Intervento ufficiale del Sindaco Domenico Martinelli
| SAN BENEDETTO - Martinelli:"In un Europa profondamente cambiata rispetto al 25 Aprile di 60 anni fa bisogna partire dai valori dei ragazzi di allora per costruire il futuro".
di Domenico Martinelli*
Onorevoli Scaltritti e Ruggieri, Senatore Ciccanti, assessore provinciale Silla, autorità civili e militari intervenute, rappresentanti delle associazioni combattentistiche e d'arma, cittadini intervenuti.
Tutti sappiamo che la data del 25 aprile rappresenta un giorno fondamentale per la storia della Repubblica Italiana. E' l'anniversario della rivolta armata partigiana e popolare contro le truppe di occupazione naziste tedesche e contro i loro fiancheggiatori.
Sappiamo anche che, alla liberazione dell'Italia dalla dittatura, si poté arrivare grazie al sacrificio di tanti giovani ragazzi e ragazze che, pur appartenendo ad un ampio ed eterogeneo schieramento politico (dai comunisti ai militari monarchici, passando per i gruppi cattolici, socialisti ed azionisti), si chiamavano con un solo nome, quello di partigiani. Che questi ragazzi e ragazze combatterono al fianco di molti soldati provenienti da Paesi diversi e lontani (dagli Stati Uniti all'Australia, senza dimenticare Inglesi e Francesi), ma tutti accolti come alleati.
A mio modo di vedere, ciò che oggi, a quasi 60 anni da quegli avvenimenti, merita una riflessione particolare è capire come i valori che la Resistenza e la guerra di Liberazione ci hanno tramandato possano essere da guida, da punto di riferimento per tutti noi nella particolare fase storica che stiamo vivendo.
Ritengo di concordare pienamente con chi afferma che la Resistenza fu un momento edificante in cui si affrontarono i sostenitori della libertà, della democrazia e della giustizia sociale contro la tirannide. In questo senso, direi che più che una guerra civile, quella di Liberazione fu una "guerra per la civiltà".
Ebbene, oramai abbiamo capito, e la tragedia dell'11 settembre 2001 ce ne ha dato una tragica dimostrazione, che tutti noi siamo impegnati in una battaglia per la civiltà, in un confronto tra due concezioni dell'esistenza. Da una parte i valori della democrazia, della giustizia, della libertà come fonte suprema di affermazione della dignità dell'individuo che nella nostra Europa hanno la culla e che, per quanto riguarda la storia del nostro Paese, costituiscono il fondamento della nostra Costituzione repubblicana. Dall'altra parte troviamo l'oscurantismo, il fanatismo, l'intolleranza, il terrore come metodo di azione politica che non solo minacciano la nostra sicurezza ma (forse è la cosa più grave) rischiano di travolgere ogni processo di confronto dialettico, di comprensione reciproca tra cultura diverse che invece, in una società senza più confini come quella in cui viviamo, deve diventare il metodo costante dell'agire politico ad ogni livello.
Abbiamo appena visto che cosa significhi una guerra, ancorché mossa dalla necessità di riaffermare quei valori di cui la società occidentale è portatrice e che si vorrebbero estendere anche a quei popoli che oggi non ne possono godere. Morti, distruzioni, e successivamente disordini, saccheggi e anarchia sono purtroppo le caratteristiche costanti di ogni conflitto.
E' successo anche da noi, sessant'anni fa, e abbiamo giurato solennemente, com'è scritto nella Costituzione, che mai più la guerra sarebbe stato uno strumento usato dagli italiani per risolvere le controversie internazionali. Solo un Paese come il nostro, che ha conosciuto gli strazi della guerra ed ha saputo risollevarsi, può oggi dire, a voce alta, che le Forze armate possono e debbono avere un nuovo ruolo, ancor più prezioso di quello svolto in passato. Oggi i nostri militari svolgono, con grande abnegazione ma anche con indubbio prestigio, il ruolo di portatori di pace, di forza dotata di armi al solo scopo di mantenere stabilità e sicurezza laddove queste sono ancora fragili.
Se ci pensate, questa è un clamoroso rovesciamento di finalità: le armi, da sempre usate come strumenti di morte, diventano mezzo per guadagnare la pace. E' una conquista degli ultimi anni, frutto di un processo di intese a livello internazionale che ha trovato negli organismi sovranazionali come l'Unione Europea e l'Organizzazione delle Nazioni Unite le sedi ideali per essere codificata e riconosciuta dalla maggior parte dei Paesi.
Ecco perché, come non si stanca di ripetere il Presidente della Repubblica, questi organismi debbono assurgere ad istituzioni dotate di reale potere e di reale autonomia. Per quanto riguarda l'Europa, siamo alla vigilia di importanti scadenze. L'Italia sta per assumere la presidenza di turno proprio mentre si concretizza il progetto di una carta costituzionale europea. E il prossimo anno saremo chiamati alle urne per rinnovare un parlamento europeo che, con l'allargamento a 25 paesi membri, dovrà avere caratteristiche e ruoli diversi da quelli avuti sinora.
"L'Unione Europea- ha detto Ciampi poche settimane fa - è un esperienza senza precedenti nella storia del continente e della comunità internazionale. E' la scelta di popoli liberi che si riconoscono in finalità e valori comuni e si organizzano per realizzarli. Ci ha arriso il successo ogni qualvolta l'integrazione europea è avanzata. Abbiamo pagato un prezzo ogni qualvolta abbiamo esitato. L'aspettativa dei cittadini europei di acquisire un'identità compiuta- ha detto ancora il nostro Presidente - di far sentire più forte la propria voce nel mondo, si fa sempre più intensa. Ma l'Europa sa anche che è il momento, più che mai, di rinnovare la fiducia nel sistema delle Nazioni Unite e nelle istituzioni multilaterali, e di cercare nel suo interno e nelle sue regole la risposta alle sfide e ai rischi che ci circondano, ricorrendo, quando non rimangano alternative ad una fondata speranza, anche all'uso della forza e comunque sempre in conformità con la Carta delle Nazioni Unite".
Io credo che siano queste le sfide che ci attendono. Si tratta di cambiamenti radicali perché comportano un totale ripensamento dei nostri punti di riferimento a livello nazionale ed internazionale. Ma, come ho detto prima, è lo scenario che è mutato completamente e nuovi debbono essere gli strumenti con cui si devono affrontare i problemi.
Intatti sono invece i valori di partenza, i punti cardinali che dovranno orientarci nell'azione politica, dal più piccolo Comune amministrato ai consessi internazionali. Gli stessi valori che, anche a prezzo della loro vita, ci hanno consegnato quegli splendidi e generosi ragazzi e ragazze di 60 anni fa.
* Sindaco di San Benedetto del T.
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25/04/2003
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