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Spettacolo multimediale del pianista e compositore Paolo Marzocchi

Macerata | Lo stesso musicista, per l'occasione, presenterà anche un programma che spazia dai grandi classici (Liszt, Mussorgsky e Berg) fino a proprie composizioni proposte con l'ausilio dell'elettronica e del video.

di Tiziana Capocasa

Paolo Marzocchi

Evento più unico che raro lo spettacolo del musicista pesarese Paolo Marzocchi che, come nei salotti musicali dell'Ottocento, si presenterà, martedì 13 novembre alle ore 21,15, al Cinema Teatro Italia, nella doppia veste di pianista e compositore. Il geniale musicista ha firmato anche la colonna sonora del film di Michal Kosakowsky, intitolato " Just Like the Movies", sull'attentato alle Torri Gemelle, che verrà proiettato durante lo spettacolo.

Un lavoro che ha ottenuto numerosi riconoscimenti tra cui il Primo premio al "Milano Film Festival 2007", miglior film sperimentale al Santiago Film Festival 2006 (Cile) nonché premio "Best Soundtrack" al Festival " 16 Corto" di Forlì 2007 per la colonna sonora. Lo stesso musicista, per l'occasione, presenterà anche un programma che spazia dai grandi classici (Liszt, Mussorgsky e Berg) fino a proprie composizioni proposte con l'ausilio dell'elettronica e del video.

Innanzitutto il suo ricordo personale sull'11 settembre 2001.

"Mi trovavo in una stazione di servizio, e mentre in tv andavano le immagini del crollo, due ragazze continuavano a chiacchierare del più e del meno, probabilmente perché avevano scambiato le immagini per la scena di uno dei tanti film catastrofici hollywodiani. La collaborazione con il regista polacco Kosakowski elabora l'idea comune della confusione tra il piano dei fatti e quello della finzione, su cui tanto si è discusso riguardo al crollo delle Torri Gemelle come evento mediatico. Se è vero che l'attacco reale sembrava la scena di un film, perché le scene di vari film non dovrebbero poter ricostruire l'accaduto? E' cosi che il filmato, composto da frammenti estratti dal cinema hollywodiano, ripercorre la tragedia senza attingere ad alcuna immagine reale".

Non è insolito proporre brani di Liszt in un evento multimediale di musica contemporanea?
" La smisurata produzione lisztiana è paragonabile ad una vasta e articolata città semisepolta; di cui svetta solo un esiguo numero di edifici. Se proviamo a scavare andiamo incontro a diverse sorprese. Esiste una produzione intima, sperimentale, visionaria e assolutamente non virtuosistica, che proietta l'Ungherese direttamente nel XX secolo. Addirittura alcune composizioni sono di una modernità sconcertante, potrebbero- perché no-essere plausibilmente composte ai nostri giorni, in cui siamo abituati ad accettare senza problemi compositori "neotonali", "neoclassici", "neoromatici", in poche parole "neo". In quest'ottica certa musica lisztiana è senza dubbio definibile utilizzando il prefisso "proto": proto-espressionista, proto-impressionista, proto-atonale".


Franz Liszt mantiene, quindi, strette relazioni con tutte le composizioni proposte nel programma?
"A cominciare dalla Sonata op.1 di Berg: la quale, nel suo esasperato e straniato lirismo, ancora profondamente intriso di relazioni tonali (il pezzo è sostanzialmente una sonata in Si min.), è comunque un pezzo profondamente classico nel suo impianto formale. Il clima e le immagini che la musica del giovane allievo di Schoenberg evoca, riflettono lo straniamento e la tensione espressionistica, mentre la scrittura mostra da un lato un controllo totale dei materiali e delle tecniche compositive, dall'altro la ricerca di una densità contrappuntistica critica, orchestrale, e in cui qualsiasi parte, anche la più secondaria e minima sia significante. Berg altresì annota nella partitura qualsiasi variazione di agogica, le sfumature più sottili che possano dare adito ad equivoci interpretativi, quasi rivelando l'ansia che il pensiero del compositore possa essere travisato. Questo atteggiamento avrà in seguito una grande fortuna, e sarà talvolta estremizzato in alcuni compositori contemporanei, le cui partiture sono quasi delle "gabbie interpretative" per l'interprete.

Una delle cose più curiose è però il tema iniziale dell'op.1 di Berg, che ascoltiamo pressoché identico in una delle ultime composizioni di Liszt, Nuages Gris (Trübe Wolken), del 1881. Personalmente non credo assolutamente che ci sia stata una volontà di citazione - che comunque non altererebbe per nulla il valore della Sonata - o che Berg fosse comunque a conoscenza della composizione di Liszt, la quale fa parte di un gruppo di pezzi rimasti inediti fino al 1927.

Il brano di Liszt risulta paradossalmente all'ascolto più moderno della Sonata di Berg. Si tratta di un "aforisma" dal carattere cupo e rarefatto in cui l'evanescente tonalità di sol minore si dissolve nell'ultima parte fino al finale, completamente atonale. L'armonia è dominata da triadi eccedenti, una formazione largamente impiegata anche nell'op.1 berghiana (ma cara altrettanto a Debussy), e la forma è il risultato di due esposizioni identiche dello stesso materiale a cui si sovrappongono una sorta di tema embrionale e una lenta salita cromatica.

Anche la Trauergondel, la "Lugubre Gondola", fa parte delle gruppo di ultime composizioni lisztiane quasi ineseguite. Del pezzo esistono numerose varianti: quella presentata in questa sede è la prima stesura ritrovata nel 1998 da Rossana Dalmonte a Venezia, e pubblicata dall'Editore Rugginenti nel 2002 a cura dell'istituto Liszt di Bologna e della British Liszt Society".

All'interno dell'immane produzione lisztiana un posto particolare occupano le trascrizioni pianistiche di composizioni orchestrali proprie ed altrui, in questa ottica si inseriscono la sua trascrizione della Notte sul monte Calvo di Mussorgsky e la fantasia Presso la quercia di Herne, sul terzo atto del Falstaff di Verdi?

"La trascrizione del celebre poema sinfonico di Mussorgsky è diretta ad evidenziare il carattere essenziale e spigoloso della struttura formale, costituita da blocchi giustapposti, quasi una successione di pannelli, e utilizza il virtuosismo pianistico in chiave espressiva e strutturale: in altre parole secondo chi scrive esistono delle emozioni che possono essere espresse solo nel momento in cui l'esecutore è portato al limite.Diverso è il caso della fantasia sul terzo atto del Falstaff di Verdi, Presso la quercia di Herne che nasce da una "sfida" lanciata nel 2001 dall'allora direttore del Teatro dell'Opera di Roma Gianni Tangucci: può avere senso una fantasia o una trascrizione pianistica su temi d'opera nel XXI secolo?

Si è provato ad adottare un diverso modo di osservare il materiale musicale originale, adottando un criterio "multidimensionale", in base al quale ogni momento di un testo (letterario o musicale), letto perpendicolarmente a se stesso può generare un universo indipendente. In altri termini: ciascuna parola di un testo è portatrice di innumerevoli storie latenti.Ci si è avvicinati al Falstaff con questa idea, di trovare cioè nella musica di Verdi una specie di passaggio segreto, una botola che potesse permettere di uscire dalla prigione temporale della drammaturgia e rivelare un angolo oscuro della storia non raccontata, o di un emozione segreta di un personaggio.

L'idea è quella di seguire il flusso delle emozioni di Falstaff mentre aspetta di udire i rintocchi della mezzanotte - mirabilmente resi dalla musica di Verdi con dodici accordi diversi tutti contenenti la nota "Fa" - che iniziano a risuonare in anticipo nella sua mente deformati e ingigantiti. Il flusso vorticoso dei pensieri produce in lui una dilatazione del tempo per cui il breve istante che precede lo scoccare della mezzanotte si allunga per contenere speranze, illusioni, dubbi e paure. Nel finale, i veri rintocchi della campana risuonano quasi irreali, come in quei risvegli in cui i sogni si ostinano a non dissolversi.

Nella ricerca lisztiana di una musica che intrattiene rapporti con le immagini, con la letteratura, con gli altri linguaggi, possiamo trovare il collegamento ideale con il brano B1, ovvero: "Studio per l'attraversamento della Notte" e con il progetto Just Like The Movies, ideato dal regista polacco Michal Kosakowski?
Lo Studio per l'attraversamento della Notte è una composizione per pianoforte e suoni di sintesi quadrifonici, che nasce come bozzetto preparatorio di un progetto più ampio tuttora in fieri, che prevede sette composizioni per orchestra, e delle quali sono state completate al momento solo la prima e la terza. Il progetto, dal titolo Sette meditazioni sulla forma della Notte, tenta la costruzione di un "modello musicale" della notte, che gli antichi romani dividevano in sette parti distinte, ciascuna con i suoi nomi e con i suoi abitanti specifici. Nel progetto è coinvolto profondamente lo scrittore francese Joseph Denize, che ha scritto un romanzo dal titolo "Noctuario", in uscita in Italia nel 2008 per la casa editrice "Effigie" di Milano.

Così il brano è stato utilizzato anche all'interno della colonna sonora del film di Michal Kosakowski Just Like The Movies, del 2005, un opera di immagini e suoni che è sostanzialmente un paradosso?
" Il film, della durata di 22 minuti, è interamente costituito da un "collage" di frammenti presi da decine di differenti pellicole hollywoodiane realizzate prima degli eventi tragici dell'11 settembre 2001, e montati in modo tale che lo spettatore li percepisca non come fiction bensì come reali. Viene qui portato a compimento un processo di ribaltamento, sperimentato da un grandissimo numero di persone, le quali durante la diretta erano portate a vivere le immagini della CNN come irreali, "cinematografiche", come un film catastrofico.

Il montaggio di Kosakowski mostra immagini di fiction che risultano vere, in quanto il lavoro si basa sullo storyboard degli eventi reali. La forza del progetto sta proprio sull'idea, in definitiva molto semplice e per questo motivo efficacissima, di affidarsi ad una drammaturgia condivisa: la storia fa sì che lo spettatore immetta un significato in un concatenarsi di inquadrature eterogenee altrimenti senza senso.
Quasi tutti gli spettatori dello "spettacolo" dell'attentato hanno avuto l'esperienza di una sorta di gigantesco "dejà vu".

Kosakowski stesso sostiene che l'idea del lavoro gli è sorta subito, venti secondi dopo il crollo della prima torre, il quale attraverso le immagini in diretta si rivelava sostanzialmente identico ad una sequenza del film "Godzilla" di Roland Emmerich (1998).

Per caso il film è stato pensato in funzione di una performance dal vivo?
" L'idea è quella di un moderno film muto, in cui il materiale eterogeneo e frammentato dei film (più di 50) impiegati nel montaggio, trova nella musica il collante necessario. Lo spettatore deve percepire come conseguenziali frammenti e inquadrature giustapposti ma appartenenti a film lontanissimi nel tempo, nell'argomento, nella fotografia, nella meteorologia, nell'abbigliamento. In un momento possiamo trovarci in un primaverile Central Park del 1996 (Independence Day, Roland Emmerich, 1996), subito dopo in una strada piovosa e fredda del 1975 (Three Days of the Condor, di Sydeny Pollack, 1975).

Credo che l'opera si ponga non tanto come un film sull'attentato dell'11 Settembre 2001 ma come una riflessione sulla percezione della realtà. La musica esalta il cortocircuito tra le immagini squisitamente di fiction - con opulenti effetti cinematografici - e la sensazione paradossale che si ingenera nello spettatore, ovvero di osservare immagini reali. Questo "mal di mare" semantico crea un disagio, e forse una sorta di senso di colpa, come se si stesse in qualche modo ridendo di dolorosi fatti reali. L'obiettivo, non so se raggiunto o meno, era di costringere chi guarda alla riconsiderazione di ciò che vede, e - dolorosamente - farlo uscire dal "sonno" dell'immedesimazione interponendo tra lui e l'immagine una lente sonora, uno sbarramento, un artificio che comunichi al pubblico qualcosa come: "signore e signori, vi piaccia o meno, quello che state guardando è solo finzione cinematografica".

12/11/2007





        
  



5+3=
Paolo Marzocchi

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