Servono ancora i comitati di quartiere?
| Quale ruolo per i Comitati di quartiere?
di Pierluigi Addarii
Sono passati più di dieci anni da quando, con le leggi 142 e 241 della "trasparenza" e "partecipazione", si apriva una stagione nuova che prefigurava un diverso rapporto tra amministrazione e cittadini. Uno degli strumenti innovativi previsti da tali normative fu l'introduzione dello "Statuto comunale", il libro dei diritti e doveri dei cittadini e dell'Amministrazione, oggetto di accese ed approfondite discussioni anche nel nostro territorio.
Lo Statuto comunale prevedeva, tra l'altro, due novità: il Difensore Civico e l'Organismo di Partecipazione. (Su questa specifica questione fu anche organizzato un convegno a cura di alcune associazioni sambenedettesi) Fu in questo stesso periodo che iniziarono a costituirsi in modo spontaneo i "comitati di quartiere". Basta andare a rileggerne gli atti costitutivi per ricordare che lo scopo principale di queste associazioni di cittadini era quello di aggregare, ricostruire un tessuto sociale, creare relazioni, organizzare momenti di socializzazione, porre più attenzione al proprio territorio e, in ultima analisi, raccogliere segnalazioni da trasmettere all'Amministrazione Comunale.
In considerazione di questo ruolo di "antenna", lo Statuto Comunale prevede che i Comitati di quartiere siano rappresentati all'interno dell'Organismo di partecipazione, l'unico organo ufficialmente referente della Amministrazione Comunale.
Nel corso degli anni, però, è venuto meno il ruolo dell'Organismo di Partecipazione, svuotato del suo ruolo di proposta e di denuncia, anche a causa della costituzione delle varie commissioni volute dai diversi amministratori. D'altro lato si è assistito ad un fenomeno di "istituzionalizzazione" dei comitati di quartiere; si è creato uno statuto standard uguale per tutti, sono state definite regole per le elezioni dei consigli direttivi, si è data loro artificiosamente una "evidenza pubblica" che i giornali locali hanno contribuito ad enfatizzare.
Questo fatto ha avuto come conseguenza la creazione di un ruolo di rappresentanza e di mediazione dei comitati nei confronti dell'Amministrazione che non trova nessun riferimento normativo. Inoltre si è di fatto costituito - anche se informalmente - una sorta di "consiglio dei Presidenti" dei Comitati di quartiere che spesso è intervenuto su materie complesse senza nessun confronto né con i Consigli Direttivi né con i cittadini. Abbiamo assistito a pronunciamenti sulla viabilità e sul piano regolatore, sul Bilancio comunale e sulla destinazione di edifici pubblici. Addirittura, ed è notizia di alcuni giorni fa, alcuni presidenti hanno manifestato il loro entusiasmo sulla apertura domenicale degli esercizi commerciali.
Occorre dire che questo ruolo è stato anche favorito dalle Amministrazioni Comunali (non solo questa attuale), che hanno sfruttato cinicamente i Comitati di quartiere: alcune volte sono serviti da "vetrina" (ricordate i bilanci preliminari presentati nei quartieri), altre volte a giustificare decisioni "impopolari" (dalla pista ciclabile alla raccolta differenziata, alla pulizia automatizzata delle strade). Quando poi le richiesta dei comitati sono in contrasto con i progetti dell'amministrazione di turno, basta richiamare il bene complessivo della città (il caso della vendita degli edifici scolastici ne è l'ultimo esempio).
Un'altra spiacevole conseguenza di questa deriva dei comitati di quartiere è la loro politicizzazione; basta osservare quanto avvenuto nelle ultime elezioni dei consigli direttivi per rendersene conto.
Questo fatto evidenzia, ove ce ne fosse bisogno, che i partiti politici non riescono ancora ad esprimere ambiti dove ci sia possibilità di esprimersi e confrontarsi, progettare e pianificare. Ecco allora il surrogato dei comitati di quartiere, che rischiano così di diventare caricature di tanti piccoli consigli comunali.
I Comitati di quartiere debbono ritornare al ruolo iniziale di animazione del territorio, agendo sulle piccole cose che sono vicine alla gente; non si possono sostituire all'Amministrazione ma debbono attivarsi secondo il principio di sussidiarietà, che non vuol dire supplenza né invasione di ambiti non propri.
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23/04/2003
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