Romanovsky, viaggio nella storia del pianoforte
San Benedetto del Tronto | Memorabile concerto domenica 30 novembre, con musiche da Rameau a Debussy
di Giovanni Desideri
Domenica 30 novembre Alexander Romanovsky, pianista appena diciannovenne e già carico di gloria (nel 2001 ha vinto il premio Busoni, uno dei più prestigiosi al mondo) ha aperto la stagione concertistica di San Benedetto: in grande stile, compiendo un vero viaggio nella storia dal pianoforte, per lo più in area francese, da Jean-Philippe Rameau (1683-1764) a Claude Debussy (1862-1918), passando per la "coppia d'assi" Chopin (1810-1849) e Liszt (1811-1886).
Serata memorabile, iniziata con quattro pezzi di Chopin: lo "Scherzo in si bem. min., op. 31", lo "Scherzo in si magg., op. 54", la "Ballata in sol min., op. 23" e la "Ballata in fa maggiore, op. 38". Un'interpretazione personale di grande bellezza e agilità, pagine celebri ma non meno impegnative: la tecnica di questo giovane artista ucraino (ma italiano d'azione, siccome studia da sette anni presso l'Accademia Pianistica Internazionale "Incontri col Maestro" di Imola) si è levata con sicura leggerezza, rivelando un musicista dalla personalità non comune.
Intervallo e ripresa con la "Gavotte et six doubles" dalla "Suite in la min." di Rameau, composizione del 1728, attraverso la quale Romanovsky ha "scomposto" la tecnica pianistica passando per i suoi primordi, prima delle suggestioni debussiane della "Suite bergamasque" (1895, nelle quattro parti: "Prélude", "Menuet", "Claire de lune", "Passepied"). Anche in questo caso un'interpretazione di grande bellezza, nonostante il salto di epoca e di genere.
Infine il celebre "Mephisto-Walzer" di Liszt, sublimazione della serata in virtuosismi pianistici ben noti. Due bis: un Notturno di Chopin e una recente trascrizione della "Badinerie" di Bach (dalla Suite n. 2 in si min.), graziosa sorpresa per il pubblico adulto e per i molti allievi delle varie scuole cittadine presenti (eccellente segno: l'età media decisamente bassa in sala, ma pubblico non meno attento). Tra gli altri, a "spiare" segreti, la gloria locale Andrea Capecci, altro pianista diciannovenne che quest'anno raggiungerà la stessa scuola di perfezionamento di Imola.
Infine: quanto alla sala detta "auditorium", non s'arriva a mettere mano (e orecchio, s'intende) alla sua acustica. Chissà se per mancanza di spiccioli o di volontà. Meno complicato, per il prossimo appuntamento pianistico, procurare uno strapuntino più degno al pianista, che almeno non faccia da contrappunto a pagine di Chopin o Debussy con assordanti cigolii.
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01/12/2003
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