Grande successo sabato 20 ottobre a Civitanova Marche per il primo convegno sul Tarot
San Benedetto del Tronto | Interesse e partecipazione sabato 20 ottobre a Civitanova Marche per il primo convegno sul Tarot, organizzato dall’associazione culturale Simbolica.
di Elvira Apone
un momento del convegno sul Tarot
Sabato 20 ottobre, a Civitanova Marche, a partire dalle 14,30, presso la sala conferenze della Banca di Credito Cooperativo di Civitanova e Montecosaro, l’associazione culturale Simbolica ha organizzato il primo convegno sul Tarot, che ha suscitato grande interesse e partecipazione. L’associazione culturale Simbolica, nata nel giugno 2017 a Civitanova Marche da un’idea della presidente Barbara Malaisi, ha come obiettivo principale lo studio del linguaggio simbolico, con particolare riferimento a quello dei Tarocchi, studiato, però, attraverso un approccio culturale, storico e metodologico. Ed è proprio sullo studio introspettivo degli Arcani dei Tarocchi, visti come “specchio dell’anima e come riconoscimento della propria storia”, come ha osservato Barbara Malaisi, che si sono basati i sei interventi che hanno dato vita a questo interessante convegno, ricco di spunti e di suggestioni.
Maria Cristina Izzo ha aperto l’incontro con “Il viaggio del folle tra Archetipi e Miti”, in cui ha messo assai bene in evidenza l’affascinante legame esistente tra le figure rappresentate nei Tarocchi e gli antichi miti, sottolineando come il percorso del folle, che nei Tarocchi è la carta zero, cioè quella della potenza creatrice allo stato puro, rimanda al viaggio dell’eroe, di colui che ha il coraggio di varcare la soglia tra ordinario e straordinario, compiendo così un percorso iniziatico in cui, attraverso l’incontro con figure archetipiche che hanno ciascuna la propria influenza su di lui, raggiunge il proprio livello di maturazione, che nei Tarocchi è rappresentato dal Mondo, l’ultimo Arcano. Un viaggio questo, che, come quello di Alice in The Wonderland o quello di Edipo, simboleggia quello di ogni essere umano.
“I tarocchi e l’approccio immaginale” sono stati, invece, oggetto dell’intervento di Silvia Nicolini Zammit, che, con grande chiarezza, ha spiegato a un attento uditorio la necessità di avvicinarsi al mondo dei Tarocchi, che, essendo dei veri e propri aggregati di simboli, appartengono al mondo immaginale, a metà tra quello sensibile e quello trascendente, e, quindi, non possono essere approcciati né con i sensi né con l’intelletto, ma solo attraverso una mentalità simbolica che li riconosce, appunto, come archetipi, cioè immagini universalmente valide e rappresentative del percorso della coscienza umana. Soltanto liberandosi, però, da un atteggiamento che tende necessariamente a incasellare e a pensare in termini di linearità e non, come si dovrebbe, di circolarità, si può passare dalla concentrazione alla contemplazione e permettere all’inconscio individuale di interagire con quello collettivo.
Da questa visione circolare e immaginale dei Tarocchi si è passati ad analizzare le carte da un punto di vista storico e artistico grazie al prezioso contributo di Morena Oro “Tarocchi: un Enigma tra arte e storia”. Partendo dal presupposto che è difficile datare con precisione l’origine dei Tarocchi, benché alcuni documenti relativi a restrizioni sulle carte da gioco li facciano risalire all’ultimo periodo del Medioevo, la relatrice ha condotto il pubblico in un viaggio tra arte e storia, sottolineando sia il valore artistico dei Tarocchi, “vere e proprie opere d’arte”, sia il ruolo storico e culturale di queste rappresentazioni pittoriche in cui l’immagine, a differenza di quanto accade nella nostra epoca, ha lo scopo di liberarci dalle coercizioni e di stimolare la nostra immaginazione.
A seguire, Giusy Shin Aportone, con “L’Alef-Beit, i 22 Sentieri e il Tarot”, ha svelato ai presenti alcune interessantissime curiosità sull’alfabeto ebraico, una delle lingue più antiche ancora esistenti. Stupefacente è, infatti, la stretta correlazione che esiste tra le ventidue lettere dell’alfabeto ebraico e i ventidue Arcani dei Tarocchi che, in perfetto parallelismo, rappresentano ed esprimono esattamente gli stessi concetti, a partire dalla prima lettera dell’alfabeto ebraico, la lettera shin, che indica il folle, colui che è al di fuori di se stesso e riesce a guardare se stesso, fino alla tav, che significa compimento, sigillo. E come accade attraverso le carte dei Tarocchi, ogni lettera segna un cammino, una via, una tappa di un percorso di maturazione costituito da ventidue passi.
E lo stesso cammino dei ventidue passi tracciato dai Tarocchi si può ritrovare nella saga di Harry Potter, come ha saputo illustrare in modo acuto e originale Luana Carota nel successivo intervento “Harry Potter dal matto al mondo: una lettura tarologica della saga di J.K. Rowling. Non è un caso, ha spiegato, che i libri della saga di Harry Potter siano sette, come le sette carte dei Tarocchi, appartenenti a ciascuno dei tre piani della conoscenza attraverso la quale l’eroe, il folle, in questo caso il mago inteso come sapiente, passa: quello fisico, quello mentale e quello spirituale. Nei primi tre libri, infatti, Harry Potter acquista, anche se non totalmente, consapevolezza di sé e delle proprie capacità tanto da poter iniziare la seconda parte del percorso, quello mentale, rappresentato nei successivi due libri, in cui comprende chi è realmente e soprattutto rielabora il concetto di morte, non solo dopo aver visto morire il suo migliore amico, ma anche attraverso le visioni che ha del suo antagonista, Lord Voldemort, che rappresenta anche l’ombra di cui Harry deve liberarsi per ricongiungersi alla propria anima, cosa che avverrà alla fine del tragitto, nell’ultimo libro. Solo accettando di morire, di sacrificarsi, infatti, Harry potrà progredire e rinascere; soltanto andando incontro a una morte fisica e accettando la morte in modo consapevole, potrà guarire sia nel corpo che nell’anima e diventare un essere nuovo, completo, finalmente in grado di decidere chi essere e dove andare. Anche qui ogni personaggio sembra incarnare un archetipo in modo preciso e calzante, a conferma della validità universale dei Tarocchi, stimolo di analisi e di riflessione in molti campi, compreso quello letterario.
E continuando a parlare di letteratura, il convegno si è concluso con la relazione “I tarocchi come macchina narrativa combinatoria: Calvino e “Il castello dei destini incrociati”, affidata alla presidente dell’associazione, Barbara Malaisi, che ha ribadito sia il valore semantico dei Tarocchi, cioè quello di ogni carta presa singolarmente, sia quello sintattico, cioè della sequenza e combinazione delle carte, come avevano rilevato prima gli strutturalisti russi e poi lo stesso Italo Calvino, un antesignano nello studio dei Tarocchi. Pur essendo ossessionato da un senso del rigore e della logica che mal si addice a un corretto approccio al Tarot, Calvino, tuttavia, ci ha lasciato due testi, “Il castello dei destini incrociati” e “La taverna dei destini incrociati”, in cui ha costruito una serie di racconti sulla base di un schema formato da un quadrato centrale di carte, che rappresenta il nucleo della storia, da cui ne partono altre. Immaginando che i personaggi che narrano le loro storie abbiano perso la voce e, quindi, la possibilità di parlare, Calvino fa raccontare alle immagini rappresentate nelle carte dei Tarocchi le loro vicende; le carte diventano, così, uno specchio attraverso cui ciascuno ritrova se stesso e può dare voce alla propria storia.
Un tragitto avventuroso e suggestivo quello di sabato a Civitanova Marche, grazie a una lettura profonda e introspettiva del Tarot, che non deve essere usato come strumento di divinazione, bensì come un mezzo utile per conoscere soprattutto se stessi e il proprio mondo interiore, fatto di quei chiaro scuri che un nuovo linguaggio, quale quello dei Tarocchi, può sicuramente aiutare ad affrontare e a capire. Ci auguriamo, quindi, che questo convegno, che ha sicuramente suggerito una nuova ed efficace chiave di lettura di se stessi e della propria realtà, sia soltanto il primo di una lunga serie.
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22/10/2018
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