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Gli eredi di Falcone e Borsellino riempiono il Palasport

Porto Sant'Elpidio | Oltre mille persone al convegno sulla mafia organizzato da Fabio Regolo, con Fiammetta Borsellino, Antonio Ingroia e molti altri ospiti

di Pierpaolo Pierleoni


Arrivavano a frotte. Composti, ma a passo sostenuto, forse sorpresi di trovare una simile folla all’ingresso. Cento, trecento, cinquecento, a far subito sfumare negli organizzatori il timore e l’inquietudine per una modesta risposta di pubblico. Alla fine sono state oltre mille le persone arrivate al Palasport per il convegno sulla mafia “L’eredità di Falcone e Borsellino”. Una cifra impensabile per un pomeriggio di dibattito su un tema in fondo abbastanza lontano dalla sensibilità e dalle problematiche del territorio locale.
 
Eppure la risposta è stata massiccia, tanto che l’organizzatore e moderatore dell’incontro Fabio Regolo, aprendo le discussioni, non poteva che compiacersi dello splendido colpo d’occhio davanti al palco. Soddisfazione pienamente condivisa dalle autorità chiamate ad un saluto sul palco, dall’assessore alla cultura elpidiense Renzo Franchellucci, ringraziato per il solerte impegno nella realizzazione dell’evento, al presidente della provincia di Ascoli Piceno Massimo Rossi e all’assessore regionale Paolo Petrini.
 
Un dibattito che, oltre a tracciare un bilancio sull’attuale problema mafioso in Italia, a ricordarne i più salienti momenti storici e ad invitare al massimo impegno e partecipazione a favore della legalità, non ha mancato di scoccare velenose frecciate verso i poteri forti di oggi e di ieri.
 
“La folla che vedo qui dimostra una voglia di informazione al di là del tempo e dello spazio – ha esordito il sostituto procuratore di Palermo Antonio Ingroia – La storia dell’antimafia sostanzialmente si somiglia e si ripete. Dopo un’ondata di violenza c’è sempre una forte risposta dello Stato, ma prima ancora da parte della gente, come dopo l’omicidio Dalla Chiesa e le stragi del 1992. I magistrati che lottano per la legalità sono spesso ostacolati. Gli stessi che oggi attaccano la magistratura ossequiando i morti, in passato criticavano ferocemente gente come Falcone e Borsellino. Ma i magistrati sono sempre molto più comodi da morti che non da vivi”.
 
E ancora, ricordando i due eroi italiani uccisi dalla mafia: “La criminalità, e chi la appoggiava, non avevano paura di Falcone e Borsellino come uomini: temevano il loro metodo. Lo stesso metodo del procuratore Caselli, a cui proprio per questo si impedirà di diventare procuratore nazionale antimafia.”
 
Molto dura anche la giornalista Sandra Amurri, che ribadendo la mancanza di informazione italiana ha rivolto accuse pesanti nei confronti di alcune figure politiche tuttora presenti nel panorama istituzionale italiano, dal senatore Dell’Utri al sottosegretario all’interno Dalì.
 
Più personali le altre testimonianze: Padre Antonio Lo Bue ha raccontato la sua lotta alla mafia attraverso la Casa dei giovani di Bagheria (Pa), una terra confiscata ai boss di Cosa Nostra ed oggi comunità per tossicodipendenti. Da Giovanni Impastato e Salvo Vitale è arrivato invece il ricordo della figura di Peppino Impastato, ucciso dalla mafia nel 1978 a Cimisi.
 
“Abbiamo aspettato 25 anni per ascoltare da un giudice una verità che era sotto gli occhi di tutti – ha ammonito il fratello di Impastato – è assurdo che questo accada in democrazia”.
 
Un ultimo, commosso momento è arrivato dalla persona forse più attesa, Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato assassinato il 19 luglio 1992 e che per la prima volta dalla morte del padre ha parlato in pubblico.
 
“La mia tragedia è solo la più eclatante, la più rumorosa. Ce ne sono molte altre di cui non si parla e si sa poco. L’eredità di mio padre è quella di un uomo meraviglioso sacrificatosi per i propri ideali, un esempio straordinario di giustizia e legalità.”

18/09/2005





        
  



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