L'Immigrazione di massa una piaga biblica
| I drammi dell'immigrazione di massa fanno pensare alle calamità naturali, alla loro indifferenza per le vittime umane.
di Tonino Armata
I drammi dell'immigrazione di massa, i suoi problemi imprevedibili e incontenibili fanno pensare alle calamità naturali, alla loro indifferenza per le vittime umane. Oggi ci troviamo a piangere i bambini, le donne e gli uomini nel mare di Lampedusa come ai tempi della grande migrazione verso le Americhe si piangevano i bambini morti di malattie o di privazioni nelle stive delle navi e si resta increduli delle sofferenze dei vivi, come lo si era dei nostri contadini che nella pampa argentina dormivano nelle buche e bevevano acqua infetta del Rio de la Plata.
L'immigrazione di massa è come una delle piaghe bibliche e non c'è nessun Giuseppe che possa consigliare al faraone un rimedio sicuro. Dico simile alle grandi calamità naturali perché dovuta ad un concorso di cause che nessun governo al mondo è in grado di prevenire e di impedire.
Quali siano oggi queste cause possiamo individuarle ma non eliminarli o contenerle. Al primo posto la rivoluzione tecnologica: oggi i poveri del mondo non sono isolati completamente da quello dei ricchi. La televisione non solo gli mostra i consumi e le comodità dei paesi avanzati ma, essendo una televisione commerciale dominata dalla pubblicità, li magnifica, li universalizza, svolge un po' la funzione del cinematografo americano che ci faceva credere negli anni Venti in un paese di telefoni bianchi e di Cadillac alla portata di tutti.
E come da noi c'era il mito dello zio d'America così oggi fra i poveri della terra c'è il mito di quelli che ce l'hanno fatta a raggiungere l'Eldorado, e che lo descrivono, purgato dai dolori e dalle delusioni, ai loro parenti.
Ma nella rivoluzione tecnologica non c'è solo la comunicazione, la trasmissione dei confronti e dei sogni per cui l'emigrazione non è semplicemente meno fatiche e meno fame, ma una scelta di vita per cui vale la pena di rischiarla. Una scelta, si badi bene, che fanno i migliori, i più forti, quelli che possono sperare di farcela, com'è avvenuto in Italia con la recente migrazione verso il nord.
C'è anche una possibilità tecnica prima inesistente, ci sono quelle che noi chiamiamo le "carrette del mare" ma comunque dei natanti provvisti di quel tanto di tecnologia che gli permette di affrontare il mare e magari di affondare in vista delle nostre coste.
Non è la prima volta, ai colonizzatori della Polinesia bastavano delle piroghe e delle vele di foglie, ma arrivavano in terre disabitate e in tempi lunghissimi non in massa e al ritmo continuo che oggi rende difficile, a volte impossibile, la soluzione del problema, oggi le soluzioni possibili sono tutte difficilmente percorribili e carichi di rischi.
Una è quella demagogica e irresponsabile della Lega: un localismo che rifiuta o ridicolizza il problema rimandandolo sulle spalle degli altri. Arrivano al culmine con la proposta dell'onorevole Calderoli di porre tra i requisiti per l'integrazione non solo la conoscenza della lingua italiana ma dei dialetti sicché uno come me ne sarebbe escluso avendo perso l'uso del dialetto lombardo (mia madre era lombarda). E ignorando gli altri.
Insomma una non soluzione.
|
05/11/2003
Altri articoli di...
Le strade musicali dell'Ebraismo nel compendio cinematografico di David Krakauer
Quando il giornalismo diventa ClickBaiting
Kevin Gjergji