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La "PACE" nel pensiero del Papa Giovanni XXIII nel 40° Anniversario dell'Enciclica"Pacem in terris"

| Una conferenza si è tenuta il 1° Aprile presso la sala Smeraldo del Calabresi. Relatore: S.E.Mons.Tommaso Valentinetti, Presidente di Pax Christi Italia.

di Pietro Pompei

Riflettere sul tema della pace, a quarant'anni dalla pubblicazione della Pacem in terris, significa innanzitutto rivivere il clima in cui fu scritta l'ultima enciclica di papa Giovanni XXIII e riscoprire il nesso che lega il testo alla figura di Angelo Roncalli e alla sua visione del mondo e della Chiesa. Se può essere difficile il raffronto tra due epoche ormai distanti nel tempo, non si possono tuttavia non cogliere alcune analogie tra il 1963 ( 11 Aprile, in cui l'enciclica fu scritta) e i drammatici tempi che stiamo vivendo, in cui nuovamente un Papa ultraottantenne si fa profeta disarmato e chiede riconciliazione al mondo in guerra.

Le encicliche non sono pronunciamenti teorici e intellettualistici. Hanno una concreta storia alle spalle, avranno una concreta storia dopo di esse. Nascono incarnate, e abbisognano di continuare ad esserlo, proprio perché non si riducono al momento storico che le ha viste nascere in quanto esprimono anche una dimensione trascendente e profetica. Questo è vero anche per la Pacem in terris , sicchè essa datata 11 aprile 1963, può parlare anche oggi, anzi, non è escluso che molte sue affermazioni appaiono più "significative" oggi che non ieri..

Una prospettiva della Pacem in terris che risulta senz'altro più significativa oggi che ieri è quella dell'unità della famiglia umana, del bene comune universale, dell'autorità mondiale. Certi passi  dell'enciclica che parlano di globalità assumono oggi un significato più pregnante, acquistano una nuova capacità di illuminare la storia contemporanea e i suoi problemi, si staccano dal contesto di allora, che li ha visti nascere e a cui rimangono tuttavia legati  intimamente, per parlare anche all'oggi. I temi della pace e del terrorismo, quello del rinnovamento delle relazioni universali e della riforma degli organismi internazionali, l'argomento di una nuova confidenza tra le nazioni e una maggiore trasparenza nelle relazioni internazionali, il tema dei diritti umani, anche di nuova generazione, emergono con forza nell'attuale contesto globalizzato e trovano nelle parole della Pacem in terris un messaggio oggi forse più significativo di allora.

 Tra le prospettive valide allora, ma ancor più oggi ,sono la cittadinanza mondiale, il capitale sociale mondiale, l'autorità politica mondiale. L'appartenenza della singola persona alla famiglia umana le conferisce una specie di cittadinanza mondiale, la rende titolare di diritti e di doveri. Basta che una persona apra gli occhi su questa terra perché meriti attenzioni e cure, e qualcuno abbia il dovere di provvedervi.

E' un messaggio dirompente della Pacem in terris e si articola in molte indicazioni e sottolineature ( la priorità del lavoro sul capitale; le appartenenze etniche non devono divenire dei compartimenti stagno; non esistono uomini superiori agli altri; tutti devono dare il loro contributo per il bene comune e così via) . Pur non parlando esplicitamente di "capitale sociale", l'enciclica giovannea, nell'insistere su relazioni internazionali improntate a verità e giustizia e su una solidarietà tendente al bene comune universale, pone certamente il problema di un capitale sociale globale. Per capitale sociale si intende la fiducia reciproca, la capacità di collaborare in vista di fini comuni, la solidarietà, la condivisione di valori che evitano i contenziosi, il riconoscimento reciproco e quindi la formazione di una identità collettiva, la reciprocità nei rapporti.

Questa enciclica è stata accettata da tutti perché il suo insegnamento corispondeva in modo trasparente allo stile di vita di Giovanni XXIII, al modo con il quale aveva servito la Chiesa e l'umanità da sacerdote, da vescovo, da papa. Guardando a lui tutti potevano comprendere il significato, la possibilità e la bellezza della "convivenza nella verità, nella giustizia, nell'amore, nella libertà",rapporti da vivere " tra i singoli esseri umani, fra i cittadini e le rispettive comunità politiche; fra individui, famiglie, corpi intermedi e comunità politiche  da una parte e dall'altra la comunità mondiale".

E' stata accolta perché concreta:propone percorsi precisi e possibili in tutti i contesti, tutti si sentono interpretati nelle loro paure e speranze, e ad ogni persona è riconosciuta la possibilità di dare il proprio contributo per l'edificazione mai finita della Pace.   

02/04/2004





        
  



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