Lettera aperta dei docenti dell'istruzione professionale alle istituzioni, al sistema produttivo
Ascoli Piceno | "Come docenti degli Istituti Professionali Statali marchigiani non possiamo più tacere. Sentiamo il dovere di levare un "grido di dolore", rivolto a quanti hanno a cuore il futuro dei giovani"
di Coordinamento Regionale Insegnati dell'Istruzione
Massimo Rossi
Come docenti degli Istituti Professionali Statali marchigiani non possiamo più tacere.
Sentiamo il dovere di levare un "grido di dolore", rivolto a quanti hanno a cuore il futuro dei giovani e del sistema produttivo del nostro territorio, per denunciare l'insostenibilità delle condizioni in cui siamo chiamati ad operare, tra pessime riforme e tagli dissennati.
Vogliamo farlo per evitare che tale situazione si trasformi nella completa deriva dell'istruzione professionale pubblica. Un indirizzo scolastico al quale nelle Marche si rivolge oltre un ragazzo su cinque. Giovani che, a differenza degli altri "rami" dell'istruzione secondaria, aspirano dopo un triennio del percorso quinquennale ad essere qualificati professionalmente per un possibile accesso nel mercato del lavoro.
Lo facciamo nella consapevolezza dell'importanza del nostro ruolo formativo in una regione fortemente manifatturiera che ha bisogno di tecnici ed operatori competenti e preparati. Lo facciamo consapevoli, altresì, della fondamentale funzione sociale delle nostre scuole in relazione alla particolarità della propria utenza. Un'utenza generalmente vulnerabile, con spesso alle spalle percorsi travagliati, difficoltà di apprendimento, labili motivazioni, condizioni sociali sovente svantaggiate e provenienza straniera in quota più rilevante di ogni altro indirizzo di istruzione. In sostanza, un insostituibile presidio educativo/formativo. Una scuola "di frontiera", tra l'istruzione e l'abbandono.
Questa consapevolezza ci ha spinto in questi anni ad impegnarci per innovare contenuti tecnologici e metodi didattici per avvicinarli alle sensibilità ed ai ritmi di apprendimento dei nostri alunni; ci ha motivato ad intrecciare straordinarie relazioni con le aziende dei nostri territori che consentono ogni anno a migliaia di nostri alunni di alternare la scuola ed il lavoro, entrando in fabbrica per settimane intere.
Ma ora non si può più andare avanti.
Non si può più tacere sull'insensata riduzione delle ore di laboratorio e di esercitazioni pratiche, ridotte oramai a 3 su 32 settimanali. Meno del 10% delle ore di lezione.
Non si può più tacere sulle smisurate dimensioni delle nostre classi: con trenta alunni ed anche di più. Classi che, data la particolare utenza, non si possono gestire in aula, né tanto meno nei laboratori. Laboratori quasi ovunque disadorni di dotazioni sufficienti ad impegnarli, di strumenti e macchinari al passo con l'evoluzione tecnologica, in grado di sedurre alunni che desiderano, più che altrove, di "mettere le mani".
Non si può accettare che come "effetto collaterale" della riforma degli ordinamenti capiti spesso nelle nostre scuole di trovare, ad esempio, insegnanti di laboratorio elettrico chiamati ad insegnare la meccanica o viceversa... Il tutto per risparmiare sulla pelle dei giovani, delle loro famiglie e del sistema produttivo che invece chiede una formazione all'altezza del difficile momento.
Non si può accettare che, senza investire congrue risorse, la Regione ci chieda al termine di un deprivato percorso triennale di certificare livelli di competenza irraggiungibili nelle condizioni attuali.
Non si può assistere indifferenti alle conseguenze che tutto ciò produce in termini di aumento degli insuccessi scolastici e della dispersione formativa, proprio mentre da più parti si afferma di voler combattere queste piaghe che affliggono particolarmente il nostro Paese e la nostra Regione.
Non si può sopportare che la già manifesta contrazione delle iscrizioni, connessa alla deriva in atto, si trasformi in un'inesorabile agonia dell'istruzione professionale proprio nel momento in cui ce ne sarebbe più bisogno per il bene del Paese.
Per questo ci rivolgiamo all'intera comunità regionale, al suo sistema produttivo ed in particolare alle istituzioni pubbliche affinché, prima che sia troppo tardi, venga riconosciuta questa grave situazione, venga avviato un percorso di riforma e vengano attivati adeguati investimenti sul sistema dell'istruzione e formazione professionale.
In primo luogo chiediamo al Ministero dell'Istruzione che l'ordinamento dell'Istruzione Professionale sia riformato per restituire centralità e peso adeguato alle discipline laboratoriali e tecniche, pur senza mortificare le indispensabili competenze culturali e "di cittadinanza".
Chiediamo inoltre che sia riconosciuta la specificità della nostra utenza "a rischio dispersione", limitando considerevolmente il numero degli alunni delle nostre classi.
Riguardo i percorsi triennali di qualifica chiediamo inoltre alla Regione Marche un adeguato apporto di risorse finanziarie (oggi più scarse di quelle riservate dalla stessa Istituzione agli enti privati di formazione) affinché attraverso un incremento degli organici dei docenti di laboratorio sia possibile attuare un'adeguata flessibilità didattica ed organizzativa volta a potenziare la formazione tecnica ed operativa degli alunni ed a raggiungere gli standard formativi stabiliti a livello normativo.
Alla stessa Regione chiediamo inoltre l'avvio di un piano di investimenti pluriennale volto ad incrementare ed a qualificare le dotazioni tecnologiche dei laboratori.
Tutto ciò nella consapevolezza che le fondamentali esperienze scolastiche di apprendimento non sono surrogabili da altri interventi formativi, quali ad esempio i suddetti percorsi di alternanza scuola/lavoro, che al contrario possono risultare straordinariamente proficui solo in presenza di prerequisiti minimi indispensabili.
Su tali obiettivi apriamo quindi una vertenza nei confronti della Regione Marche ed una campagna nazionale, collegandoci in rete con altri coordinamenti regionali di docenti, determinanti a salvaguardare la nostra dignità professionale, già fortemente provata, e con essa le aspettative dell'utenza, pienamente convergenti con quelle del sistema produttivo regionale.
Sentiamo il dovere di levare un "grido di dolore", rivolto a quanti hanno a cuore il futuro dei giovani e del sistema produttivo del nostro territorio, per denunciare l'insostenibilità delle condizioni in cui siamo chiamati ad operare, tra pessime riforme e tagli dissennati.
Vogliamo farlo per evitare che tale situazione si trasformi nella completa deriva dell'istruzione professionale pubblica. Un indirizzo scolastico al quale nelle Marche si rivolge oltre un ragazzo su cinque. Giovani che, a differenza degli altri "rami" dell'istruzione secondaria, aspirano dopo un triennio del percorso quinquennale ad essere qualificati professionalmente per un possibile accesso nel mercato del lavoro.
Lo facciamo nella consapevolezza dell'importanza del nostro ruolo formativo in una regione fortemente manifatturiera che ha bisogno di tecnici ed operatori competenti e preparati. Lo facciamo consapevoli, altresì, della fondamentale funzione sociale delle nostre scuole in relazione alla particolarità della propria utenza. Un'utenza generalmente vulnerabile, con spesso alle spalle percorsi travagliati, difficoltà di apprendimento, labili motivazioni, condizioni sociali sovente svantaggiate e provenienza straniera in quota più rilevante di ogni altro indirizzo di istruzione. In sostanza, un insostituibile presidio educativo/formativo. Una scuola "di frontiera", tra l'istruzione e l'abbandono.
Questa consapevolezza ci ha spinto in questi anni ad impegnarci per innovare contenuti tecnologici e metodi didattici per avvicinarli alle sensibilità ed ai ritmi di apprendimento dei nostri alunni; ci ha motivato ad intrecciare straordinarie relazioni con le aziende dei nostri territori che consentono ogni anno a migliaia di nostri alunni di alternare la scuola ed il lavoro, entrando in fabbrica per settimane intere.
Ma ora non si può più andare avanti.
Non si può più tacere sull'insensata riduzione delle ore di laboratorio e di esercitazioni pratiche, ridotte oramai a 3 su 32 settimanali. Meno del 10% delle ore di lezione.
Non si può più tacere sulle smisurate dimensioni delle nostre classi: con trenta alunni ed anche di più. Classi che, data la particolare utenza, non si possono gestire in aula, né tanto meno nei laboratori. Laboratori quasi ovunque disadorni di dotazioni sufficienti ad impegnarli, di strumenti e macchinari al passo con l'evoluzione tecnologica, in grado di sedurre alunni che desiderano, più che altrove, di "mettere le mani".
Non si può accettare che come "effetto collaterale" della riforma degli ordinamenti capiti spesso nelle nostre scuole di trovare, ad esempio, insegnanti di laboratorio elettrico chiamati ad insegnare la meccanica o viceversa... Il tutto per risparmiare sulla pelle dei giovani, delle loro famiglie e del sistema produttivo che invece chiede una formazione all'altezza del difficile momento.
Non si può accettare che, senza investire congrue risorse, la Regione ci chieda al termine di un deprivato percorso triennale di certificare livelli di competenza irraggiungibili nelle condizioni attuali.
Non si può assistere indifferenti alle conseguenze che tutto ciò produce in termini di aumento degli insuccessi scolastici e della dispersione formativa, proprio mentre da più parti si afferma di voler combattere queste piaghe che affliggono particolarmente il nostro Paese e la nostra Regione.
Non si può sopportare che la già manifesta contrazione delle iscrizioni, connessa alla deriva in atto, si trasformi in un'inesorabile agonia dell'istruzione professionale proprio nel momento in cui ce ne sarebbe più bisogno per il bene del Paese.
Per questo ci rivolgiamo all'intera comunità regionale, al suo sistema produttivo ed in particolare alle istituzioni pubbliche affinché, prima che sia troppo tardi, venga riconosciuta questa grave situazione, venga avviato un percorso di riforma e vengano attivati adeguati investimenti sul sistema dell'istruzione e formazione professionale.
In primo luogo chiediamo al Ministero dell'Istruzione che l'ordinamento dell'Istruzione Professionale sia riformato per restituire centralità e peso adeguato alle discipline laboratoriali e tecniche, pur senza mortificare le indispensabili competenze culturali e "di cittadinanza".
Chiediamo inoltre che sia riconosciuta la specificità della nostra utenza "a rischio dispersione", limitando considerevolmente il numero degli alunni delle nostre classi.
Riguardo i percorsi triennali di qualifica chiediamo inoltre alla Regione Marche un adeguato apporto di risorse finanziarie (oggi più scarse di quelle riservate dalla stessa Istituzione agli enti privati di formazione) affinché attraverso un incremento degli organici dei docenti di laboratorio sia possibile attuare un'adeguata flessibilità didattica ed organizzativa volta a potenziare la formazione tecnica ed operativa degli alunni ed a raggiungere gli standard formativi stabiliti a livello normativo.
Alla stessa Regione chiediamo inoltre l'avvio di un piano di investimenti pluriennale volto ad incrementare ed a qualificare le dotazioni tecnologiche dei laboratori.
Tutto ciò nella consapevolezza che le fondamentali esperienze scolastiche di apprendimento non sono surrogabili da altri interventi formativi, quali ad esempio i suddetti percorsi di alternanza scuola/lavoro, che al contrario possono risultare straordinariamente proficui solo in presenza di prerequisiti minimi indispensabili.
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19/10/2013
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