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I "Nìguri" di Antonio Martino

Grottammare | Grottammare ha celebrato il 62esimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Dirtti Umani con la proiezione di "Nìguri", un film-documentario diretto da Antonio Martino.

di Alfonsi Valentina

Nìguri, 10 dicembre 2010

«Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza»: è l'articolo 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, approvata il 10 dicembre 1948 a Ginevra dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

L'anniversario è stato celebrato a Grottammare attraverso la pubblicazione di un libretto - distribuito a studenti e cittadini - contenente il testo integrale della Dichiarazione del '48 (affiancata alla prima parte della Costituzione Italiana e alle esperienze grottammaresi della Consulta per la fratellanza tra i popoli e la Consulta degli stranieri) e la proiezione del documentario "Nìguri" diretto da Antonio Martino che ha partecipato ad un incontro con il pubblico presso la sala conferenze della biblioteca comunale.

I "nìguri" sono gli africani del centro di permanenza temporanea di Sant'Anna in Calabria, malvisti e spesso disprezzati dagli abitanti italiani: «Sono nato proprio a Sant'Anna e non è stato facile parlare con persone che mi hanno visto nascere e crescere, riprendere i contatti con una mentalità così aggressiva nei confronti degli stranieri» racconta Martino «Una mentalità che deriva soprattutto da paura e mancanza di conoscenza dell'altro, tanto da parte degli italiani quanto degli africani, ma c'è anche molta cattiveria, non è stato facile mettersi in ascolto, capire e filtrare».

Il problema dell'integrazione è reale e complesso ma, dice ancora Martino, «manca la volontà di cercare soluzioni concrete e positive: gli stranieri vengono raccolti nel centro di accoglienza e lì restano per mesi, in attesa di permessi e documenti, mesi completamente vuoti che destabilizzano e gettano nella disperazione queste persone, già duramente provate da viaggi durissimi e da violenze: non dimentichiamoci che molti di loro passano dalla Libia prima di arrivare qui. Si potrebberò organizzare corsi di lingua italiana o altre attività utili, per dare un senso alla permanenza nel campo e consetire loro di conoscere gli usi e la cultura del paese in cui sono arrivati: si preferisce non farlo perché in quel caso il centro comincerebbe a funzionare davvero, si svuoterebbe progressivamente e non arriverebbo più i fondi che, tenendolo in piedi, danno lavoro a moltissime persone della zona. Per convenienza, il centro deve restare pieno. Ricordo che a Sant'Anna c'era disagio quando, per un periodo, i "nìguri" non arrivavano più. E dobbiamo ricordare che a volte, nella gestione di questi centri, si infiltrano le organizzazioni criminali. La politica è spesso assente, se non per sfruttare la paura e la diffidenza degli italiani al fine di ottenere consensi».

17/12/2010





        
  



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