Un Don Giovanni con pochi applausi
Ascoli Piceno | Prima rappresentazione ad Ascoli dell'opera mozartiana, pubblico tiepido.
di Giovanni Desideri
Applausi poco convinti da parte del pubblico al termine della prima rappresentazione del "Don Giovanni" che mai sia avvenuta ad Ascoli (ieri sera, venerdì 7 novembre). Pur trattandosi del titolo più classico, nelle scorse settimane c'era stata forse più attesa per questo spettacolo di quanta il melomane possa riservarne ad opere di artigianato "meno perfetto" (ovvero tutte quelle di altri autori!). O forse no, visto che comunque il Ventidio Basso di Ascoli non ha registrato il tutto esaurito, ma solo un pubblico dall'età media piuttosto alta. Problemi di marketing.
La "prima", si diceva, non ha entusiasmato il pubblico presente. Non si può dargli torto, pur con eccezioni, parziali, lodevoli e notevoli. Un pregio e un difetto: una grande Donna Anna (la soprano coreana Yang Kyung Hee: che esordiente!), ma una certa rigidità sulla scena da parte di singoli personaggi o nell'interazione di molti.
Non per fare un catalogo di "buoni e cattivi", ma rigidità e poca espressività nella recitazione hanno accomunato cantanti di troppa e di poca esperienza, di grande o meno grande vocalità: per esempio il Don Ottavio dell'ascolano Roberto Cruciani (tenore), esordiente "in casa", eppure un po' spaesato, o lo stesso Don Giovanni, l'arciesperto Silvano Carroli, grande voce, minore espressività nei gesti.
Applausi per il Leporello di Romano Franceschetto (baritono), la Zerlina di Fiorella Di Luca (soprano), il coro del Ventidio Basso (diretto dal maestro Jose' Maria Sciutto), l'Orchestra Internazionale d'Italia (maestro concertatore Marco Berdondini).
Convincenti la Donna Elvira del soprano croato Suzana Savic e il Masetto del basso Danilo Serraiocco, entrambi ben calati e partecipi nel ruolo. Insieme alla Kyung Hee (che poteva contare sull'incoraggiamento di un gruppo di connazionali) i più "ispirati" della serata.
Suggestivo il lavoro di Rocco Pugliese Eerola, che ha curato la regia, le scene e i costumi: un palco sul palco di forma circolare, di volta in volta talamo, piazza, cimitero, casa di Don Giovanni, con immancabile specchio come soffitto, e tre grandi cerchi nel senso della profondità del palco medesimo. Costumi, luci, tinte accese e sulfuree (per esempio il rosso acceso della tavola durante la cena finale) intendevano disegnare un atmosfera particolarmente gotica, siccome i frequenti sbuffi di fumo bianco. E come preannunciato l'opera si è conclusa secondo l'intendimento originale di Mozart, sulla morte di Don Giovanni, qui rapito da un nugolo di diavoli.
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08/11/2003
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