Ulivo: La forza del mito nel paese dei mediani
| La convention dell'Ulivo, alcune settimane dopo il "Forza Italia day".
di Tonino Armata
La convention dell'Ulivo, alcune settimane dopo il "Forza Italia day". E, in contemporanea, i partiti della Cdl, sotto il tetto di Liberal. E' come se, scosso dalle prossime scadenze elettorali, il sistema partitico italiano accelerasse la "transizione", ancora aperta, fra partiti, alleanze e nuovi soggetti politici. E investisse, per andare oltre, sui "simboli". Intorno a cui raccogliersi e dividersi.
Il dibattito intorno alla lista unitaria, è, al proposito, rivelatore. Riguarda il simbolo, più che la formula. Verdi, Di Pietro e Occhetto, il Pdci, gli stessi centristi di Ap-Udeur, contestano (anche nella nostra provincia), infatti, alla lista, che si è presentata agli elettori, il riferimento all'Ulivo. Che appartiene a tutti. Anche a chi, per salvaguardare la propria identità di partito, ha scelto di correre da solo.
L'Ulivo è divenuto un simbolo importante. Capace di generare appartenenza e passione. Come la falce e martello, lo scudocrociato, il garofano, l'edera. A differenza dei quali, però, ha una storia corta. E riferimento meno preciso. Tanto che i partiti che ne rivendicano il marchio, esprimono posizioni molto diverse sui temi sostanziali. La guerra, le pensioni, la bioetica, il mercato del lavoro.
Tuttavia il riferimento all'Ulivo, proprio per questo, ha assunto un significato importante. Indiscutibile per chi ne fa parte. Perché ha unificato soggetti che, su altre parole o su altre questioni, si sono divisi. Perché, a maggior ragione, è associato alla vittoria elettorale sul Cavaliere del 1966. Per questo la denominazione assunta dalla lista unitaria (Uniti nell'Ulivo), potrebbe essere riscritta, simmetricamente: "L'Ulivo per restare uniti". Perché, il simbolo riesce da solo a promuovere una convergenza che sui temi concreti è molto più difficile trovare.
Proprio quest'aspetto, che a centrodestra è stato polemicamente denunciato come un limite dell'operazione (parlando di lista Arlecchino), conferma, in effetti, la forza dell'Ulivo come simbolo. Ai simboli, infatti, non si chiede di spiegare, argomentare, punto per punto. Ma di generare appartenenza, riconoscimento. O al contrario, ripulsa, avversione. Senza regione per questo è conteso e rivendicato. Anche da chi non intende "aggregarsi". Perché, i marchi originari, le parole-chiave di partito (falce e martello, giustizia, sole-che-ride, scudocrociato) da sole non bastano.
I simboli. Servono. Anche in tempi di "politica come marketing". Perché la logica del Marketing non riesce a generare fedeltà di voto. Da ciò la difficoltà, anche per coloro i quali rifiutano l'ipotesi dell'Ulivo partito, di rinunciare all'Ulivo simbolo. Non per confermare l'alleanza. Per restare attaccati a un'identità, associata al "mito dell'Ulivo. Un "mito" del quale, ormai, fa parte integrante la figura di Prodi. Il "creatore" dell'Ulivo. Il quale ha chiuso la convention, da leader. Anche se, alle elezioni europee, direttamente non ci sarà. Parteciperà senza essere candidato. Resterà dietro al simbolo, senza essere nominato.
Insomma: un "mito". Prodi e l'Ulivo. Elementi inscindibili di una narrazione, che alimenta le attese degli elettori di centrosinistra. Evoca la leggenda del leader vincitore, che ha sconfitto Berlosconi, nel 1966, per venire, in seguito, esiliato a Bruxelles, a causa dei conflitti interni al centro-sinistra (D'Alema - Marini - Bertinotti). Racconta l'immagine di Prodi, l'importanza dell'Europa e dell'euro, nel cui nome la società italiana ha sopportato grandi sacrifici. Insieme
L'Europa, l'unità del centrosinistra, la voglia di riscatto e di vittoria, cui si aggiunge lo spirito di pace (richiamato da Prodi, nel concludere la convention).
Riferimenti importanti a definire l'identità del "popolo di centrosinistra". Fattore di unità e di distinzione. Berlusconi, d'altronde non perde occasione per tracciare confini netti nei confronti della "sinistra". Prodi, da parte sua, è l'unico ad averlo battuto, nel centrosinistra, fino ad oggi. Peraltro, l'idea che il "mito" dell'Ulivo, in qualche punto, riproduca, per imitazione e contrasto, l'antimito- Berlusconi, emerge con chiarezza alla convention dell'Ulivo.
Per molti versi, un controcanto al rito celebrato in occasione del decennale di Forza Italia. Al Palalottomatica gli interventi dei leader si sono alternati a intermezzi che intendevano imporre, agli occhi di tutti, il principio di realtà. Gli operai di Terni, le famiglie, gli anziani, il fratello del militare caduto a Nassiriya. L'Italia media opposta all'Italia dei media. L'Italia reale contrapposta a quella mediale. L'homo vivens opposto all'homo videns. E il rock di Ligabue ad accompagnare l'ingresso di Prodi. Un inno alla "vita da mediano". Quello che corre e fatica. L'Italiano medio. Appunto. Lontano dal protagonista del melodioso inno dei forzalioti.
P.S.
Personalmente se fossi parlamentare, voterei "no" alla prosecuzione della presenza italiana in Iraq. Ma da cittadino, alle Europee, voterò come ho già descritto sopra per il listone prodiano, non certo per i listini che si chiamano virtuosamente fuori. E' una contraddizione, essere d'accordo con Bertinotti e Occhetto sull'Iraq e però votare per l'Ulivo? Forse sì, una delle mille contraddizioni dell'espressione politica, che è un continuo farsi e disfarsi d'opinioni, alleanze.
Ma proprio per questo (proprio perché ho imparato che la politica è parzialità e ricerca del compromesso) mal sopporto gli anatemi con i quali due parti dell'opposizione si fronteggiano. E' mai possibile che le complicazioni e i dubbi che gran parte degli elettori di sinistra è capace di portare a sintesi, o quantomeno di sopportare senza crisi isteriche, divengano tra i leader un'incessante ragione di spaccatura e di spregio reciproco? Una volta era la politica (il Partito) a insegnare la pazienza agli elettori impazienti. Oggi sono gli elettori di sinistra che invitano alla calma e al giudizio i loro rappresentanti sempre sull'orlo d'una crisi di nervi.
|
13/03/2004
Altri articoli di...
Le strade musicali dell'Ebraismo nel compendio cinematografico di David Krakauer
Quando il giornalismo diventa ClickBaiting
Kevin Gjergji