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Per la riduzione dei costi di produzione, ma non per quelli del salario dei lavoratori

Ascoli Piceno | Fanini:"Alla crisi del nostro settore industriale non si risponde con un abbassamento dei salari ma con una crescita della competitività produttiva".

di Domenico Fanini

Mi sento ancora una volta in dovere di intervenire, sollecitato da quanto sta avvenendo, purtroppo quasi sistematicamente e quotidianamente, nel mondo del lavoro a livello locale. Da un lato, annunci di cessazioni di attività e perdite di posti di lavoro, che rendono evidente un pesante declino industriale della nostra realtà territoriale, dall'altro, azioni padronali tendenti a ridurre i salari dei lavoratori per rispondere alle esigenze competitive.

Ho già avuto modo, senza alcuna presunzione di sorta, di tracciare le linee di intervento finalizzate ad un rilancio dello sviluppo economico del territorio in grado di garantire contestualmente i profitti e, con il sostegno all'occupazione, i redditi da lavoro dipendente.

Ipotesi questa che, non escludendo l'intervento di strumenti di supporto a valenza complementare, ma contingente, atti a ridurre nel breve periodo i costi di produzione (fiscalità di vantaggio, crediti d'imposta, Fondo Provinciale per l'occupazione, riduzione della tassa regionale sul lavoro ecc...), si basa invece su una strategia di intervento strutturale sul sistema economico locale, eliminando così le cosiddette cause endogene, che ne frenano lo sviluppo, e garantire conseguentemente competitività, crescita economica e stabilità occupazionale.

Da ciò la necessità che l'indispensabile recupero competitivo del nostro sistema produttivo avvenga tramite la competitività di sistema e non da costi.

Ho la sensazione però che, magari pilotate da un'abile cabina di regia, alcune contestuali azioni messe in atto negli ultimi tempi da industrie multinazionali locali tendano ad un ridimensionamento dei livelli salariali dei lavoratori intervenendo sulla contrattazione aziendale, per cogliere l'obiettivo della riduzione dei costi in un'ottica di maggior competitività sul mercato.

Se così fosse, tali iniziative, collocate in una fase di emergenza salariale, che tutti stiamo conoscendo, dove è diventato difficoltoso per i bilanci familiari coprire economicamente non la quarta, ma addirittura la terza settimana del mese, non farebbero altro che aggravare tale situazione socio-economica con risvolti negativi sulla tenuta della coesione sociale, sul livello dei consumi, la cui contrazione agirebbe da freno al rilancio dello sviluppo economico, nonché potrebbero addirittura, queste iniziative di aggressione ai salari, risultare controproducenti per i livelli di efficienza degli stessi siti produttivi.

13/11/2007





        
  



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