Moria di pesci: c'è un batterio killer, ma uccide solo cefali
San Benedetto del Tronto | Gli esperti scoprono la causa della morte di centinaia di pesci - soprattutto cefali - spiaggiatisi sulle coste tra Marche ed Abruzzo. Nessun pericolo per la salute pubblica. La PicenAmbiente raccoglie circa 6 quintali di carcasse.
di Marco Braccetti
Un pesce morto spiaggiato (Foto d'archivio)
E' ormai sulla bocca di tutti il fatto che da alcuni giorni lungo la battigia tra Marche ed Abruzzo, in particolar modo nell'area della Sentina, si rinvengano decine e decine di pesci morti. Si tratta per lo più di cefali. Una moria che ha generato non poca preoccupazione tra turisti e residenti. Tutti s'interrogano sulle cause e si chiedono se ci siano rischi per la salute umana.
Nella mattinata di martedì 9 settembre il Sindaco di San Benedetto Giovanni Gaspari l'Assessore all'Ambiente Paolo Canducci il Consigliere Andrea Marinucci e la Dott.ssa Olga Silvestri, degli Assessorati Provinciali all'Ambiente ed ai Parchi, hanno incontrato la stampa per fornire alcuni chiarimenti a tal proposito.
I cronisti presenti hanno avuto modo di vedere i risultati delle analisi effettuate su campioni di acque e sui cadaveri di alcuni pesci. Gli esami sono stati realizzati da esperti di chiara fama, come il Dott. Manfredo Fortunati, Responsabile della Sezione diagnostica dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Umbria e Marche, il Dott. Nicola Ferri, Veterinario, dirigente del Centro Biologia delle Acque di Teramo appartenente all'Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Abruzzo e Molise ed il Dott. Angelo Goglia, Direttore dell'ARPAM di Ascoli Piceno.
Innanzi tutto diciamo che non c'è nessun allarme per la salute pubblica. La strage dei cefali non è dovuta all'inquinamento delle acque che, secondo le analisi effettuate nelle ultime ore, rientrano appieno negli standard di salubrità.
Non si tratta di inquinamento, ma di fenomeni naturali che si verificano ogni 2/3 anni per azione di batteri specie-specifici (attaccano solo quella specie di pesce) che, in condizioni favorevoli (temperatura, ossigeno salinità, ecc) proliferano ed attaccano gli esemplari della specie colpita fino alla morte. Secondo le analisi realizzate dagli esperti il responsabile di tutto ciò è un micro-organismo appartenente al genere pasteurella, causa di una malattia chiamata pasteurellosi. Un male da tempo noto. Colpisce in special modo i pesci d'allevamento ed è stato messo a punto anche un vaccino. In ogni caso va evidenziato che gli esperti escludono categoricamente che ci sia la minima possibilità di trasmissione della malattia dai pesci all'uomo.
Il Comune bolla come leggende metropolitane alcune ipotesi circolate nei giorni scorsi. Si parlava di bombe-carta gettate in mare dai pescatori per favorire le operazioni di pesca. Tale eventualità viene smentita categoricamente dagli esperti: "Sono così chiari e semplici i segni diagnostici dei danni procurati ai pesci dall'utilizzo di materiale esplosivo che si può categoricamente escludere questo caso".
Scongiurato il rischio per la salute pubblica resta il fattore estetico. Certamente residenti e turisti non provano piacere nel passeggiare sul bagnasciuga facendo lo slalom tra cadaveri di pesci in decomposizione. Per risolvere il problema è scesa in campo la PicenAmbiente. I giorni 4, 6 e 9 settembre sono state, infatti, organizzate delle operazioni di raccolta dei pesci morti. Tale ripulimento ha portato al recupero di circa 6 quintali di carcasse. Dal Comune assicurano che l'operazione si ripeterà con continuità fino al termine della moria.
Il primo cittadino sdrammatizza la situazione con una battuta: "Dopo questa vicenda non possiamo più utilizzare il vecchio proverbio ‘sano come un pesce'"
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09/09/2008
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