Puntualizzazione conclusiva del nostro editoriliasta sulla TV
| Tra i pro e i contro, tra Tv spazzatura e Tv da salvare.
di emme
Una mia nota sulla trasmissione tv. "Il Grande Fratello", ha provocato la indignata reazione di Roncarolo Antonella che - a suo dire - si è vista "costretta" a puntualizzare ( "costretta da chi?).
E allora puntualizzo anch'io. Innanzitutto, forse la mia interlocutrice non se ne è accorta, tutti i giornali hanno scritto su questo tema. Dei due che cita mi darà atto che l'articolo di Natalia Aspesi è del giorno 8 e quello di Aldo Grasso del giorno 9. Quindi non potevo conoscerli quando ho scritto quella mia noticina che, se non sbaglio, è stata spedita al Direttore proprio il giorno 8.
Non ho affatto " parlato bene" del prodotto televisivo in questione, ma mi sono limitato a prendere atto di un fenomeno che è sotto gli occhi di tutti e che preoccupa ( v. su queste colonne, lo scritto di Premici, per tutti ). Se avessi voluto dare un giudizio di valore, mi sarei dovuto confrontare con l'opinione della Natalia Aspesi, citatissima dalla mia interlocutrice, . "...chi ha inventato questo gioco è un genio e si pone allo stesso livello dell'irraggiungibile talento mediatico del Cavaliere: la finzione...trasforma il popolo in lemuri felici di autodistruggersi..." scrive la Aspesi, ma non mi è sembrato, né mi sembra il caso di buttarla in politica.
Ho creduto di poter scrivere impunemente che si è trattato di uno spettacolo coerente con la piatta quotidianità nella quale viviamo immersi (la Aspesi ha colto, sia pure con diverso taglio, questo punto).
Ho espresso l'opinione che, alla fine di quello spettacolo, la spontaneità, simulata o no che fosse, ha fatto aggio sul diffuso culto della venustà. (Anche qui, devo dar atto alla Aspesi di aver capito e illustrato questo aspetto. Cfr: ."la vittoria della bruttina sui belli, della rustica primitiva sui villani rifatti").
Mi è sembrato che il coacervo di comportamenti elementari espresso da quei concorrenti corrispondesse alla generalità dei giovani.
Ho sottolineato l'atteggiamento, cautamente ma irrimediabilmente maschilista, dei concorrenti.
Ho espresso giudizi non del tutto lusinghieri, ma incontestabili sulla vincitrice. Avendo appreso in giovane età le regole del giornalismo, io non avei mai osato insinuare il dubbio impietoso sulle vicende della infanzia di costei ("sarà poi vera o fa parte di un copione" sic!) senza prima verificare. Cosa piuttosto facile, visto che bastava una telefonata alla istituzione che l'ha ospitata fino a 14 anni e parlare con una vecchia e sorridente Suor Etisia ( se ho ben compreso il nome), che l'ebbe in cura e custodia.
Aggiungo ora che trovo disgustosa e corruttrice la filosofia di questo "gioco" televisivo che spinge ciascun concorrente a eliminare, con ogni mezzo, tutti gli altri ( vince l'ultimo che rimane in piedi, quindi sotto con coltelli alla schiena e veleni!), come accade nelle aziende e in politica.
Bisogna capire, poi, che questa trasmissione è stata seguita da otto o nove milioni di telespettatori su circa 24, per tre mesi. Qualche motivo ci dovrà pur essere. Obbiettare che 50 milioni di Italiani non l'hanno guardata, non è un argomento, ma una topica colossale, visto che quegli otto milioni rappresentano il 33% dei telespettatori. E questo è il dato statistico: il resto è un voler sommare le pere con le mele. Questo fenomeno, dunque, esiste e non con lo sprezzante silenzio, ma con l'indagine critica (ed autocritica), si può contrastare. Ben vengano, quindi, commenti e polemiche.
Accetto, anche se non condivido, l'opinione che le giovanette in genere siano diverse dalle sfacciate concorrenti in questione. E allora bisogna riflettere e trovare altra e più valida spiegazione. Questo hanno fatto Aldo Grasso sul Corsera e Natalia Aspesi su La Repubblica. Ma il primo non è piaciuto alla mia interlocutrice ed è stato liquidato come autore di uno " sfogo senile". A me è sembrato, invece, lucidissimo analista, tutt'altro che rimbambito La Aspesi, invece è piaciuta tanto, che la mia interlocutrice ne ha preso in prestito anche qualche espressione e qualche concetto: "Non essendo mai riuscita a vedere il Grande Fratello per più di due minuti" (Roncarolo) - "Non sono mai riuscita a vedere il Grande Fratello, più di due minuti" (Aspesi ).
Il fatto che tutti i giornali abbiano commentato la trasmissione in questione, da ragione a quanti oggi si allarmano e vogliono discuterne. La Aspesi scopre l'acqua calda quando dice che penetra nei cervelli e li manipola: non a caso si chiama "Il Grande Fratello". Che si potesse convincere un popolo, tramite i media, di ogni nefandezza, è la geniale intuizione di Orwell, ma la stessa Aspesi mette il dito sulla piaga quando sostiene che tutta la televisione è così.
E allora mi domando (perché questo è il punto che interessa), e sia chiaro che aborro le generalizzazioni, sono o non sono un prodotto della tv e da chi sono composte le folte schiere di concorrenti selezionale che l'estate scorsa lottavano per essere promosse "veline" e le altrettanto folte schiere di quelle che si sono proposte per Il Grande Fratello? - Siamo proprio sicuri che non rappresentino un "campione rappresentativo?", sia pure di una consistente minoranza di giovani?
Sono solidale con la mia gentile interlocutrice quando dice che nella strada della vita le scorciatoie non ci sono e che bisogna studiare e lavorare per avere delle chances ( il concetto non è nuovo: ci abbiamo fondato sopra la moderna società europea). Ma è sicura che mature ragazzette non continuino, invece, a credere alla favola di Cenerentola - che è una fiaba crudele, crudelissima, almeno nella versione di Basile. E non è forse vero che un esercito di fotografi, agenti, aspiranti registi, registi, sceneggiatori nominali e più strani tipi, campano convincendo ben disposte ragazze che "L'importante è trovare l'occasione per farsi notare"? E non è vero che il " divismo" è un forte elemento di corruzione dei giovani? E che, se un giovanotto fa un film sul mondo della tv, viene inesorabilmente boicottato? Vorrei che qualcuno mi convincesse del contrario, senza banalità tipo: i buoni film di una volta, i bravi comici di un tempo, non guardate la tv. ma leggete un buon libro o fate all'amore...
Quanto all'uso di un linguaggio volgare, farcito di organi sessuali ed orifizi per l'evacuazione del " soverchio peso del ventre", neanche a me piace e lo trovo particolarmente sconveniente su labbra femminili. Ma è il linguaggio della televisione, non solo de Il Grande Fratello! - Quando si sentono ragazzine parlare fra loro come scaricatori di porto (come si sarebbe detto un tempo), a quelli della mia generazione viene la pelle d'oca. Però, anche qui c'è un problema: o censuriamo la poesia giocosa delle origini e Dante e Machiavelli e Pietro Aretino e Leopardi e, giù per li rami fino alla fungaia, Erika Jong e Silvia Balestra e Madonna e tutti quelli che volete voi, o ammettiamo che anche le mitiche "parolacce" hanno una loro funzione. Quando Nicolò Machiavelli esordisce con un sonoro "Cazzus!", scrivendo a Guicciardini, non è in preda ad un attacco di coprolalia, ma intende dire qualcosa. Quando la borghese società dei buoni sentimenti del XIX sec bandì il turpiloquio, ne ammise, ipocritamente, la legittimità nell'uso dialettale ed il genio del Belli poté esprimersi indisturbato e produrre infinite edizioni de I Sonetti.
Un'ultima chiosa: scrive la mia interlocutrice che la trasmissione ha violato il codice di autoregolamentazione per i minori. Non mi intendo di Leggi e le credo sulla parola. Ma se la Legge è uguale per tutte le trasmissioni, parliamo anche delle altre: presentatori in mutande, giovanette in sleep sotto minigonne che, a forza di essere sempre più mini, non sono più gonne, spalline che cadono a mostrare ghiandole mammarie in perenne guerra con la legge di gravità, terrificanti strizzate di testicoli, baci lascivi (si fa per dire) e tutto quel che vedete ogni giorno, in spregio alla Legge del buon gusto.
Di fronte a tanto si può:
a) protestare;
b) non comprare i prodotti pubblicizzati in mezzo a quelle trasmissioni (proposta di U.Eco);
c) far finta di niente;
d) godersi lo spettacolo;
e) recuperare, sotto lo zerbino, la chiave della personale torretta d'avorio e - gran godimento! - chiudersi a doppia mandata, dedicandosi alla emozionante lettura di Kerouac ("On the road", immagino, poiché nessuno ha il coraggio di affrontare lo sterminato "The town and the city").
|
15/05/2003
Altri articoli di...
Le strade musicali dell'Ebraismo nel compendio cinematografico di David Krakauer
Quando il giornalismo diventa ClickBaiting
Kevin Gjergji