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Il Senatore Amedeo Ciccanti risponde al collega Magnalbò.

Ascoli Piceno | “Magnalbò sta perdendo le staffe ed incomincia ad offendere, perdendo di vista anche il “bon ton” che si deve ad un collega”.

di Amedeo Ciccanti

Il collega Magnalbò sta perdendo le staffe ed incomincia ad offendere, perdendo di vista anche il "bon ton" che si deve ad un collega. Venendo da ben altra scuola politica, non userò il suo linguaggio offensivo e sprezzante ma,  alle sue considerazioni, rinnovo alcuni argomenti ben chiari a chi ha ben fermi i concetti di uno stato di diritto.

1) Chi amministra il danaro pubblico deve avere ben presenti le norme che disciplinano la contabilità pubblica. Prima esistono le regole, poi, nel rispetto di esse la "volontà politica". Se, come pensa Magnalbò, la "volontà politica" è fuori dalle regole, allora ha ragione lui  ma stiamo fuori anche dalla certezza del diritto. Personalmente ragiono con i dati e le norme della Contabilità di Stato che mi dicono che le risorse non ci sono più per le "nuove province".  Pensare di rifare al Senato le "manipolazioni" fatte alla Camera, finché sto nella Commissione Bilancio, se lo può scordare;
 

2) gli "interessi personali" in politica non mi hanno mai riguardato, anche perché non ho "buchi" di bilancio personali da coprire. Se qualche cronista ha rilevato che Magnalbò relatore delle tre province prefigura un "conflitto d'interessi" – perché personalmente interessato – è un problema che comunque esiste e non può essere liquidato come una "stupidaggine", perché è un atto di prepotenza sostenere il contrario;
 

3) L'appello alla collaborazione lo rivolga a sé stesso, visto che è lo stesso Magnalbò a portare elementi di divisione del territorio e dei sentimenti unitari della popolazione picena. Lo stesso Magnalbò dimentica che il sottoscritto lavora per l'unità della provincia, quindi per la collaborazione. Riveda lui, invece, qualche contraddizione logica;

4) per quanto riguarda la difesa del mio "traballante seggio", non si preoccupi, visti i migliori margini di affermazione rispetto al suo. Sta di fatto che la "provincia di Fermo" – se si avrà – non sarà certo merito suo, che sugli eventi recenti non ha avuto parte né diretta né indiretta, benché provi adesso a metterci il cappello. I fermani – che lui non conosce perché maceratese – non sono fessi e capiscono le modeste furbate di chi li vuole "incantare". Infatti, in uno sprazzo di arrogante lucidità,  Magnalbò dice dove stanno i meriti di chi ha voluto Fermo provincia: nella "volontà politica". Ebbene, tale "volontà" localmente è dell'Avv. Palma e del Presidente Vitali; a livello parlamentare è di Bossi. E' stato lui a volere Monza, a telefonare a Tremonti per dare la tanto attesa copertura finanziaria (non è stata  per caso ferma  per problemi "ragioneristici"). Il resto lo hanno saputo fare gli On. Zama e Cesetti, che hanno appiccicato a Monza anche Fermo. Quindi, se di "volontà politica" si tratta, Magnalbò non è in grado di spostare una virgola a favore di "Fermo provincia" e farebbe bene a rendersi conto dei suoi limiti.

21/11/2003





        
  



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