Maurizio Pollini e la chiarezza in Bach
L'Aquila | Il grande pianista si è esibito giovedì 25 novembre a lAquila. Intervista esclusiva.
di Giovanni Desideri
Maurizio Pollini
Inizia il concerto, e il celebre Preludio in do maggiore si leva come un vento terso. Maurizio Pollini affigge sull'ampio palco un programma di chiarezza e movimento spedito, l'ampia base di un lavoro che pare costruirsi pagina dopo pagina.
E alla fine della serata i mille dell'auditorium "Florio" a l'Aquila sembrano avere di fronte una vasta tela dipinta, una performance portata realmente a compimento. Non c'è bisogno di un intero ciclo. Anche in un singolo concerto, per esempio quello di giovedì 25 novembre per la società "Barattelli", il pianista realizza un "progetto Pollini": idee musicali volute, scelte, levigate. Di scena il Clavicembalo ben temperato, volume primo.
Gli elementi dell'interpretazione vengono mostrati in successione. Chiarezza soprattutto, sempre. Il volto del maestro si illumina d'approvazione quando al termine del concerto gli chiediamo delle sue scelte. E quanto più appare chiaro l'intento complessivo del musicista, tanto meno ha senso notare una lieve défaillance, discutere se l'interprete debba ispirarsi al marmo impeccabile di Canova o alla "perfezione" spinoziana della natura.
L'armonia è il secondo elemento. A poco a poco sembra diventare forza propulsiva dell'intero discorso musicale. All'ascolto sorge l'idea di un movimento non lineare, di una massa sonora che procede affrontando e superando gli elementi dell'edificio che il compositore ha progettato. Forse un movimento dialettico, hegeliano ante litteram? «Certamente no», ci risponde Pollini, «La musica è trascendenza. Bettina Brentano, che è stata amica di Beethoven, riferisce come egli avesse questa idea».
Questa mossa sulla scacchiera bachiana ci porta allora al terzo elemento, la struttura. L'armonia stessa vi è riassorbita, entra in gioco la scansione nelle severe forme di preludio e fuga, la "matematica" in Bach. Pollini sottolinea questo aspetto. Per esempio nella Fuga in do diesis minore, momento lento e labirintico.
Ma il viaggio non finisce neppure qui: «Certamente Bach era una grande mente matematica», commenta il maestro milanese «Ma diciamo che c'è in lui una sintesi con l'umano e le sue passioni. Anzi, una prevalenza di quest'ultimo elemento, come nelle cantate, ognuna delle quali è intrisa di un aspetto dell'animo umano, e nella stessa musica strumentale, che è trascendente nello stesso senso. In Bach vedo più un simbolista». È il motivo per il quale la sentiamo canticchiare durante l'esecuzione? «Ah, quello è un brutto vizio!».
Infine la melodia. Complessivamente, l'interpretazione di Pollini è costruita su un'ampia arcata di musicalità. È la sorgente da cui scaturisce quel canto così legato alle scelte esecutive. La complessa trama delle pagine di Bach, ce lo ha ricordato egli stesso, è allusione all'umano e alla trascendenza. La musica ascoltata a l'Aquila contiene tanti costituenti, come una soluzione ricca di elementi chimici. Soprattutto, però, un canto agile, il vento terso al quale torniamo. Scrive Montaigne: "Il mio spirito non cammina se le gambe non lo fanno muovere". L'interpretazione bachiana di Pollini possiede le due qualità, della chiarezza e del movimento. Riflessione sulla musica che muove alla riflessione.
Due i bis: l'ultima fuga del primo libro, in si minore, e il preludio e fuga in sol maggiore.
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03/12/2010
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