
" [...] Sono partiti in cinquantamila e sono arrivati che non si potevano più contare. A ogni incrocio, gruppi di giovani che tornavano o andavano al lavoro lasciavano le loro biciclette contro gli alberi e si univano agli studenti. [...]" scriveva Ilario Fiore in Tien An Men, una cronistoria asettica in cui viene analizzato il particolare periodo storico che seguì l' improvviso decesso di Hu Yaobang. Centinaia di migliaia di universitari si riversavano nelle strade di Pekino, un corteo inaudito, così compatto da spiazzare le autorità di una dittatura ormai in dissolvenza.
Come il dragone di un'antica parabola cinese - ricordiamo la tradizionale leggenda di Mastro-Ye la quale narra che il mitico animale avrebbe preso vita da un banale disegno - nel suo cammino verso la grande piazza travolgeva con la sua maestosità ogni centimetro quadrato di terreno e famelico ed irrefrenabile inglobava al suo interno chiunque fosse di passaggio.
Il 15 aprile i movimenti studenteschi iniziavano una lunga marcia - con tanto di scioperi della fame - verso la svolta radicale nell'assetto politico della Repubblica Popolare con una piattaforma a dir poco rivoluzionaria, ripudiando i costumi corrotti della classe dirigente, reclamando un ritorno ai veri sani ideali del comunismo cinese, insomma proclamandosi portavoce di una necessità impellente di democrazia da parte del popolo.
Furono gli universitari, dunque, niente più che lo 0,2%, un puntino insignificante nel bel mezzo di una massa analfabeta e ignorante, a prendersi carico della salvaguardia del bagaglio di valori del Paese, riappropriandosene.
Visto e considerato che in un antico repertorio di luoghi comuni è incluso un detto del tipo "la storia si ripete", me ne vorrei servire per avanzare una serie di considerazioni, facendo un raffronto tra due realtà a mio avviso completamente differenti, quali quella di un ventennio fa - tenendo fede all'esempio sopracitato - e quella odierna.
Oggigiorno i modi di fare mobilitazione sono mutati profondamente in special modo fra i giovani e, soprattutto, è mutata la piattaforma con la quale si "scende in piazza". Possiamo, tuttavia, affermare con sicurezza che l'avvento dell'Era digitale e i grandi balzi tecnologici che ne sono derivati abbiano facilitato e incentivato l'impegno generale, nutrito le coscienze ed ispessito i contenuti delle rivendicazioni?
Da una parte possiamo dare una risposta positiva a questo quesito in quanto l'ingente mole di informazioni messaci a disposizione in rete, ormai accessibile per la stragrande maggioranza della popolazione mondiale - si stima che nel 2013 fossero un miliardo gli utenti online -, ci offre quotidianamente occasioni di confronto con ciò che accade nel resto del pianeta Terra.
E' anche vero, però, che una parte consistente di tali dati non corrisponde a verità - sfiorando a volte quel sottile margine di verosimiglianza - e, per così dire, "avvelena" l'opinione pubblica anziché "nutrirla". Spesso, infatti, ne risulta un composto di masse - già di per se quasi totalmente prive di un senso critico sviluppato - disinformate e facilmente manipolabili.
E non si pensi che anni addietro non ci speculassero, bensì che molto probabilmente internet ne stia facilitando l'imbarbarimento - sfavorendo, per così dire, una "dieta bilanciata".
La dimostrazione senza dubbio è sotto i nostri occhi ogni giorno: non è, ad esempio, la Primavera Araba frutto di strumentalizzazioni da parte di "forze maggiori" che hanno scagliato giovani ignari, velleitari ispirati da un anelito di false democrazie, contro dittatori fantoccio? Non è stato per caso il movimento dei Forconi, qui, in Italia, il parossismo dell'impoverimento nei contenuti, malsana e triviale trasposizione delle rivendicazioni popolari scaturite dallo spauracchio della crisi?
E' evidente, insomma, che persistono carenze dal punto di vista di uno spessore intellettuale, quel che basti a riempire le piazze, virtuali o meno, non solo di utenti o persone fisiche ma di folle coscienti delle motivazioni della loro protesta e aventi una visione chiara ed unitaria dei propri intenti. Senza tali presupposti la cifra 500 mila a caratteri cubitali in prima pagina sul Times ha valore di zero.
A proposito di numeri mi sembra opportuno evidenziare una rapida evoluzione nei metodi di fare mobilitazione: se prima erano considerate maggiormente determinanti le partecipazioni fisiche a manifestazioni, presidi, scioperi, ora tramite i social network condivisioni con tanto di hashtags, video di flashmob e catene stanno andando gradualmente a sostituire quell'importante ruolo giocato dalla compattezza di un corteo.
Se da un lato questi possono presentare dei vantaggi e degli incentivi per un maggior coinvolgimento dell'utenza giovanile, dall'altro risultano sicuramente meno d'impatto e, presentando un raggio d'azione molto limitato - tanto quanto l'arco di tempo che si impiega a compiere un clic -, si rivelano come meri slogan.
Insomma, parole al vento.
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17/09/2014
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