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Si scioglie il Comitato "tanto-paga-Pantalone"

| SAN BENEDETTO - Con il nuovo decreto "salva-assicurazioni", viene frustrata ogni possibile azione legale "di massa" anche nei confronti dell'Italgas.

di Clemente Ciampolillo

Con l'entrata in vigore del decreto 8 febbraio 2003, n. 18, c.d. "decreto salva-assicurazioni" in quanto destinato ab origine a contrastare i sacrosanti diritti dei consumatori in materia di RC auto, mi sembra corretto spegnere qualsiasi illusione in coloro che ci avevano dato fiducia in merito ai rimborsi dell'I.V.A. relativa alle bollette Italgas.

Detto decreto, infatti, nel momento in cui preclude ai cittadini il diritto di poter adire ai giudici di pace chiedendo l'applicazione del principio "di equità", cambia le carte in mano mentre la partita è in pieno svolgimento e concede un incolmabile vantaggio - se mai ne avessero avuto bisogno! - a coloro che sono in grado di imporre le proprie condizioni nei confronti della gente comune!

Il nostro obiettivo era semplice: dimostrare innanzi ad un giudice che l'Italgas aveva applicato le disposizioni di legge in materia di IVA a nostro danno, facendoci di conseguenza pagare una maggiore imposta stimabile intorno ai 3/500 euro a famiglia (in pochi anni), per poi realizzate su un apposito sito Internet - già chiamato "tantopagapantalone.it" - un fac-simile di atto di citazione attraverso il quale chinque potesse, gratuitamente, fare causa all'Italgas per ottenere indietro quanto versato in più in tutti questi anni. 

Con l'attuale formulazione dell'art. 113 c.p.c., invece, viene esclusa ex lege l'applicazione del principio "di equità" per i c.d. contratti "di massa", id est per tutti quei contratti conclusi con sottoscrizione di moduli o formulari, anziché con trattativa privata. La differenza è sostanziale: il giudizio "secondo equità" ammetteva, infatti, che il giudice quantificasse l'I.V.A. indebitamente addebitataci dal gestore del gas non già "secondo diritto", bensì in base al suo "buon senso". ammetteva  nel nostro caso che il giudice quantificasse l'I.V.A. indebitamente addebitataci dal gestore del gas non già "secondo diritto", bensì in base al suo "buon senso".

Ora, invece, si impone allo stesso giudice (e quindi, indirettamente, al cittadino) di quantificare con precisione il danno ricevuto - in specie, la maggiore imposta assolta - argomentando, in modo altresì preciso, la propria decisione. Cosa, ovviamente, impossibile dal punto di vista pratico: come può pretendersi di misurare con precisione il quantum pagato in più per tanti anni, tra il minimo del 10% (previsto per i consumi di gas destinato alla cottura cibi e alla produzione di acqua calda) e il massimo del 20% (riscaldamento), se non secondo buon senso e, quindi, in modo forfettario?

A nostro giudizio, un siffatto decreto umilia il comune cittadino e ne mortifica i diritti civili: questi non soltanto non è in grado, minimamente, di poter contrattare il prezzo che gli viene applicato in merito alla fornitura di servizi pubblici (si sottolinea: "essenziali" alla sua sopravvivenza) e che gli viene imposto da forze a lui superiori, ma addirittura, con questo decreto, non è più neanche legittimato a difendersi innanzi all'autorità giudiziaria per chiedere, quanto meno, che la legge venga applicata in modo corretto!

In queste condizioni, un'organizzazione spontanea (e assolutamente non lucrativa) come la nostra non ha senso di esistere, né vale la pena di lottare. Se detto decreto verrà convertito in legge, il Comitato di diritti civili "tanto-paga-Pantalone" sarà costretto a chiudere i battenti: non abbiamo alcuna intenzione di prendere in giro la gente, né tanto meno di essere presi in giro noi stessi!.

14/02/2003





        
  



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