Una modesta proposta ovvero San Benedetto da bere
San Benedetto del Tronto | Renato Novelli dall'Afa
di Renato Novelli
Il nostro Agosto è dominato dall'improvvisa consapevolezza della crisi del turismo. Si dice e lo ha sottolineato Gino Troli nel suo intervento di qualche tempo fa che una delle cause del calo è da ricercare nell'assenza di eventi significativi.
Colgo al volo un intelligente articolo sulle bibite tradizionali di Davide Paolini sul Domenicale del Sole 24 ore di Domenica 10 Agosto per proporre un'iniziativa di assaggio, rivalutazione, rilancio dei prodotti dissentanti tradizionali che hanno perduto la guerra commerciale con i guerrieri globali: l'indefinibile Coca Cola , la Sprite dalle bollicine servili, i Bacardi un po' bastardi all'uva o all'ananas, i mangiaebevi al falso risparmio di calorie, gli orridi thè freddi sdolcinati con l'alternativa tra gusto alla pesca o al limone.
Pensiamo, come dice Paolini, alle vecchie glorie:
la pizzicosa gazzosa che ha addolcito l'infanzia di tutti gli anziani di oggi, piacevole e sincera, perché non nasconde la componente zucchero, come fa la Sprite (che è solo una pallida imitazione).
Ci sono oggi produzioni di qualità e San Benedetto ha una bella tradizione storica da ricordare e recuperare.
il nobile Chinotto, che viene da un agrume raro (Citrus Myrtifollia) che cresce in zone selezionate e ristrette. Il sapore leggermente agre e il filo di dolcezza zuccherina del frutto, rendono il nostro Chinotto (China ed 8 ) un sistema raffinato, un po' demodé di dissetarsi, la fantasia locale contro la piatta acqua mascherata delle bibite internazionali.
gli sciroppi che ci riportano ad un fai da te, cioè ad una capacità di iniziativa e di scelta che chiede al bevitore attenzione, gusto personalizzato e non passività come le signore multinazionali della sete.
Tra gli sciroppi più usati non è dei nostri chi ha dimenticato la cedrata, con il suo sapore di dolce contenuto in una frescura da bere che assomiglia all'ombra ampia di un tiglio gigantesco.
Infine cito uno sciroppo e un alcoolico che Paolini trascura: l'orientale dolce tamarindo e il sano, curativo, amaro, dissetante rabarbaro.
Altri possono anche pensare alla spuma delle cantine che ancora oggi è in auge nei piccoli centri, nelle bocciofile, negli spacci - bar della campagna picena.
La mia proposta è elementare:
rilanciamo i prodotti tradizionali all'interno di una rivalutazione della fantasia, avvicinando con allegria anche i giovani vacanzieri che sono fedeli alla Riviera. Nel lungo periodo candidiamo San Benedetto e il suo territorio (tanto per non dimenticare che oramai siamo integrati in un sistema territoriale già operante) a diventare una delle capitali di assaggio, promozione e diffusione di questi prodotti.
E soprattutto che Sben (cioè San Benedetto come viene chiamato da un artista di grande immaginazione interdisciplinare che espone in questi giorni in Palazzina, Luca Patella) non si avvolga in un localismo strapaesano, ma usi la memoria collettiva come una qualità operativa nel presente e un fattore di identità verso il mondo esterno.
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12/08/2003
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