LORDE

Pure Heroine

Ritrovarsi a 17 anni sulla copertina di Billboard, la bibbia dell'industria discografica americana o essere posta da Time tra i 15 neo-artisti più influenti del panorama giovanile mondiale e ricevere ben 4 nominations ai Grammy Awards, tra cui la canzone dell'anno ("Royals") e il disco dell'anno ("Pure heroine") più che un traguardo rappresenta un punto di partenza per Ella Maria Lani Yelich O'Connor, in arte Lorde, neozelandese di Aukland, classe 1996, che all'età di 13 anni si è ritrovata un contratto discografico con la Universal.

Aristocratica e raffinata nei modi e figlia di una poetessa (Sonja Yelich) molto celebrata in patria, Ella era sul palcoscenico già a 5 anni e a 12 componeva le sue prime canzoni tra una lettura di Kurt Vonnegut, un'altra di Raymond Carver (che le ha inculcato l'amore per la scrittura di brevi racconti con la quale si esercita da diversi anni) e le poesie di mamma e oggi tra i suoi scrittori preferiti cita Claire Vaye Watkins e Wells Tower. Per farla breve Lorde (che con la sua immagine preraffaellita avrebbe voluto farsi chiamare Lord ma ha aggiunto una "e" per un leggero tocco di femminilità) ha personalità e presenza da vendere, doti che certamente le faranno superare le difficoltà insite nello scaltro mondo dell'industria (le vendite di questo disco sono già vicine a quota 1 milione di copie). A dimostrazione di una crescita lontana dalla sicumera ci sono composizioni ("Swingin' party","Tennis court", "Bravado"), davvero mature che, visto l'andazzo dei mercati, delle tv piene di immondizia sonora e del format dei talent show che opprime il nostro presente, non sembrano appartenere ad una giovanissima artista giunta dai confini del mondo.

Lorde non disdegna il rap e l'hip hop ("Million dollar bills", "Team", "White teeth teens", "Glory and gore" che ha il sapore di Lana del Rey), vangelo dei giovani di oggi, ma riesce a dosarlo con una poco ordinaria padronanza del linguaggio sonoro che le ha dato una forte coscienza di sé e del suo valore di "pura eroina" di un immaginario mondo elfico o wagneriano.

L'ascolto del disco rimanda a suoni di un'elettronica intelligente à la Stereolab ma anche ai colori di milioni di immagini che scorrono su You Tube. Le sue canzoni più che raccontare uno spaccato di sogni e di traguardi da raggiungere oppure di amori perduti nella sfera adolescenziale entrano nelle pieghe dell'ansia legata alla crescita e nel riflesso del mondo degli adulti e non cercano mai il ritornello facile che possa arraffare una classifica veloce o dare un'immagine da ninfetta o starlette tanto influente da potersi imporre per vendere dischi.

Voto 7,5/10