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La tavola rotonda conclusiva del convegno “Oltre le Terre di Mezzo”

San Benedetto del Tronto | Gli interventi a chiusura del convegno registrano la partecipazione dell'Ass. Secchiaroli e dei rappresentanti delle organizzazioni di tutela degli individui.

di Melissa Cellini

Si è concluso oggi a San Benedetto il Convegno Nazionale sulle ipotesi per delle politiche sulla prostituzione "Oltre le Terre di Mezzo". Grande partecipazione anche alla seconda giornata che ha visto in mattinata succedersi le relazioni conclusive dei lavori di gruppo scussi ieri ed una tavola rotonda con gli interventi finali a conclusione dei lavori. Erano presenti al dibattito illustri rappresentanti di associazioni, enti ed organizzazioni a carattere nazionale e locale, mentre sono intervenuti al tavolo della discussione l'ass. Secchiaroli, Lucio Babolin del C.N.C.A., Carla Corso, il Proc. della Repubblica Cataldo Motta, l'ass. prov. Rossini e il coordinatore di On The Road Vincenzo Castelli.

"La prostituzione  si sta allargando a tutte le fasce di età: ma quel che preoccupa  è il fenomeno della prostituzione minorile, cresciuto negli ultimi anni in maniera vertiginosa" ha dichiarato l'Assessore Regionale Marcello Secchiaroli. Il problema è soprattutto legato alle possibilità di intervento poiché la Regione auspicherebbe una maggiore trasferimento di competenze e fondi ai territori "affichè possano essere trasformati in servizi quei progetti che per anni sono stati sperimentati". La parte governativa invece secondo l'assessore alle politiche sociali "si propone tracciando un 'filo rosso' cioè un atteggiamento scientifico nei confronti di tutte anomalie, penalizzandole e tentando di nasconderle. Anche con le nuove legiferazioni ad esempio sulle tossicodipendenze, sul tribunale dei minori, sulla disabilità di tende a voler isolare i fenomeni di difficile inserimento comunitario piuttosto che auspicare l'integrazione."

"La prostituzione deve entrare a far parte di una politica di welfare affinché la comunità prima di tutto la conosca e riesca ad affrontarla. Nel 2000 - ricorda Secchiaroli - si è insediato il Tavolo Regionale sulla  prostituzione e sulla tratta  cui partecipano le quattro Province  marchigiane, le associazioni On the Road  e Free Woman  Onlus. Nelle riunioni  svolte dal suo insediamento ad oggi, sono state discusse  le azioni  da programmare sul territorio  in collaborazione con enti  ed organismi pubblici e privati, in particolare sono stati  coo-finanziati i progetti  presentati dalle due  associazioni  ai sensi dell'art. 18 del decreto legislativo n.286/98".

Lucio Babolin, presidente nazionale del C.N.C.A. - Comitato Nazionale Centri d'Accoglienza, ha sottolineato il grande divario tra le politiche e la realtà del fenomeno. "Il problema non è la prostituzione ma la filosofia della punibilità che spesso accompagna l'approccio all'esercizio. Si dovrebbe piuttosto cercare di convergere sul fenomeno con atteggiamenti non politici ma a costruzione di una rete pratica che trasformi le sperimentazioni delle attività di recupero e tutela in 'sistema', cioè modus operandi. E' necessario non dimenticare il diritto della persona di autodeterminarsi e decidere della propria vita nel rispetto del concetto di sicurezza costruito sulla compartecipazione di ogni comunità alla gestione della realtà di prostituzione."

Altra voce rilevante che si erge a critica del DDL 3826 Prestigiacomo-Bossi-Fini è Carla Corso del Comitato dei Diritti Civili per le Prostitute. "E' improponibile - commenta - e se si mettessero in mente di approvarlo non potrebbero applicarlo" . D'altra parte evoca un maggiore riconoscimento per quelli che sono i diritti delle donne che si prostituiscono: "la caduta del muro di Berlino paradossalmente invece di portare libertà e diritti ha creato il grande divario economico tra le due Europe secondo cui chi proviene dall'est spesso non ha possibilità di vivere se non facendo determinate scelte. Per questo è necessario che le donne abbiano il diritto anche di avere una protezione sociale – che può essere data dall'art. 18 – che realmente però favorisca il ritorno ad un reinserimento sociale, che innanzi tutto vuol dire vivere normalmente tra la gente non in strutture isolate a mo' di istituti di pena. Le donne devono poter essere messe in grado di poter migliorare la propria condizione economica."

23/09/2003





        
  



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