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Perché i giovani non aderiscono ai fondi di pensione?

San Benedetto del Tronto |

di Felice Di Maro*


Si discute sui fondi di pensione istituiti nel ’93 (D.lgs.124/93) per integrare la previdenza pubblica. Il loro decollo ha coinciso con lo smantellamento dello stato sociale che ha avuto con l’abolizione della scala mobile, meccanismo che permetteva il recupero salariale rispetto al costo della vita, il livello più vile che la classe politica ha raggiunto nella nostra repubblica. Ovviamente diamo a Cesare quello che è di Cesare. Non solo politici, ma in primis un esercito di economisti e di sociologi del lavoro poi, hanno partecipato a quella violenza con il conforto dei media schierati.

Fino ad oggi non si coglie alcun ripensamento da parte di quei giovani ricercatori che hanno dato l’anima negli anni novanta per abbattere il sistema pubblico della previdenza italiana. E, dove sono oggi quelle belle ragazze che nei convegni vari dell’epoca presentavano quelle analisi cosi ricche di dati, di tesi splendide, di proiezioni e di quant’altro? Che fine hanno fatto quelle torte tanto belle quante avvelenate?

In quegli anni si diceva che per i lavoratori italiani la previdenza integrativa sarebbe stato l’eldorado del futuro. Non è vero che sempre la donna è capace di autodeterminazione! Nella società contemporanea avranno forse (e si sottolinea il forse!) maggiori possibilità di essere in carriera come si dice, ma quanto è costato alla società nel suo complesso l’aver da parte di alcuni gruppi di avanguardie cosiddette femministe fatte proprie le tesi più squallide del capitalismo selvaggio?

Sia chiaro e senza equivoci con quest’articolo si vuole solo favorire una riflessione e far notare che niente può essere accettato se non quello che viene dimostrato o con l’esperienza empirica, o con dati statistici, o con tesi che abbiano antitesi obiettivamente valori sbilanciati rispetto alle tesi.

Quindi chiedendo scusa alle ragazze belle e meno belle degli anni novanta che oggi sono ottimamente in carriera a vario livello e che fanno finta che non sono state per niente attiviste e che hanno quindi giocato un ruolo da protagoniste in uno dei processi diciamo pure sia di plagio e sia di vezzo intellettuale in quanto non è stata farina del loro sacco, oggi bisogna guardare la realtà economica dell’Italia e non mettere la testa sotto la sabbia e far finta di niente. Soprattutto bisogna evitare dispute ideologiche di maniera che avvantaggiano solo chi ha livelli di vita eccellenti, fuori dagli standard normali.

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La previdenza integrativa nasce male. Gli studiosi dell’epoca poco sapevano e niente capivano. E mi riferisco a quegli uomini maturi di età anagrafica già all’epoca, che preparavano a volte senza firmare i comunicati stampa per conto di comitati inesistenti. Altro lavoro di redazione erano quelle veline spesso anonime che si chiamavano libri bianchi che giravano nei luoghi di lavoro, di studio, dal barbiere, parrucchiere, al bar. Ricordo quest’ultimo quando chiedevo: “…ma chi li ha portati? Non so, era la risposta; ..nel so, -a Bologna- ed ancora: Boooh. Ai fondi di pensione istituiti nel ‘93 non si poteva aderire a livello individuale. E l’adesione era solo per i lavoratori iscritti a quello che era il sistema pensionistico obbligatorio cioè quello degli enti pubblici.

Per una svolta importante bisogna attendere il 2000 (D.lgs. 47/2000) che consente oggi a chiunque voglia, l’adesione ad un fondo di pensione indipendentemente dal reddito personale e al di là della sua posizione lavorativa e previdenziale. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti ma le evoluzioni successive non sembrano di rilievo ed il trend delle adesioni è a quanto pare certo non negativo ma non cresce di molto e ciò vuol dire che questa scelta del fondi di pensione al di là delle previsioni degli anni novanta non entusiasma proprio per niente. Somiglia tanto ad un bluff.

I giovani non sono entusiasti e la loro adesione è scarsa. Perché? Provo ad offrire dei materiali di riflessione al di la del fatto che questa previdenza integrativa non doveva nascere per niente e che doveva qualificarsi meglio la previdenza pubblica per avere garanzie rispetto al mutato quadro economico degli anni novanta. Quadro economico che và ovviamente definito anche a livello storico perché non è stato ancora dimostrato che era veramente indispensabile smantellare la previdenza pubblica.

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I giovani sono per vocazione contro il conformismo. Questa vocazione, da intendersi anche come mix tra voglia di cambiamento ed aspettative si nutre degli apporti che le fasi storiche offrono. La nostra fase pur disponendo di progrediti livelli di informazione e informatizzazione non offre valori ponderati per operare riflessioni che contribuiscano a fare scelte personal equilibrate. L’orizzonte del futuro viene colto solo negli aspetti reconditi delle aspettative materiali. In sostanza i valori ponderati, cioè quelle cariche che abbiano equilibrate motivazioni di riscatto sono deboli per motivare una scelta cosi semplice in generale ma che quando poi il reddito è scarso bisogna crederci altrimenti non la si fa. Le aspettative materiali oscurano sempre i possibili equilibri che si possono raggiungere per garantirsi un’esistenza serena.

Io non credo che se i giovani avessero maggiori risorse economiche aderirebbero. Se vogliamo dirla tutta il denaro è certamente poco, ma lo si spende principalmente per avere oggi un’immagine più bella. Il problema non è tanto nella esiguità delle risorse economiche a disposizione ma nel fatto che non si coglie che in futuro senza una pensione regolare si avrà un’esistenza misera. Una svolta potrà avvenire se il parlamento approverà il decreto “Misure urgenti in materia di previdenza complementare”. Si tratta di un provvedimento d’urgenza legato alle norme che dovranno regolare i meccanismi della riforma del trattamento di fine rapporto, TFR. Lo schema del decreto è già stato firmato dal Presidente della Repubblica.

I fondi, per poter operare e ricevere nuove adesioni dovranno inviare una comunicazione alla Covip, oggi Commissione di vigilanza sulle forme pensionistiche, che con l’art.2 sarà di vigilanza non sulle forme ma sui fondi di pensione. I fondi di pensione dovranno entro l’anno se il decreto diventerà legge rielaborare i loro statuti. Vi sarà un rilancio della previdenza integrativa? Penso di si. I giovani potranno cogliere un quadro di riferimento che offre maggiori garanzie e forse comprenderanno che comunque è questa la strada da percorrere per avere una pensione che consenta di soddisfare le “esigenze di vita” del futuro.

Studente di Economia Area Finanza
Università Politecnica delle Marche
San Benedetto del Tronto

17/11/2006





        
  



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